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C’è chi dice no – Recensione

Giambattista Avellino, che ha firmato i film del duo comico Ficarra & Picone, torna sullo schermo con una commedia divertente dal retrogusto amaro, scritta da Fabio Bonifacci, sceneggiatore prolifico, al quale dobbiamo lo script di “Notturno bus”

Regia: Giambattista Avellino – Cast: Luca Argentero, Myriam Catania, Marco Bocci, Paola Cortellesi, Paolo Ruffini, Giorgio Albertazzi, Claudio Bigagli, Roberto Citran, Max Mazzotta, Edoardo Gabbriellini – Genere: commedia, colore, 95 minuti – Produzione: Italia, 2010 – Distribuzione: Universal Pictures – Data di uscita: 8 aprile 2011.

ce-chi-dice-noLa pellicola di Avellino vuole, con ironia, puntare il dito contro la ‘raccomandazione’, malcostume atavico del bel paese, a causa del quale il merito si dissolve, a favore del nepotismo e dei legami clientelari.

Irma, Samuele e Max, interpretati rispettivamente da Paola Cortellesi, Paolo Ruffini e Luca Argentero, sono tre vecchi compagni di scuola che si ritrovano dopo anni a una cena di classe, dove, con amarezza, si rendono conto che gli unici ad essersi realizzati sono i cosiddetti ‘figli di papà’, che hanno rilevato le attività di famiglia, pur non avendone le capacità e la preparazione, o, grazie all’intervento genitoriale hanno soffiato il lavoro a qualcuno più meritevole. Il simpatico trio invece, di origini più modeste, vede i sacrifici delle famiglie e i loro talenti, mortificati dal raccomandato, anzi ‘segnalato’ di turno (perché suona meno volgare), che non solo gli ruba il lavoro, ma anche la vita, come recita una delle prime battute del film.

Affermazione più che vera, perché vedersi sfilare sotto il naso il lavoro per il quale si è lottato, alla lunga sfinisce, portando a quella rassegnazione che ti priva dei sogni. Così, in uno Stato come il nostro, che non tutela il merito, le nuove generazioni perdono lo stimolo alla conoscenza, sapendo che ciò che conta, alla fine, è trovare un posto di lavoro retribuito, pazienza se vuoi fare il notaio e ne hai le capacità, se essere bravi non basta meglio accontentarsi. In questo modo una nazione diventa sterile, ripiegandosi su se stessa e alimentando il malcontento sociale.

I nostri tre amici ritrovati, non potendo contare sull’equità sociale e sulle istituzioni, decidono di farsi giustizia da soli, appagando il desiderio di rivalsa e di vendetta che li pervade. Non potendo e non volendo fare niente di troppo illegale, decidono di dare il tormento ai loro personali usurpatori di lavoro, sottraendogli, se non altro, la serenità. Nascono da ciò un susseguirsi di situazioni divertenti che scorrono veloci sullo schermo.

Il cast è ben assortito, la Cortellesi dimostra ancora una volta di essere una brava interprete, Argentero, e il suo sorriso spiazzante, non sono da meno, e finalmente Ruffini recita in un ruolo vero, non quello del buffone di turno al quale ci ha abituato, mostrando capacità recitative non da poco. Magistrale, come sempre, Giorgio Albertazzi.

Avellino ha il merito di aver saputo trattare un tema delicato, e purtroppo quanto mai attuale, seguendo il registro della commedia, che non svilisce il tema, ma lo alleggerisce dell’ovvia carica drammatica. La pellicola, sicuramente ben riuscita, è la dimostrazione che si può indagare su tematiche sociali anche col sorriso, purché non fine a se stesso ma funzionale alla riflessione. Magari si ride a denti stretti, ma ben venga, se permette al cervello di funzionare.

Maria Grazia Bosu

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