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Recensione “El Conde”: la satira a tinte dark di Pablo Larraín

In concorso all’80ª Mostra del Cinema di Venezia, il nuovo film di Pablo Larraín, “El Conde” è una satira horror carica di metafore storiche, politiche e culturali.

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“El Conde” – Tutte le informazioni

El Conde - locandina

Trama

Augusto Pinochet, noto e sanguinario dittatore del Cile dal 1973 al 1990, è, in “El Conde”, un vampiro, altrettanto violento e feroce, da anni nascosto tra le rovine di una villa dove passa le proprie giornate. Prigioniero del ricordo di una malvagità che non fa più parte di lui come prima, è però proprio la violenza ciò che ancora oggi è capace di farlo sentire vivo. Ma ormai è deciso a cambiare vita ed è convinto che per farlo debba rinunciare all’esistenza eterna che lo contraddistingue, che gli ha permesso per anni di costruire un’immagine di sé che ormai gli sta stretta e non sopporta più. Ma si impone anche un’altra condizione: smettere di bere sangue e uccidere. Pinochet ha bisogno di una svolta, di ritrovare quello stimolo che prima era fatto solo di brutali omicidi e che forse, persino per lui, può assumere altre forme.

Crediti

  • Regia: Pablo Larraín
  • Cast: Jaime Vadell, Gloria Münchmeyer, Alfredo Castro, Paula Luchsinger,
  • Genere: commedia horror
  • Durata: 110 min
  • Produzione: Cile, 2023
  • Distribuzione: Netflix
  • Data d’uscita: 15 settembre 2023

La recensione

L’universo fantastico di “El Conde”

El conde

Surreale ed estremamente dark “El Conde” presenta un mondo parallelo, assurdo, terribilmente crudo e violento, ma con una profonda aderenza alla realtà. Fortemente simbolico e ricco di metafore storiche, politiche, socio-culturali e in parte anche personali, il nuovo film di Pablo Larraín è un progetto ambizioso e originale, ma non del tutto riuscito. Non completamente avvincente, sono le sequenze, le scene e le panoramiche a renderlo capace di catturare lo spettatore, trasportato in un altro mondo. Un luogo povero e vacuo come sono diventate le giornate che il protagonista si sente costretto a trascorrere. Il senso d’inadeguatezza che attanaglia, la nostalgia dell’entusiasmo giovanile, l’inesorabile scorrere del tempo mentre il corpo, la mente e l’anima diventano più stanche, esaurendosi: questi sono tutti temi presenti in “El Conde”. Ma ognuno è legato a quegli eventi storici e politici avvenuti in un Paese che ancora oggi porta le ferite di quel passato. Ecco che “El Conde ha più chiavi di lettura, è un prodotto estremamente stratificato e complesso e che a volte esagera nel suo essere ipotattico.

Pinochet ha segnato profondamente il Cile, sia coloro che hanno vissuto sotto quel regime dittatoriale che tutti gli altri nati a seguito di quel periodo e che ne hanno sentito parlare migliaia di volte. Una crudeltà indicibile, un numero di vittime che supera le 3000 persone e una scomparsa che lo ha in parte salvato da quella giustizia, quella rabbia e quell’odio che avrebbe dovuto affrontare e sopportare. Forse solo un vampiro, un essere demoniaco che non muore mai, che deve uccidere per sopravvivere, poteva rappresentare la figura di Pinochet. Mostrato nella sua forma più pura, senza considerare le varie categorie che negli anni hanno dato altre definizioni alla parola “vampiro”, il protagonista di “El Conde” vive una crisi di mezz’età, non anagrafica, e non del tutto compresa da chi gli sta intorno. Una satira horror che calca la mano su lunghe scene dove il sangue diventa l’unico vero principio del racconto.

Violenza genetica

Figli opportunisti e una moglie che vorrebbe condividere con il marito solo la possibilità di una vita eterna, ma senza la certezza che sia per trascorrerla insieme a lui. Ciò che salta all’occhio in “El Conde” è l’assenza di sentimenti reali e genuini che abitano l’animo dei personaggi, mossi solo dall’invidia, dall’avidità e dalla brama irrefrenabile di denaro, unico vero simbolo di potere. Così come ha trasmesso loro il padre, i 4 figli non possono che assomigliarsi nella convinzione che solo la violenza, quella più brutale e cruda, sia una possibile soluzione a qualsiasi tipo di problema. Nel suo essere onirico e visionario, una farsa politica capace anche di sfociare nel familiare e nel sociale, “El Conde” rappresenta emozioni reali, e le problematiche, anche se colorate di elementi che le rendono ai limiti del paradosso, sono definibili universali.

“El Conde”: Giudizio e valutazione

Ineccepibile la mano del regista, con immagini fisse, totali e campi lunghi che lasciano senza fiato e che fanno delle ambientazioni il motore del film; un’ulteriore metafora dell’interiorità dei personaggi è la fotografia, uno straordinario e oscuro bianco e nero. In particolare l’anima del protagonista è tetra, buia e desolata come la villa in cui vive, silenziosa e spoglia come i luoghi dove si reca, a caccia di nuove vittime. In un contesto fatto di Storia e di politica, “El Conde” riesce a parlare di amore, quello più passionale e incontrollato che può vincere su tutto, anche su una vita votata alla violenza e all’assenza di sentimento. Un vuoto che viene colmato da un affetto e da un legame. Un legame sempre minato da l’efferatezza e la brutalità, caratteristiche proprie di un uomo che tenta di cambiare, ma che non conosce e, forse, non vuole affatto conoscere nient’altro.

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