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La bambina che non voleva cantare: presentato il film alla stampa

La regista Costanza Quatriglio e il cast del film “La bambina che non voleva cantare” hanno presentato il film alla stampa. La pellicola è basata sul romanzo Il mio cuore umano ed è la storia di Nada Malanima, cantante, attrice e scrittrice che ha esordito da giovanissima al Festival di Sanremo. Consacrata come cantautrice appena diciottenne è considerata una delle più innovative autrici degli anni ’70 e ’80.

Un viaggio a ritroso nella vita di Nada e nella Livorno degli anni ’60

La bambina che non voleva cantare

Il film è stato presentato, oltre che dalla regista e sceneggiatrice Costanza Quatriglio e la co-sceneggiatrice Monica Rametta, anche dal cast composto da Carolina Crescentini, Paolo Calabresi, Paola Minaccioni, Sergio Albelli e Tecla Insolia. In onda su Rai 1 il 10 marzo 2021, il film è una storia sull’infanzia e l’adolescenza di una grande artista, prima che il suo talento diventasse da tutti conosciuto e apprezzato. Un racconto commovente che esprime temi universali, sospeso tra favola e film autobiografico.

Ecco le domande della stampa

L’amore per questa storia è sbocciato leggendo il libro o conoscendo di persona la protagonista Nada? Come ha sviluppato questa sorta di amore per questa bambina che non voleva cantare?

Costanza Quatriglio: tutto è nato conoscendo Nada e leggendo il libro. Io l’ho incontrata quando stava scrivendo il libro a fine 2008, sono andata alla presentazione e mi ha colpito molto sia la storia che tutto l’immaginario toscano del racconto. Per me era come se ogni personaggio avesse dentro di sé un realismo magico da dover esprimere. Mi sono innamorata del clima affrontato nel libro e ho trovato la mia personale chiave di lettura. Questa idea della musica come terapia per una madre malata di depressione ha suscitato subito il mio interesse e l’interesse si è poi trasformato in una cura del progetto. Abbiamo realizzato il documentario, che aveva uno stile completamente diverso. Con “La bambina che non voleva cantare” ci siamo soffermati su altre tematiche, come il rapporto di Nada con la madre, un rapporto conflittuale, ricco di amore ma anche di contrasti, intervallato da liti e riappacificazioni. Questa madre che voleva che lei cantasse, mentre Nada non voleva, né tantomeno voleva allontanarsi dal suo paese. Ho, appunto, curato il progetto, per tanto tempo, e quando l’ho proposto in meno di ventiquattro ore Rai Fiction e la Picomedia hanno hanno deciso di realizzarlo. Parlo di cura perché io ho realmente, in qualche modo, custodito questa storia. Dentro di me cresceva la voglia di raccontare questi personaggi, anche quelli di contorno. Dal maestro che insegna a Nada a raccontare e vivere l’amore fino a Suor Margherita: maldestra ma anche lei piena d’amore. Suor Margherita è inoltre la prima a scoprire il talento innato di Nada. A poco a poco tutto gli adulti vedono il talento della bambina. La mamma, prigioniera della depressione e di un costante male di vivere, quando sente Nada cantare prova una gioia profonda, tanto reale quanto lo è il suo male di vivere, e questo crea appunto l’equivoco. Nada non vuole esibirsi e impara a farlo per amore della madre. Alla fine Nada vive la paura titpica dell’infanzia, quella di perdere i propri genitori. Il film è sia una favola che un racconto autobiografico, e trovo che sia capace di toccare corde e temi universali. Con Monica Rametta abbiamo cercato di tenere il focus del racconto su Nada, dando alla storia una direzione sentimentale che avesse come punto d’arrivo sempre il rapporto madre-figlia.

Che tipo di donna è Viviana, che è uno dei personaggi centrali di “La bambina che non voleva cantare”?

Carolina Crescentini: Viviana è una donna e una madre molto complessa, tutto il percorso che fa per capire cosa sta accadendo ha una serie di ostacoli. Il talento di Nada non è per lei un qualcosa da sfruttare come arrivismo, ma un passaporto per la libertà della figlia. È la possibilità per Nada di non avere una vita già scritta, come lo è stata per Viviana, per la madre e per la nonna. Nada potrà avere una vita diversa e potrà viaggiare. Il riscatto non è quindi per Viviana, ma per Nada. Miriam, l’atra figlia, ad esempio, accetta ben volentieri il suo futuro, anche perché non aveva alcun termina di paragone diverso. Viviana è madre e a volte anche sorella gemella di Nada, prova per lei un amore enorme ,sempre, anche quando non è in grado di farlo. Ad esempio quando è in balia di quei farmaci che non si sa se aiutino o aggravino.

