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Nowhere Boy – Recensione

L’adolescenza travagliata del mito John Lennon in una pellicola piena di sentimento e di colore

Regia: Sam Taylor Wood – Cast: Aaron Johnson, Kristin Scott Thomas, David Threlfall, Anne-Marie Duff, Ophelia Lovibond, Thomas Sangster, David Morrissey, Sam Bell, Jack McElhone, Ellie Jeffreys, Les Loveday, Simon Lowe, Calum O’Toole, Josh Bolt, James Johnson, Daniel Ross, Daniel Solazzo – Genere: Biografico, colore, 93 minuti – Produzione: Gran Bretagna, 2009 – Distribuzione: 01 Distribution – Data di uscita: 3 dicembre 2010.

nowhere-boy“Sono sempre stato uno strano, nessuno mi trovava amabile, ero sempre e solo Lennon”.

Entriamo nella vita di un John Lennon quindicenne. È un ragazzo ribelle, come lo sono tutti i giovani della sua età, con i capelli scompigliati e una repulsione innata per gli occhiali da vista. La musica fa parte della sua vita, ma non coincide ancora con essa. Abita con la zia Mimi e lo zio George, che muore nelle prime scene. Al suo funerale farà un incontro che gli cambierà la vita. È presente infatti sua madre, Julia, che lo aveva abbandonato quando aveva appena cinque anni e che vive, con la sua nuova famiglia, a pochi isolati da lui. Qui inizia il film e anche uno splendido gioco di contrasti, che dominerà l’intera pellicola.

A partire dal carattere delle due sorelle, la maggiore Mimi Smith (Kristin Scott Thomas) e la minore Julia (Anne-Marie Duff), l’una austera, l’altra frizzante. Due donne simbolo della svolta epocale, che, nel giro di una generazione, segnò un cambiamento culturale di non poco conto: le vibrazioni del Rock‘n ‘Roll iniziarono a far scatenare l’intero mondo. Rivediamo lo stesso contrasto anche in numerosi altri dettagli, primo su tutti l’abbigliamento.

Mimi castigata con indumenti formali, specchio della donna che vuole essere, priva di emozioni, eppure piena d’amore e di sentimenti puri nei confronti del nipote che ha cresciuto come un figlio e Julia, una macchia rossa e vivace che danza sullo schermo senza mai fermarsi, che nasconde qualcosa dentro al cappotto vermiglio, una fragilità e un’emotività che in passato l’hanno fatta perdere nell’oscuro labirinto della depressione.

Evidente è anche il cambiamento della moda tra i protagonisti più giovani, che in massa passano dai gilet di lana ai giubbotti in pelle, da pettinature incolte a ciuffi impomatati. E ancora domina il contrasto tra i caldi interni delle case e il freddo mare inglese, tra le caratteristiche porte variopinte di Liverpool e i suoi palazzi grigi, tra la musica classica e i riff di chitarra. Fotografia, costumi e montaggio ballano all’unisono come Mimi, Julia e John, creando dinamiche perfette e reali. E finalmente, insieme allo spettatore, l’eclettico John non resiste e si innamora del Rock ‘n ‘Roll. Vuole essere come Elvis e creerà una band, grazie alla quale conoscerà il suo più grande amico e collega: Paul McCartney.

Nonostante il lutto del finale, la consapevolezza di ciò che diventò John Lennon, toglie ogni tipo di retrogusto amaro alla pellicola, lasciando solo la voglia di rispolverare i vecchi vinili nascosti in cantina, di celebrare i 70 anni di questo genio della musica e, tenendo in mano la copertina, sussurrando le parole della zia Mimi: “Non dimenticare gli occhiali, John!”.

Valeria Bartolini

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