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Seta – Recensione

Dalla carta allo schermo: un romanzo delicato e intrigante di Alessandro Baricco approda al cinema potendo contare su un buon cast, ma non riuscendo a delineare fino in fondo il profondo sentimento protagonista del libro

(Silk) Regia: Francois Girard – Cast: Michael Pitt, Keira Knightley, Alfred Molina, Kôji Yakusho, Sei Ashina, Miki Nakatani, Jun Kunimura, Mark Rendall, Kenneth Welsh – Genere: Drammatico, colore, 110 minuti – Produzione Canada, Francia, Italia, Gran Bretagna, Giappone, 2007 – Distribuzione: Medusa – Data uscita: 26 ottobre 2007.

 seta“Seta” è tratto dall’omonimo romanzo di Alessandro Baricco. Si è attesto a lungo questo evento, soprattutto dopo gli idillici momenti che aveva fatto trascorrere la lettura di quella storia. Fronçois Girard, il regista canadese, letto il libro, ne è stato travolto ed ha subito compreso le potenzialità cinematografiche: il lungo viaggio, in cui le riflessioni dei personaggi diventano campi lunghi e silenti, la storia d’amore, che colora le fredde ambientazioni che sembrano ergersi come caratteristica del film e, in assoluto, il vorticare dei sentimenti che vanno di pari passo al viaggiare del protagonista.

Il cast del film è avvincente. Due dei più belli e quotati attori del momento interpretano Hervé Joncour (Michael Pitt) e la moglie Hélène Fouquet (Keira Knightley) e un ottimo co-protagonista interpretato da Alfred Molina (Baldabiou, il mercante di seta). Ci sono voluti 10 anni, ma alla fine il film è uscito, sorretto dal capolavoro musicale di Ryuichi Sakamoto.

Il viaggio del protagonista Hervé parte a metà dell’Ottocento dalla Francia. Dopo aver sposato la dolce Hélène, Hervé viene mandato dapprima in Africa, poi fallita la missione, in Giappone in cerca di bachi da seta per riavviare il lavoro nella fabbrica della sua città. Inizia così il suo primo lungo cammino verso Oriente, attraverso la Francia, le steppe dell’Ucraina, la Siberia. Passando di carrozza in carrozza, cavalcando, navigando, giunge a destinazione e incontra il capo di uno sperduto villaggio in grado di vendergli le uova dei bachi. In quel luogo vede una donna bellissima che diventerà la sua ossessione. I due giovani non si rivolgeranno mai la parola, lui tornerà a casa con la sua merce, lei non si sa: misteriosa e affascinante occuperà per sempre la sua mente e travolgerà con estrema delicatezza il matrimonio con Hélène.

Un lago caldo, immerso nella neve più bianca, fumante e rarefatto, segna l’inizio e il termine della pellicola. La scelta della neve, costante fissa in quasi tutta la durata del film, sembra rendere morbida e inconsistente la trama, producendo un effetto simile a quello della seta. Lo spettatore vive a pieno le lunghe inquadrature paesaggistiche, ascolta il silenzio della natura ed è incoraggiato nella riflessione quando ritrae Hervè, uomo riservato e pensieroso.

Forse Michael Pitt delinea troppo spesso il carattere lascivo del personaggio. In alcuni casi sembrerebbe essere travolto dalla trama ma in generale la sua presenza, i suoi gesti accomodanti e lenti abbracciano la psicologia di questo viaggiatore tormentato nell’animo. Keira Knightley incarna appieno il personaggio d’epoca, forte dell’esperienza accumulata con i suoi due film precedenti (“Orgoglio e Pregiudizio” ed “Espiazione”), sottolineando, come tratto peculiare del carattere di Hélène, il sentimento di fedeltà e devozione verso il marito, capace di rendere ancor più ardua e complessa la vita psicologica di Hervè.

Nel libro si percepisce il sentore della levatura caratteriale che ha il personaggio di Baldabiou e nel film, grazie ad una grande interpretazione di Alfred Molina si ritrasmette lo stesso sentore, benché non abbia mai ruoli di primo piano. In generale in film da una parte è risultato un’approfondita trasposizione del romanzo, da notare le frasi e i toni identici del libro, dall’altra, lascia una sorta di amaro in bocca per non aver reso a pieno le emozioni suscitate dai personaggi.

Jacopo Lubich

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