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Luc Besson a Roma in conferenza per “Valerian e la città dei mille pianeti”

Si è tenuta stamattina a Roma la conferenza con il regista Luc Besson in occasione dell’uscita del suo ultimo film, “Valerian e la città dei mille pianeti”. Il regista francese, disponibilissimo, ha voluto solo rispondere alle domande dei giornalisti, senza dilungarsi troppo in un’introduzione. “Valerian e la città dei mille pianeti” è tratto da una famosa saga a fumetti degli anni ’70, di cui Besson è stato fan fin da bambino.

Luc Besson a Roma

Legge fumetti ancora oggi, come faceva il piccolo Luc?

Certo! Sento spesso la gente dire che sono infantile, ma non concordo, io mi sento molto adulto, tra la responsabilità di gestire migliaia di persone durante la realizzazione di un film e i miei due bambini. Voglio molto bene al piccolo Luc, mi aiuta nel mio lavoro ancora oggi. C’è un filosofo che sostiene che il bambino che siamo stati diventa ad un certo punto della vita quasi un padre per noi: ci segue e ci guida in quello che facciamo.

Si è ispirato solo al fumetto per realizzare il film o anche ad altre pellicole del genere?

Quando si inizia a girare un film di fantascienza la prima cosa da fare è distaccarsi da tutto ciò che si conosce di quell’ambito, cercare di dimenticare tutte le influenze acquisite. Per “Valerian e la città dei mille pianeti” ho scelto sei disegnatori tramite un concorso e li ho lasciati immaginare come potesse essere il 28esimo secolo per un anno, senza una sceneggiatura a cui appoggiarsi e senza avere alcun contatto tra loro. Dopo un anno avevo tra le mani tra i 5000 e i 6000 disegni, di cui alcuni completamente folli.
Il secondo anno ho selezionato altri sei artisti e ho fatto fare loro lo stesso lavoro, ma stavolta con la sceneggiatura già scritta su cui basarsi, e infine ho selezionato le idee migliori uscite da questo processo.

I suoi film sono stati definiti una “resistenza alla degradazione umana”, che ne pensa?

Capisco perfettamente la frase, lotto sempre contro la degradazione perché voglio potermi guardare allo specchio con serenità morale.

In questo, come in molte altre sue opere, pone tra i temi principali il potere delle donne.

Sì, credo che le donne siano l’avvenire dell’umanità, provo un grande rispetto per loro. Gli uomini combattono con la forza, con i muscoli e con la violenza, mentre le donne utilizzano il cervello e il cuore, strumenti decisamente migliori secondo me; non c’è mai stata una guerra iniziata da una donna, bisognerebbe lasciare tutto in mano a loro.
Però noi giochiamo meglio a calcio!

Nel film si parla di sei milioni di alieni uccisi, di un popolo annichilito: si tratta di riferimenti voluti?

Sì, uno degli temi principali di “Valerian e la città dei mille pianeti” è la tendenza a massacrare altri popoli che l’umanità ha dimostrato nel corso della storia, in nome dell’economia, della religione o del progresso. Quando parlo ai miei figli della Seconda guerra mondiale e della strage che ha portato, loro si annoiano, è come se fossero a scuola. Invece l’altro giorno mio figlio, quando ha visto “Valerian e la città dei mille pianeti” è rimasto colpito dal fatto che l’umanità avesse sterminato un’intera specie, era una cosa sbagliata, cattiva; e allora gli ho spiegato che una cosa simile è successa davvero. Mi tocca fare film da 180 milioni di dollari per educare i miei figli!
Anni fa ho realizzato “Arthur e il popolo dei Minimei”, una pellicola di forte stampo ambientalista, e un po’ di tempo dopo l’uscita un mio amico mi ha detto: “Grazie per il tuo film, adesso i miei bambini si rifiutano di camminare sul prato per paura di schiacciare un Minimeo!”

Si era parlato di fare di Valerian una trilogia: succederà davvero? E come mai la protagonista Laureline non ha i capelli rossi come sul fumetto?

Mi piacerebbe molto farne una trilogia, ma non dipende da me; io ho fatto del mio meglio, ma ci sono poi tutta una serie di questioni da considerare prima di intraprendere o meno questa strada.
Per quanto riguarda i capelli rossi avevamo provato inizialmente, ma Cara (Delevigne) non ci stava molto bene, e inoltre mi sono trovato combattuto, tra essere fedele all’originale e il pensiero che con i capelli rossi sarebbe assomigliata troppo a Lilù de “Il quinto elemento”. Alla fine abbiamo scelto di rinunciare.

