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Sherlock Holmes – Gioco di Ombre – Recensione

Torna sul grande schermo il personaggio nato dal genio letterario di Sir. Arthur Conan Doyle, Sherlock Holmes, nei panni dell’eccentrico e quanto mai idoneo alla parte, Robert Downey Jr.

(Sherlock Holmes: A Game of Shadows) Regia: Guy Ritchie – Cast: Robert Downey Jr., Jude Law, Noomi Rapace, Stephen Fry, Jared Harris, Kelly Reilly, Geraldine James, William Houston, Gilles Lellouche, Eddie Marsan – Genere: Azione – Produzione: USA 2011 – Distribuzione: Warner Bros Italia – Data di uscita: 16 dicembre 2011.

sherlockholmeslocitdef“Io e il professore giochiamo al gioco delle ombre da anni”. È così che uno Sherlock un po’ intossicato dalla sua dieta a base di fumo, alcool e foglie di coca, rivela al suo fido Watson l’identità della sua preda: il professor James Moriarti, celebre nemico dell’investigatore privato più famoso del Regno Unito.

Il gioco di ombre è un sottile sfidarsi all’ultima mossa, fin quando uno dei due pretendenti non giungerà a quella finale, dichiarando scacco matto all’avversario.

In un’atmosfera che rievoca l’epoca prebellica si snodano le articolate vicende che porteranno Sherlock e la sua cricca a sventare i diabolici piani del professor Moriarti, preservando, anche se per poco più di due decadi, la pace fra le nazioni Europee.

Esplosioni, colpi di scena e “verità nascoste” (ovvero indizi disseminati con cura nelle inquadrature che garantiscono allo spettatore dall’acuto spirito d’osservazione di giungere alla soluzione del mistero prima della fine del film) sono il mix utilizzato dal regista Guy Ritchie.

Il director indipendente non abbandona gli schemi che hanno portato al successo del primo capitolo, vale a dire le sequenze anticipate nelle scene di lotta e il dinamismo visuale dei effetti digitali, sempre efficaci ed esplosivi.

“Sherlock Holmes – Gioco di Ombre”è nuovo capitolo dalle tinte più cupe, fitte come la nebbia che avvolge Londra, che analizza lo spirito di conflitto insito nell’uomo e approfondisce la forte relazione d’amicizia fra il Dottor Watson e Sherlock, anche alla luce del matrimonio del dottore.Introduce inoltre nuovi personaggi solo accennati nel primo, come il perfido Moriarti e il fratello di Holmes, e accentua la rilevanza di personaggi secondari come Mary Watson.

L’unica pecca di una sceneggiatura fluida, che strizza l’occhio alle battute preconfezionate alla Jack Sparrow in “Pirati dei Caraibi”, è lo snodo che collega la prima parte con la seconda. Dieci minuti che se fossero stati alleggeriti sarebbero stati più funzionali e che avrebbero portato la durata del film alla cifra tonda delle due ore.

Eva Carducci

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