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Felice chi è diverso – Recensione

Attraverso una breve storia incentrata sull’omosessualità, il regista Gianni Amelio sottolinea il valore creativo della diversità

Regia: Gianni Amelio – Genere: Documentario, colore, 93 minuti – Produzione: Italia, 2014 – Distribuzione: Cinecittà Luce – Data di uscita: 6 marzo 2014.

felice-chi-e-diverso“Felice chi è diverso” di Gianni Amelio, che prende il titolo dalla omonima poesia di Sandro Penna, ne abbraccia anche lo spirito. Il regista, infatti, con questo film documentario composto da circa una ventina di interviste a omosessuali, sembra aver voluto mostrare – e in ciò trova la sua originalità – oltre alla diversità ben nota e spesso reiterata del mondo omosessuale nel suo complesso, anche e soprattutto la molteplicità di persone e di storie che lo abitano. Ciò, oltre a contribuire alla dissoluzione di un’immagine antica che dipinge l’omosessualità come una realtà monolitica, fa anche di questo lavoro una celebrazione della diversità in generale come valore creativo foriero di libertà.

Amelio mostra come sia cambiata la condizione degli omossessuali in Italia dagli inizi del Novecento fino agli anni Ottanta, attraverso le testimonianze di coloro che, dal Nord al Sud del paese, hanno dovuto combattere per tutta la vita contro i pregiudizi e la derisione delle altre persone, con grande forza di volontà e coraggio.

Attraverso le interviste Amelio ripercorre tutta la storia del mondo omosessuale nel Novecento italiano, a partire dalla pesante censura nel ventennio fascista fino all’avvento della parola “gay”, che dovrebbe essere simbolo di moderna accettazione e tolleranza, ma forse esprime ancora discrimine. Tra questi due estremi gli intervistati parlano di lunghi periodi di emarginazione, scherno e battaglie per affermare il proprio diritto a essere diversi, sia come omosessuali che come individui.

Emergono chiaramente le differenze tra le varie esperienze di questi uomini che, in conclusione, forse, l’unica cosa che hanno veramente in comune tra loro è il modo, a volte spersonalizzante, con il quale il mondo dei “normali” li ha guardati.

Claudio Di Paola

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