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Sorelle Mai – Recensione

In “Sorelle Mai” di Bellocchio la realtà diventa finzione, invece che il contrario. La rabbia e il pessimismo sfociano in un prodotto dolce e ironico

Regia: Marco Bellocchio – Cast: Pier Giorgio Bellocchio, Elena Bellocchio, Donatella Finocchiaro, Letizia Bellocchio, Maria Luisa Bellocchio, Gianni Schicchi Gabrieli, Alba Rohrwacher, Valentina Bardi, Silvia Ferretti, Irene Baratta, Alberto Bellocchio, Anna Bianchi – Genere: Drammatico, colore, 110 minuti – Produzione: Italia, 2010 – Distribuzione: Teodora Film – Data di uscita: 16 marzo 2011.

sorelle-maiSara e Giorgio, nati e cresciuti a Bobbio, in provincia di Piacenza, sono due fratelli, anime delicate e costantemente in fuga dal paese d’origine. Sara vive a Milano, dove tenta da anni di coronare il sogno di diventare attrice, ha una figlia, Elena, che vive a Bobbio con le due zie Letizia e Maria Luisa. Anche Giorgio è andato via dalla cittadina natale in cerca di un futuro diverso, che non lo ancori ad un destino predeterminato e banale. Gli anni passano, Elena cresce, Sara ha un’importante occasione di lavoro e Giorgio torna in paese per sfuggire i debitori. Con il tempo, i rapporti tra i due protagonisti miglioreranno e alla fine la famiglia al completo assisterà ad un’insolita rappresentazione sulle sponde del Trebbia…

Il film di Bellocchio nasce dall’esperienza alla direzione dei corsi Fare Cinema tenuti a Bobbio, città in cui il regista è nato e dove nel 1965 gira l’opera d’esordio “I pugni in tasca”. La pellicola è suddivisa in sei episodi, cronologicamente datati tra il 1999 ed il 2008, che seguono indirettamente le fasi della crescita di Elena, tra l’altro figlia del regista, come Giorgio. “Sorelle Mai” rappresenta una testimonianza quasi autobiografica, il delicato rapporto con Bobbio che tormenta Sara e Giorgio, le limpide acque del Trebbia che fanno da sfondo ai momenti più forti della storia, gli anni della ribellione e l’incertezza rispetto al futuro.

Il regista porta un po’ di sé in questo lavoro: le citazioni sono molteplici e interessanti, gli scorci sul passato si aprono prepotenti mostrando fotogrammi degli esordi da “I pugni in tasca”, la coesione tra gli elementi è resa mistica dalla scelta di trasportare la realtà nella finzione, la famiglia Bellocchio traspone sé stessa sul set, ad esclusione delle bravissime Donatella Finocchiaro ed Alba Rohrwacher.

Stavolta tocca alla realtà diventar finzione, e non il contrario, ma il risultato è dolce e ironico, rabbia e pessimismo sfociano a tratti dalle letture di Cechov da parte di Giorgio. Fuga e partenza si mescolano inesorabilmente nei ritorni dei fratelli scanditi dalla presenza costante e rassicurante di Letizia e Maria Luisa Bellocchio. Questo film è dedicato alle due zie del regista, come dice egli stesso: “Mai (“Sorelle Mai”) è un cognome di fantasia, ma anche allude a quella trappola che per le due sorelle è stata la famiglia. Senza aver avuto la possibilità di una vita autonoma (nel senso che sono sempre state scoraggiate ad averla), sono rimaste sempre in casa come certe signorine dell’Ottocento, in un mondo gozzaniano o pascoliano, o cecoviano. Io, che sono più giovane, non ho responsabilità oggettive di questa loro “prigionia”, ma sento ugualmente una certa tristezza per la loro vita di confortevoli rinunce. E tanto affetto. Sorelle Mai è dedicato a loro.”

Bobbio è lo sfondo del film e della realtà della famiglia che si racconta attraverso i virtuosismi di Bellocchio. L’ambiente si trasforma e si modella attorno ai personaggi, o forse sono loro che modellano se stessi nell’evoluzione dell’amata/odiata città. Il presente e il passato si mescolano, l’odio cede il posto al rammarico e la vita di Elena che fiorisce testimonia la fine dei sogni di gioventù di Giorgio e Sara. Gianni Schicchi caro amico del regista, qui fedele amico e consigliere delle due donne che fanno da pilastro al tutto, chiude il lungo sguardo sul passato di Bellocchio e, se tutto comincia dalle sponde del Trebbia, allora non vi sarebbe altro modo di finire se non in prossimità delle stesse acque. Sulle note di Modugno, Schicchi si veste di un frac, attraverso il suo volto il riconciliatore addio con la terra natia, nell’inaspettato finale dai risvolti onirici.

Nadia Fontanella

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