Chi è “La bambina che non voleva cantare”

La bambina che non voleva cantare

Nada nel film ha sempre un volto molto triste, mentre quando ha il microfono in mano e canta sembra completamente diversa, qual è il percorso della protagonista nei panni di un artista che presto avrà successo?

Tecla Insolia: il percorso di questo personaggio è molto travagliato. Si tratta di un personaggio complesso e leggero, lei è prima bambina poi adolescente degli anni ’60. Nada inizia a cantare pensando appunto che sia una cura per la malattia di sua madre, però al tempo stesso ha anche questo rapporto complesso con la musica, perché non capisce se è davvero qualcosa che le piace fare o se lo fa solo per sua mamma. Ben presto però diventa per lei anche un mezzo per esprimere tutta la rabbia e i sentimenti che prova.

Paolo Calabresi, raccontaci di quest’uomo innamorato della musica, il maestro di Nada, che riesce a far innamorare anche la sua allieva, trasformandola da La bambina che non voleva cantare a quella star che è diventata.

Paolo Calabresi: io mi sono innamorato del progetto quando ho letto la sceneggiatura e quando ho visto il documentario. Quello che mi ha colpito molto del film è stata l’assenza di celebrazione della cantante, il mantenere sempre un focus sull’interiorità della protagonista. Il film racconta una storia di crescita difficile, come tutte le crescite, senza nulla di patinato. È tutto molto interno: la crescita non riguarda solo bambina, ma anche tutti coloro che gli sono vicini. Il maestro è un uomo che non vive il suo tempo, è destinato alla malinconia, come tutti gli uomini che sembrano vivere in epoche diverse. Ma alla fine anche lui cresce, come tutti, insieme a lei.

Il personaggio della suora scopre il talento della piccola e pensa che la musica e la sua voce possa avvicinare la bambina al divino, come ha lavorato su questo personaggio?

Paola Minaccioni: anche io mi sono innamorata del progetto, e desideravo molto lavorare con Costanza. Il mio personaggio è uno dei tanti esempi di realismo magico del racconto. All’epoca le suore, come ogni figura religiosa, avevano un ruolo fondamentale nella vita delle persone e nell’ambito familiare. Suor Margherita è una donna molto concreta che, per caso, riesce a trovare il divino nella bimba e portarlo in casa. In un certo senso porta la salvezza in tutta la famiglia. La musica è un dono di Nada, ma è anche l’emancipazione della madre, la speranza e la possibilità di ritrovare il proprio sé per il padre.

Rapporto madre-figlia

La bambina che non voleva cantare

Tutto il film ruota attorno al rapporto madre-figlia con tutte le sue sfaccettature. Si tratta di un rapporto molto rappresentato nel cinema. Qual è però il filo tra le aspirazioni delle madri e quello che vogliono fare i figli, cosa rende così intenso questo filo? Madri molto diverse da Viviana affidavano alle figlie le loro proprie aspirazioni.

Costanza Quatriglio: credo che quello che rende speciale questo rapporto è la potenza del talento nel corpo della bambina, che rimane comunque La bambina che non voleva cantare. Viviana sente e trasferisce quello che sente nella figlia. Nada diventa il centro dei desideri degli adulti che attraverso questo talento esprimono i loro punti di vista e il loro modo di stare al mondo. La madre che desidera per la figlia un riscatto, vorrebbe che Nada percorresse una vita non ancora scritta. Attraverso le canzoni inoltre si viaggia sulle note della tradizione della musica italiana, nei brani, nei dialoghi e nelle parole che vengono espresse per la mamma.

Il padre inizialmente sembra l’ennesimo stereotipo di padre assente e autoritario, che poi però si rivaluta. Non è un uomo che si nasconde, prende una serie di decisioni importanti . Per quanto riguarda la madre, quando una donna cade in depressione di solito ha difficoltà a relazionarsi, mentre Viviana ha sempre un’emotività molto fredda che riesce a mantenere.

