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Recensione Transatlantic: Il dramma storico che non ha osato abbastanza

Transatlantic è una serie Netflix creata da Anna Winger e Daniel Hendler ed ispirata dal romanzo di Julie Orringer: The Flight portfolio. In una Europa degli anni 40 si intrecciano i destini di un gruppo di volenterosi americani – e non solo – con quello di centinaia di Ebrei che tentano di fuggire verso un luogo sicuro, al riparo dagli oppressori nazisti.

Grazie ad una splendida fotografia e ad un eccellente cast che vede Gillian Jacobs – che molti ricorderanno in Community – il giovane Lucas Englander e Cory Michael Smith come protagonisti principali, la serie sembrava promettere bene, ma purtroppo i difetti non sono pochi!

Indice

Transatlantic- Tutte le informazioni

Trama

Ci troviamo nella Marsiglia degli anni 40, qui due giovani Americani – la ricca Mary Jane e il giornalista Varian Fry – fanno di tutto per cercare di aiutare centinaia di Ebrei a fuggire dall’imminente olocausto, con particolare attenzione ad artisti ed intellettuali che trovano grazie a loro asilo.

I due andranno a creare un vero e proprio team, formato da altri uomini volenterosi, tra cui Albert Hirschman, ragazzo ebreo che rinuncia alla sua salvezza per per tentare di salvare altre vite. La trama si muove attorno alla villa Air-Bel, luogo sicuro in cui vengono accolti tutti i rifugiati, e dove i protagonisti tentano continuamente di pianificare stratagemmi per portarli in salvo.

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Ma non sarà affatto semplice per loro muoversi all’oscuro della polizia del posto, che sembra essere alla continua ricerca di approvazione da parte della Gestapo nazista. Il tutto si fonde poi ad una vena di romance imperante in tutte e 7 le puntate, in pieno stile Netflix.

La storia presenta innumerevoli riferimenti a fatti e personaggi reali: anche la stessa trama è liberamente ispirata ad un fatto realmente accaduto. Inoltre tra le varie apparizioni sono innumerevoli gli artisti e gli intellettuali che ci faranno drizzare le orecchie, come Hanna Arendt e Marc Chagall.

Crediti

  • Regia: Stéphanie Chuat, Véronique Reymond
  • Cast: Gillian Jacobs Lucas Englander Cory Michael Smith Ralph Amoussou Deleila Piasko Amit Rahav Grégory Montel Corey Stoll
  • Produzione: Anna Winger, Camille McCurry
  • Casa di produzione: Studio Airlift
  • Distribuzione: Netflix
  • Data di uscita: 7 Aprile 2023

Recensione

Transatlantic è una serie che cerca di portare sullo schermo un’idea originale e dalle premesse avvincenti. L’opera sembrava infatti essere molto promettente, con un primo episodio che incuriosisce immediatamente lo spettatore. Il problema è che sembra pian piano perdersi sempre di più, lasciandoci, dopo averla conclusa, con un enorme vuoto.

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Dobbiamo però spezzare una lancia nei confronti della regia e della fotografia. Queste due caratteristiche sono infatti estremamente curate e accattivanti, ricreando uno stile molto vicino a quello del regista Wes Anderson: i colori pastello tenui, le inquadrature estremamente geometriche.

Tutto ciò che c’è di positivo crolla però dinanzi ad un copione vuoto e lento. La serie con il passare degli episodi fatica a conquistarci, spesso a causa di personaggi superficiali e per niente approfonditi. Se si escludono due dei personaggi principali, tutti gli altri vengono narrati in maniera superficiale e blanda.

Di tanto in tanto poi ci vengono presentati personaggi storici, di cui viene sottolineato il nome per marcare l’importanza, ma manca sistematicamente una contestualizzazione: Un esempio è proprio Hanna Arendt -politologa, filosofa e storica tedesca naturalizzata statunitense- che dopo la sua apparizione all’interno di diverse scene non può non incuriosirci, ma gli autori la lasciano li, a partecipare a dialoghi casuali e fini a se stessi.

L’impressione è quella che la serie abbia puntato più ad un intreccio di romance trai character principali, tutte però troppo prevedibili ed abbastanza piatte. Forse l’unica che fa eccezione riguarda il giornalista Fry, omosessuale costretto a nascondere i propri sentimenti, all’interno di una società ancora arcaica, ma anche questa sottotrama non manca di cliché.

Ulteriore nota negativa va a toccare gli antagonisti. Oltre i Nazisti, dei quali basta il nome per poter trasmettere timore, il principale attante oppositore è il capo della polizia di Marsiglia. Costui è sempre sulle orme degli abitanti di Villa Air-Bel, ma effettivamente il pericolo rimane sempre molto aleatorio e impercepibile.

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In tutta la serie è solo uno il momento in cui i protagonisti sembrano effettivamente in difficoltà, tutti gli altri ostacoli vengono superati in maniera alquanto semplice e senza grandi episodi di tensione.

Viene da chiedersi però cosa sarebbe accaduto se questi personaggi – sia protagonisti che antagonisti – avessero avuto più personalità. Magari anche con un ulteriore riferimento a Wes Anderdon, mediante l’inserimento di caratteristiche irriverenti e demenziali.

Conclusione

Tirando le somme possiamo dire che Transatlantic è una serie che, seppur apparentemente molto promettente, si lascia andare alla superficialità, lasciando lo spettatore a bocca asciutta. Gli episodi si lasciano guardare piacevolmente, grazie a ottime scelte registiche e di fotografia ed un cast sicuramente azzeccato. A causa però di una sceneggiatura troppo sbrigativa e raffazzonata, arrivati all’ultimo episodio, non riesce a lasciarci e comunicarci nulla, nonostante il nobilissimo intento.

Trailer

Vedi anche: Recensione “La casa – Il risveglio del male” : Il ritorno di un classico tra litri di sangue

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