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L’ultima regina: il film che celebra le donne in un mondo di uomini

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Il film “L’ultima regina – Firebrand” si distingue non solo per la sua trama avvincente, ma anche per il modo in cui mette in luce le dinamiche tra i personaggi femminili all’interno della corte. Con una troupe prevalentemente composta da donne, il progetto rappresenta un passo significativo verso una maggiore inclusione e rappresentanza nel panorama cinematografico. La protagonista, attraverso le sue esperienze sul set, condivide riflessioni importanti sul cambiamento in atto nell’industria.

La rappresentanza femminile nel cinema

Negli ultimi anni, il panorama cinematografico ha visto un incremento significativo di film che mettono al centro personaggi femminili e ruoli per donne, sia davanti che dietro la macchina da presa. La protagonista di “L’ultima regina” esprime la sua soddisfazione per questa evoluzione, ricordando un episodio sul set di “La ragazza dei tulipani“, dove ha realizzato di non aver mai condiviso una scena importante con un’altra donna nei suoi precedenti film. Questo cambiamento è emblematico di un’industria che sta finalmente riconoscendo il valore delle donne, non solo come attrici, ma anche come produttrici e registe. La protagonista spera di continuare a contribuire a questo cambiamento, esprimendo il desiderio di produrre nuovi progetti in futuro, dopo l’esperienza con la serie “Irma Vep“. La possibilità di avere un maggiore controllo creativo è vista come un’opportunità per scegliere collaboratori e raccontare storie significative.

Le relazioni tra donne nel film

Un aspetto che colpisce nel film è la rappresentazione delle relazioni tra le donne della corte. La protagonista sottolinea come, nonostante la predominanza maschile, ci siano momenti di forte complicità tra la regina e le altre figure femminili, come la cameriera e la nuora. La storia è ambientata in un contesto storico in cui circa 300 uomini vivevano nel castello, mentre solo una decina di donne condividevano spazi ristretti. Questo scenario mette in evidenza la forza e la resilienza delle donne, costrette a convivere in un ambiente dominato dagli uomini, ma unite da legami di solidarietà e supporto reciproco.

L’importanza dell’intimacy coordinator

Un altro elemento innovativo del film è l’uso di un intimacy coordinator, una figura professionale che si occupa di gestire le scene intime in modo sicuro e rispettoso. La protagonista racconta di aver lavorato con una donna con una formazione da ballerina e coreografa, un aspetto che ha reso l’esperienza ancora più interessante. La sua esperienza passata nel mondo della danza ha influenzato il modo in cui affronta le scene di sesso, trasformandole in una sorta di danza coreografata. Riconosce che queste scene possono essere imbarazzanti, ma con la giusta preparazione e sensibilità, possono diventare momenti di grande espressione artistica.

L’impatto di un Oscar sulla carriera

Vincere l’Oscar come Miglior attrice non protagonista per “The Danish Girl” nel 2016 ha avuto un impatto significativo sulla vita della protagonista. Questo riconoscimento le ha aperto porte che prima erano chiuse, permettendole di realizzare progetti cinematografici che altrimenti non avrebbero trovato finanziamenti. Nonostante il successo, l’attrice confessa di aver vissuto un periodo di grande intensità, in cui si sentiva sopraffatta dagli eventi e dalla pressione di dover essere sempre felice per i risultati ottenuti. La sua esperienza evidenzia come il riconoscimento professionale possa portare a sfide emotive, rendendo il percorso di un artista complesso e ricco di sfumature.

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Fede Petrini

Fede Petrini

Sono Fede Petrini, laureato in lingue e amante del mondo dello spettacolo. Mi appassionano gossip, programmi TV, cinema e serie TV, che esploro con entusiasmo e curiosità.

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