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The Informer – Tre secondi per sopravvivere: incontro stampa con Andrea Di Stefano

Rassegna stampa

Andrea Di Stefano, attore, scrittore e regista romano, reduce dal successo del suo primo film “Escobar: Paradise Lost” con Benicio Del Toro, ha presentato oggi alla stampa “The Informer – Tre secondi per sopravvivere“, un thriller tratto dal romanzo “Tre secondi” di Roslund & Hellström.

The Informer – Tre secondi per sopravvivere: un thriller in stile anni ’70

The Informer - Tre secondi per sopravvivere

Andrea Di Stefano, sceneggiatore e regista, con questo film non voleva realizzare un’action moderno, ma voleva avvicinarsi più ad un thriller in stile anni ’70. Perciò, riscrivendo lo script, ha cercato di concentrarsi più sul lato umano della vicenda che non sullo spionaggio, raccontando la storia di un uomo disposto a tutto pur di proteggere la sua famiglia.

Ha tratto ispirazione per “The Informer – Tre secondi per sopravvivere”, dalla vecchia scuola di William Friedkin. Aveva in mente i fotogrammi de “Il braccio violento della legge“, affascinato dalla possibilità di poter ambientare un film nelle strade della Grande Mela.

Tuttavia, si è dovuto scontrare con la difficoltà di ottenere i permessi necessari per girare a New York, unita alla limitazione di un budget non molto generoso. Perciò ha girato per cinque settimane nel Regno Unito, affidandosi al production designer Mark Scruton (art director di “Gravity” e “Ready Player One“) per trasformare Londra in New York, trasferendosi poi negli Stati Uniti per completare gli esterni.

La cura maniacale dei dettagli

Andrea Di Stefano non si è mai accontentato dei “cliché da film”. Ha modificato lo script originale, riscrivendolo.

Si è documentato minuziosamente per essere il più realistico possibile nella rappresentazione di quanto avviene su schermo. Ha usufruito della consulenza di un agente dell’FBI, della DEA e incontrato diversi agenti in borghese del NYPD. Per poter riprodurre fedelmente l’esperienza del protagonista all’interno del carcere fittizio di Bale Hill, ha visitato per tre giorni Sing Sing. Ha potuto così apprendere e inserire dei dettagli che rendono il film più credibile e interessante.

Ad esempio, c’è un passaggio in cui Pete (il personaggio di Joel Kinnaman) deve trovare il modo di farsi rinchiudere in prigione. La sceneggiatura prevedeva che Pete provocasse una rissa con degli agenti di polizia, in una scena elaborata. Andrea Di Stefano ha contattato un consulente nella polizia di New York, chiedendogli cosa avrebbe fatto un vero ex-galeotto che fosse voluto tornare in prigione. Il risultato di quella telefonata è una scena semplice, più originale ed efficace di quanto previsto originariamente dalla sceneggiatura.

Convincere il cast e la produzione

Andrea Di Stefano è alla sua seconda regia internazionale. Il regista, dopo una carriera di tutto rispetto come attore in Italia, si è trasferito a New York per specializzarsi all’Actors Studio. Arthur Penn è stato il suo mentore negli Stati Uniti, mostrandogli il suo approccio al lavoro con gli attori, che Di Stefano ha abbracciato. Ha instaurato un buon rapporto con Benicio Del Toro durante la lavorazione di “Escobar“, creandosi una buona fama tra gli attori americani. Questo gli ha permesso di radunare un cast d’eccezione, che comprende Joel Kinnaman, Common, Ana De Armas e Clive Owen.

La nominata all’oscar Rosamund Pike era già interessata al ruolo dell’agente dell’FBI Erica Wilcox prima ancora dell’ingesso di Andrea Di Stefano nella produzione. L’attrice aveva letto il copione originale ed era rimasta colpita dal personaggio. Di Stefano, prima di ottenere la regia, ha avuto un incontro con lei in cui le ha spiegato qual’era la sua idea di messa in scena e quali parti aveva intenzione di modificare rispetto allo script originale, convincendola definitivamente ad accettare la parte.

Alla fine, il regista, è riuscito anche a convincere la produzione ad abbracciare il finale più “europeo” da lui proposto, invece dell'”happy ending” preferita dagli americani.

Un regista italiano a New York

Alla domanda: “Com’è per un regista italiano lavorare all’estero?“, Andrea Di Stefano ha risposto che il punto non è la nazionalità di un regista, ma quello che ha da offrire al pubblico. Se la storia che vuole raccontare è intrigante, allora il suo film vedrà la luce.

Per quanto riguarda le maestranze, Di Stefano ha raccontato che, nella sua esperienza, all’estero tutti i tecnici hanno un atteggiamento ed offrono un lavoro estremamente professionale. In Italia invece mettono più amore in ciò che fanno. Offrono tutta la loro passionalità, con tutti i pro e i contro che questo comporta.

Infine, Di Stefano ha ammesso che amerebbe molto girare un film in Italia, per raccontare una storia che affondi più nelle sue radici. Per il momento, è già impegnato in diversi nuovi progetti, tra film e sceneggiature di serie televisive, dal respiro internazionale.

Nicola De Santis

09/10/2019

Intervista

 

Intervista al regista Andrea Di Stefano

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