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Ognuno è perfetto: la crew incontra la stampa

Presso il The Space Moderno a Roma si è svolta la conferenza stampa della serie televisiva “Ognuno è perfetto”, a cui hanno partecipato cast e crew.

Ognuno è perfetto: una serie importante

Ognuno è perfetto film

Ha aperto la conferenza Eleonora Andreatta, direttore di Rai Fiction, mettendo l’accento sull’importanza di questa serie per il servizio pubblico. “Ognuno è perfetto” secondo lei sposa temi come la diversità e la disabilità non come oggetto, ma come soggetto attivo di una storia incentrata soprattutto su amore, amicizia ed emancipazione. Andreatta ha voluto complimentare il lavoro di adattamento messo in atto dal team italiano, in quanto la serie in realtà è presa da un format belga originale, e ha poi continuato dicendo che si tratta di una storia di formazione non solo per i ragazzi, ma anche e soprattutto per i loro genitori, che attraverso di loro imparano la sincerità. La scelta di mandarla in onda durante il periodo natalizio è stata determinata anche dalla struttura fiabesca dell’opera stessa.

La parola è poi passata al regista Giacomo Campiotti, che ha raccontato di un patto stretto tra lui e i giovani attori selezionati per assicurarsi che proseguissero tutti fino alla fine delle riprese. Questa promessa ha finito per dare a lui stesso la forza di andare avanti dopo i primi giorni di lavoro, quando temeva che la qualità finale sarebbe risultata quella di un film amatoriale. In tutto questo è stato aiutato molto sia dalla positività costante dei ragazzi che dall’aiuto degli altri attori professionisti.

A una domanda sul processo creativo, lo sceneggiatore Fabio Bonifacci ha risposto che sono stati alcuni piccoli cambi rispetto all’originale belga a stravolgere poi la natura dell’adattamento italiano. Bonifacci ha voluto dare più spazio alla figura del padre di Rick, Ivan (Edoardo Leo), sia perché gli piaceva la sua pulsione tra volere l’indipendenza del figlio e l’ansia che lo porta a essere troppo protettivo, sia perché per lui era importante raccontare il lavoro svolto sul territorio italiano da tanti volontari e familiari di persone con la sindrome di Down. In opposizione al padre ansioso c’è il ben più disinvolto direttore dell’azienda, che nella versione nostrana è una donna per poter dare spazio alla storia d’amore tra lei e Ivan. Inoltre Bonifacci, che prima di scrivere la sceneggiatura ha parlato con molti ragazzi e ragazze con la sindrome, ha voluto porre il focus sull’importanza di un “lavoro vero” perché la maggior parte dei soggetti da lui intervistati ne sentiva un forte desiderio.

Ognuno è perfetto: l’esperienza del cast

Edoardo Leo e Cristiana Capotondi (Miriam nella serie) hanno entrambi voluto ringraziare il resto della troupe, soffermandosi sulla perpetua energia che i ragazzi con cui hanno lavorato riuscivano a portare sul set giorno dopo giorno. Capotondi in particolare ha detto di aver imparato a liberarsi del preconcetto di limite, in quanto si tratta di qualcosa che le persone, lei compresa all’inizio, si auto-impongono e che non corrisponde alla realtà dei fatti.

Il produttore Alessandro Passatore, per Viola Film, ha descritto l’intenso processo di screening e casting che ha portato lui e Campiotti in giro per tutta la penisola, di città in città, spesso appoggiandosi ad associazioni sul territorio che si occupano di recitazione e arrivando a una selezione finale dopo molto lavoro.

Gabriele Di Bello (Rick) e Alice De Carlo (Tina), che interpretano i due protagonisti di “Ognuno è perfetto” e si sono conosciuti durante la docufiction targata Rai Tre “Hotel 6 Stelle”, davanti alla domanda su quale sia stata la scena più complicata da girare hanno entrambi risposto che in realtà non ce n’è stata una e che per loro è stato non solo molto divertente, ma anche facile.

Altri membri del cast hanno tutti espresso la loro gioia all’idea di proseguire lungo questa strada e, in particolare, Matteo Dall’Armi (Django) ha ringraziato sentitamente il regista, che per lui è stato come un padre, mentre Valentina Venturini (Giulia) ha affermato di essere cresciuta professionalmente grazie ai consigli e all’aiuto degli attori più navigati presenti sul set.

Ha preso poi la parola Raffaele Vannoli (Cristian), affermando di aver avuto un’esperienza unica nei suoi trent’anni di carriera. Vannoli ha detto di aver capito che la disabilità in realtà affligge la società carica di pregiudizi, perché per i ragazzi con cui ha lavorato il valore fondamentale è invece l’amore, che è anche uno dei temi principali della serie. Il suo ruolo è stato difficile e laborioso, in quanto l’attore si ritiene un caratterista neorealista, ma il processo è stato illuminante.

È stata rivolta allo sceneggiatore una domanda su come sia riuscito a liberarsi da retorica e sovrastrutture legate al tema della disabilità e Bonifacci ha risposto che in realtà lui tende a evitarle a prescindere. Nel suo percorso personale ha sempre visto la diversità come qualcosa che lo affascinava e lo incuriosiva, poiché secondo lui i sentimenti provati dalle persone sono sempre gli stessi e trovare qualcuno in grado di esprimerli con un linguaggio diverso è un’occasione di arricchimento. Il suo sforzo è stato quello di consultare molte persone con la sindrome di Down, ma per il resto ha trattato i personaggi senza alcuna distinzione.

Gaia Sicolo

09/12/2019

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