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La regina degli scacchi – Recensione senza spoiler della miniserie Netflix

La regina degli scacchi, non solo un’apertura scacchistica

La regina degli scacchi

“La regina degli scacchi”, miniserie rivelazione Netflix dell’ultimo periodo, creata da Scott Frank e Allan Scott, ha tutte le caratteristiche per essere definita un piccolo capolavoro. Tratta dal romanzo omonimo “The Queen’s Gambit” di Walter Trevis del 1983, l’opera ha un titolo riferito a un’apertura scacchistica.

Da storia di formazione a lead female character, la miniserie racconta la vita e il talento naturale della giovanissima Beth, orfana di 9 anni che viene accolta in un orfanotrofio, dove conosce la vivace e irriverente Jolene (Moses Ingram). Tra l’amicizia con la ragazza e l’incomprensione di non venir adottata da nessuno, Beth rimane affascinata dal gioco degli scacchi, al quale il custode, il signor Shaibel (Bill Camp), sembra giocare nel seminterrato da solo.

Burbero e solitario, Shaibel, controvoglia, accetta le richieste di Beth di giocare con lei che sembra capire al volo mosse e azioni di gioco. Shaibel non capisce subito chi ha davanti, ma in poco tempo, insegnando alla piccola Beth regole e strategie, si rende conto di avere a che fare con una vera e propria bambina prodigio. Beth è rapida, senza guardare la scacchiera riesce a ricordare la composizione della partita, muovendo i pezzi nella propria mente, riesce a giocare più partite contemporaneamente, impara velocemente e, inoltre, è molto competitiva. Il signor Shaibel, contro la propria natura schiva e distaccata, crede che la bambina debba coltivare il proprio talento e la presenta a un docente che tiene un club di scacchi, al quale Beth partecipa. La giovane comprende così che, dietro le sue partite quotidiane con il custode, c’è un intero mondo da scoprire.

La parvenza soggettiva di normalità

La regina degli scacchi

Beth è interpretata da una straordinaria Anya Taylor-Joy che alla perfezione incarna un’anima sola, che negli scacchi trova una ragione di vita, la propria dimensione e il proprio universo, definendosi come persona e come donna. La ragazza è segnata da un’esistenza dove si sente costantemente fuori luogo e incompresa, a meno che non ci siano, una scacchiera e una partita da giocare. Beth si ritrova a crescere in un microcosmo formato da uomini che la escludono a priori, per il solo fatto di essere donna, di non essere iscritta a un club di scacchi e per non aver intrapreso un percorso accademico prestabilito che permette di accedere alle migliori competizioni; per essere un nome sconosciuto e riuscire a battere comunque i più grandi maestri dello Stato.

Ma dal Kentucky a New York fino a Mosca, i tornei sono sempre più complessi e difficili e a partecipare sono maestri e campioni del mondo. Se Beth può apparire mossa solo dal desiderio di vincere e risultare così un personaggio piatto, è invece in ogni situazione e momento della sua vita che risulta sempre più chiaro perché il gioco degli scacchi significhi per lei molto più di ciò che sembra.

Dalla fama al successo ai compensi che ne derivano, che non interessano a Beth, tutta la vita della protagonista è legata a quel gioco complesso fatto di concentrazione, calcolo delle mosse e avversario da battere. Gli affetti, i rapporti interpersonali, i ricordi, le gioie e i dolori di una vita difficile sono tutti indissolubilmente legati a quelle competizioni.

La regina degli scacchi: un’esistenza segnata dal valore personale della vittoria

La regina degli scacchi

Cercando il suo posto nel mondo, Beth riscopre il suo passato costruendo il suo futuro, alla ricerca di un’identità che non ha avuto tempo e modo di trovare, e che solo attraverso un talento e una passione ha potuto scoprire. Dall’affermazione di sé della protagonista, ai personaggi di contorno che passano da avversari ad alleati, riconoscendo limiti e possibilità, “La regina degli scacchi” è il ritratto non solo della giovane Beth, ragazza che fatica a sorridere e che sembra allontanare tutti, ma anche di un’epoca dove si definisce se stessi secondo canoni assoluti, già decisi e immutabili. Beth è un’eroina senza tempo che combatte una doppia battaglia per essere riconosciuta.

“La regina degli scacchi” è avvincente come uno show d’azione, coinvolgente come una storia di vita e profondo come una riflessione universale sull’animo umano. Dalla tecnica impeccabile, capace di calare lo spettatore negli anni ’50 e ’60, rappresentandone la moda, gli usi e costumi, mostrandone gli ambienti, gli arredamenti e, soprattutto, la mentalità. La serie lascia intravedere la cultura e le convenzioni sociali in contrasto con quella voglia di abbracciare un nuovo modo di vedere le cose: per quanto possa risultare scomodo e insolito, ha sempre quel fascino del cambiamento e dell’innovazione che, parte, prima di tutto, dalle singole persone.

Giorgia Terranova

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