Vedendo il film sembrano non esserci più limiti a quello che la tecnologia può fare: non sta diventando forse questo un limite a suo modo?

La tecnologia se usata bene è libera, oggi il limite vero è imposto solo dall’immaginazione, di cui io non manco: quindi per me va tutto bene!
Comunque questa è una delle cose che rimprovero ai film di fantascienza degli ultimi anni, sono tutti un po’ uguali: c’è un supereroe fatto in un certo modo, un cattivo che spesso è alieno e una trama che è sempre la stessa. E inoltre hanno tutti lo stesso fornitore di calzamaglie!

Questo film è dedicato a suo padre, che le regalò il primo fumetto di Valerian da bambino: pensa che sia stato lui ad instradarlo verso questo lavoro?

Purtroppo mio padre è scomparso durante la realizzazione del film e non l’ha mai visto; questo è stato molto frustrante per me, ma sono sicuro che lassù dove si trova ci sono delle sale per vedere i film in 3D, anche senza gli occhiali, e magari lo vedrà assieme a David Bowie e altri. Anzi, visto che sono a Roma potrei fare un salto al Vaticano per chiedere di metterci una buona parola!

“Avatar” di James Cameron ha influito su “Valerian e la città dei mille pianeti”?

James Cameron è un grande regista e io gli devo molto, non solo io ma tutti noi. È stato un precursore, la tecnologia che ho usato io su “Valerian e la città dei mille pianeti” l’ha inventata lui per “Avatar”; ai tempi delle riprese ricordo che ero sempre il benvenuto sul set e mi mostrava come stava realizzando il film. È stato come un fratello maggiore per me e per tanti altri.

Nel finale c’è una parentesi ecologica, era presente anche nei fumetti questo tema?

Sì, era un tema importante nel fumetto. In un film bisogna cercare sempre un buon equilibrio, ho cercato di sensibilizzare senza insistere. Il messaggio più importante secondo me è che i Pearls non hanno spirito di vendetta: è una cosa nuova, un concetto che credo sia molto importante trasmettere ai bambini, per insegnargli che la vendetta non è sempre la risposta.

Com’è stato lavorare con un cast così giovane e per certi versi inesperto?

I protagonisti sono due attori giovani ma molto bravi; volevo rinnovare un po’ la schiera di attori che sono sempre gli stessi da 30 anni. Oggi ci sono piloti di Formula Uno che hanno 17 anni, così ho immaginato che nel 28esimo secolo potrebbero tranquillamente esserci piloti di astronavi di 12 anni, perché più andiamo avanti e più le nuove generazioni imparano in fretta. Per questo ho voluto dei protagonisti molto giovani.

Come mai la scelta di Rihanna?

Il personaggio di Bubble esisteva già nei fumetti e mi piaceva l’idea che soffrisse di una mancanza di identità a causa della sua capacità di trasformarsi in chiunque altro. È un problema tipico del mestiere di attore.
Ho pensato subito a Rihanna e il produttore mi ha chiesto: “E qual è la tua seconda scelta? Perché lei non accetterà mai” e invece è bastato chiederglielo.

Il suo cinema ha subito un’evoluzione da film molto seri e forti a pellicole fantasiose e leggere: cosa ha causato questo cambiamento?

Non scelgo i film in base al pubblico verso cui vorrei rivolgerli, non faccio questa selezione. Da giovane ero, come tutti i giovani, un ribelle, nato e cresciuto in una società molto borghese e addormentata che volevo scuote. Invecchiando mi sono reso conto che con il tempo la società attorno a me era degradata ulteriormente e ho voluto abbandonare questa battaglia e dedicarmi a cose più divertenti.

La realizzazione di questo film è stata lunghissima, cosa l’ha spinta a non mollare mai?

Io non mollo mai a prescindere, non so fare altrimenti. E poi se si sta su una nave in mezzo all’Atlantico non si può dire ‘Fermate tutto, voglio scendere!’, l’opzione di mollare non c’era proprio. Se scegli di fare una cosa devi anche portarla fino in fondo.

Com’è stato lavorare con Alexandre Desplat?

Desplat è un musicista straordinario, ha una grandissima esperienza ma sa anche ascoltare e seguire le direttive.
Io lavoro da 25 anni con Eric Serra e ormai siamo come una vecchia coppia, non sappiamo più sorprenderci; per questo ogni tanto lo devo tradire e fare un film senza di lui, ma poi torno sempre.

È un fan di “Star Wars”?

Sono un grande fan di “Star Wars”, penso che George Lucas abbia semplicemente rivoluzionato la fantascienza.

Valeria Brunori

12/09/2017

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