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These Daughters of Mine – Recensione

  • Titolo originale: Moje córki krowy
  • Regia: Kinga Debska
  • Cast: Agata Kulesza, Gabriela Muskala, Marcin Dorocinski, Marian Dziedziel, Malgorata Niemirska
  • Genere: Commedia drammatica
  • Durata: 88 minuti
  • Produzione: Polonia 2015

“These Daughters of Mine”: il senso dell’abbandono e la dialettica familiare

these-daughters-of-mine-recensioneLa narrazione obliqua di “These Daughters of Mine” si nutre di una mescolanza di registri narrativi in continua sovrapposizione e, a tratti, in reciproca interferenza: il senso della perdita incombente dei genitori costringe due sorelle a un contatto forzato e protratto che diviene progressivamente un percorso di risalita verso le radici comuni, una riconciliazione niente affatto indulgente che è in prima istanza una presa di coscienza individuale.

Se la fase iniziale del film ricorda molto da vicino l’impostazione del recente “Mia madre” di Nanni Moretti – con le figlie che assistono la figura materna nella convalescenza, ben consapevoli della condanna già fissata dalla morte in attesa – ben presto i fili del discorso si moltiplicano dirigendosi in diverse direzioni; l’unicità del dramma viene intaccata dalla sorte simile che tocca al padre, seppure secondo modalità totalmente diverse: l’uomo rimane infatti relativamente lucido, esprime una posizione irriverente e baldanzosa e si attacca ancor più visceralmente a una serie di atteggiamenti, ad esempio la tendenza al consumo di alcol, che finiscono per connotarlo come una sorta di simpatico vecchietto.

Il racconto è focalizzato principalmente sulla figura di Marta, un’attrice televisiva intelligente, popolare e scontrosa, a cui si contrappone dialetticamente la sorella Kasia, umile casalinga sposata a un uomo burbero, pigro e disoccupato, donna di mezza età senza prospettive e avvilita dai complessi di inferiorità nei confronti della sorella maggiore. Ma la consequenzialità delle vicende è caratterizzata da una sempre più accentuata coralità: al lavoro sul set di Marta si accenna appena in un paio di scene di scarso significato; la profondità caratteriale della donna viene invece scandagliata nei rapporti con gli elementi della famiglia ritrovata, forzatamente unita dalla tragicità degli eventi e perennemente solcata da una linea di contrasto.

“These Daughters of Mine”: la leggerezza eversiva e la tragedia definitiva

Lo spostamento principale dell’asse narrativo è determinato dal linguaggio della rappresentazione, una continua altalena tra toni da commedia sofisticata e tragedia umana. L’ambientazione oscilla tra casa e ospedale senza alcun tipo di scarto: l’attenzione registica è diretta in primo luogo ai volti dei personaggi e ai movimenti negli spazi stretti, in una dinamica relazionale frenetica che sfiora a più riprese l’isteria – portando con sé una serie di effetti volutamente comici, demistificanti rispetto alla profondità del dramma inscenato.

Agata Kulesza, nei panni di Marta, dà prova di una versatilità espressiva in grado di valorizzare a pieno la contraddittorietà e la crisi sempre pressante, mai definitiva, che permea il carattere del suo personaggio: attorno alla sua spinta propulsiva anche gli altri – la sorella fragile, la madre in stato di coma vegetativo, il padre in tenace ribellione con i vincoli dell’età – finiscono per acquistare uno spessore rilevante.

Il film di Kinga Debska sfugge a ogni categorizzazione vincolante, riuscendo nell’impresa non facile di abbinare uno spirito vivace e una narrazione leggera alla depressione dell’abbandono e della perdita: la messa in scena, innalzata su basi così fragili, risulta in definitiva sincera e convincente.

Marco Donati

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