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Qualcosa di speciale – Recensione

C’è “Qualcosa di speciale” tra Jennifer Aniston e Aaron Eckhart, ma forse il titolo del film è solo una promessa

(Love Happens) Regia: Brandon Camp – Cast: Aaron Eckhart, Jennifer Aniston, Dan Fogler, John Carroll Lynch, Martin Sheen, Judy Greer, Frances Conroy, Joe Anderson, Sasha Alexander, Clyde Kusatsu, Anne Marie DeLuise, Tyler McClendon, Panou, Michael Kopsa, Michelle Harrison – Genere: Drammatico, colore, 109 minuti – Produzione: USA, Canada, 2009 – Distribuzione: 01 Distribution – Data di uscita: 20 agosto 2010.

qualcosa-di-speciale“Qualcosa di speciale” rimane soltanto una promessa del titolo, in un film all’insegna della prevedibilità e superficialità fino al punto di scivolare nel banale. Burke Ryan (Aaron Eckhart) è uno di quei “guru” tanto in voga negli USA, un “life-trainer” dispensatore d’ottimismo e di fiducia in sé, autore d’un manuale, divenuto best-seller, che insegna gli “steps” da percorrere per chi non riesce a ricostruirsi una vita dopo la scomparsa d’una persona cara. Ha un sorriso smagliante ed un “ok” sempre pronto per infondere positività, ma quell’immagine “da copertina” che mostra al pubblico dei suoi convegni è necessaria prima di tutto a se stesso per auto-convincersi d’aver superato il senso di desolazione e di tormento causato dall’improvvisa morte di sua moglie in un incidente d’auto, e per chiudere così il dolore in un angolo buio e polveroso del cuore.

Eloise Chandler (Jennifer Aniston) gestisce un bellissimo negozio di fiori, vive una vita colorata ed eccentrica ma ha un piccolo problema con gli uomini: incontra solo quelli sbagliati; ha così giurato a se stessa di non voler avere più nulla a che fare col mondo maschile. L’imprevisto incontro-scontro dei protagonisti mette entrambi di fronte all’impossibilità di continuare a fuggire le reciproche paure per evitare la sofferenza, facendo loro scoprire che è possibile lasciarsi alle spalle le dolorose esperienze passate e credere di nuovo nella magia dell’amore. Insomma una love-comedy che tenta di affrontare l’impegnativo tema del lutto e della via da percorrere per accettare, elaborare e superare il dolore della perdita; un “piatto misto” che sicuramente farà storcere il naso ai non amanti del genere romantico-sentimentale. Tuttavia in questo caso anche chi è in cerca di leggeri sorrisi tra baci e sospiri è destinato a rimanere deluso.

La storia dell’innamoramento tra la stravagante Eloise (interpretata da una Jennifer Aniston che non riesce a staccarsi di dosso i panni della Rachel di “Friends”) ed il complicato Burke, che nasconde un doloroso senso di colpa dietro la sua esibita e quasi fastidiosa sicurezza, viene data quasi per scontata, come un “cliché” che è ovvio si sviluppi in ogni commedia sentimentale che si rispetti: e così quest’amore nasce praticamente tra due perfetti sconosciuti, che si sono scambiati appena qualche parola dopo un’imbarazzante cena di primo appuntamento. E la stessa “trascuratezza” si avverte nella caratterizzazione dei personaggi, superficiale e talvolta contraddittoria, oppure non ben sviluppata, tanto che non si crea nello spettatore un senso di empatia, di commozione davanti alle lacrime colme di un antico dolore versate da Burke o di tenerezza di fronte all’atteso bacio che sancisce il nuovo inizio.

Tutto risulta poco credibile, così come assolutamente incomprensibile è il modo in cui il Dott. Burke sia riuscito a conquistare un così nutrito seguito di adepti propinando scontatissime “pillole” di guarigione ed ovvi consigli sulla necessità di trovare in sé la forza per guardare avanti. Uno script che, benché sia il prodotto fortemente “voluto e sentito” della collaborazione tra Brandon Camp e Mike Thompson (insieme sceneggiatori anche di “Dragonfly”, 2002), peccadi poca originalità e di scarsa capacità introspettiva, facendo leva su tante (troppe!) scene studiate apposta per essere carine, buffe, tenere o divertenti, senza tuttavia coinvolgere lo spettatore nell’alchimia dell’amore.

Una “pecca” di base che non è mitigata da un’accattivante interpretazione: Eckhart e Aniston sono attori simpatici, ma non convincono come duo romantico; Martin Sheen porta la sua innata fierezza nel ruolo del suocero di Burke ma sembra trasformarsi quasi “magicamente”, offrendo un paterno abbraccio non appena Burke mostra il disperato bisogno di piangere la morte della moglie; forse la migliore performance è quella di John Carroll Lynch nei panni di un padre alle prese col senso di colpa per la morte del suo bambino: il suo dramma risulta il più toccante in un copione che riserva ben poche vive emozioni. Insomma un film che, pur avendo i numeri giusti per far spuntare la “lacrimuccia” sulle guance dei più sentimentali, manca d’ispirazione, vanificando l’effetto romantico e malinconico ad un tempo della soffusa luce che filtra tra le piovose nubi dei cieli di Seattle.

Francesca Rinaldi

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