Costanza Quatriglio: certamente con Nada abbiamo parlato a lungo dei genitori, ho visto come li ha racconti e come li ha ricordati. Con Monica abbiamo ragionato su come il personaggio si svela nel corso del film. Abbiamo cercato una drammaturgia nel suo percorso di rivelazione da uomo apparentemente silenzioso e distante, trasformando il suo silenzio in una virtù, in un anti eroe. Non è un uomo autoritario, la sua è un altro tipo di forza e potenza. Lui c’è, è presente per le cose importanti e prende decisioni, senza fingere, senza dover dimostrare niente a nessuno.

Monica Rametta: abbiamo lavorato molto cercando di tirare fuori il realismo magico di cui tutti hanno parlato in ogni personaggio. Infatti è presente anche nel padre quando si svela suonando, tirando fuori una sua passione che nessuna sapeva che lui avesse. È un piccolo gesto, ma rivela molto del personaggio. Il padre rappresentato in “La bambina che non voleva cantare” è mite e silenzioso, sa quando intervenire e cosa va fatto. Era importante che i personaggi del libro fossero tutti molto sfaccettati, ma fondamentale era che trasmettessero questo forte realismo magico.

Figure secondarie fondamentali

La bambina che non voleva cantare

Il padre è una figura secondaria, è un uomo remissivo e buono, ma è anche quello che riesce a tenere insieme questa strana famiglia.

Sergio Albelli: per me è stato molto bello partecipare, perché appunto il film è tutto fuorché patinato: c’è tanta concretezza e tanta magia. Anche io ho avuto, leggendo il copione, gli stessi dubbi sul padre, e cioè che fosse un personaggio passivo e distante. Ma poi ho trovato molto utile una conversazione con Costanza che mi ha introdotto questo punto di vista diverso sulla mitezza. Non vuol dire sempre essere passivi, ma molto spesso saldi. Una delle esperienze che più mi ha colpito sul set era quella di spostare il mio punto di vista. “La bambina che non voleva” cantare è una storia di donne, c’è una nonna, una madre, una figlia e poi c’è un uomo e un padre. Renderlo un uomo né prepotente né autoritario è stata la scelta più giusta. Non ha una serie di strumenti quando parla dei medici, però in realtà ha gli strumenti affettivi per stare vicino a queste persone, come ad esempio a Viviana.

Che cosa ti ha lasciato questo personaggio, credo che la forza di Nada ti sia rimasta. Sai se andrai a Sanremo e canterai qualcosa?

Tecla Insola: ho affrontato questo personaggio trovando molte similitudini con la mia esperienza. Ho letto anche il libro e ho trovato molte cose in comune, nonostante le epoche diverse e un modo di vedere il mondo molto differente. Per il resto è confermato che sarò un ospite di Sanremo, ma per ora non so molto altro.

Carolina Crescentini hai detto che ogni personaggio nasconde un segreto, qual’è il tuo e quali domande ti sei fatta? In questo ruolo con quale parte di te ti sei confrontata?

Carolina Crescentini: con tantissime. Essere una madre quando io non lo sono e anche fare il tifo per non per la mia, ma per la sua felicità. Viviana non è un personaggio immaginario, è esistito, io conosco Nada, ho lavorato con tanto rispetto per questo persone. Ho messo in campo tutto il mio cuore ed ero molto interessata alla reazione di Nada dopo la visione del film. Alla fine è la sua mamma, è la sua storia.

La bambina che non voleva cantare: esperienze e caratteristiche condivise

La bambina che non voleva cantare

Carolina Crescentini e Paolo Calabresi, quali aspetti dei vostri caratteri avete ritrovato nei vostri personaggi?

Paolo Calabresi: sicuramente la malinconia è un aspetto nel quale mi sono ritrovato. Il film mi ha commosso diverse volte, anche perché io ho avuto una mamma che tendeva alla depressione e ho vissuto l’intero mondo del film in maniera molto coinvolgente. La malinconia cronica del maestro gli impedisce di vivere con leggerezza, un qualcosa che trova solo nella musica, come me nel mestiere che faccio.

Carolina Crescentini: io sono molto diversa da Viviana, nonostante questo però ogni punto di contatto con lei per me è stata come un’epifania emotiva. Interpretandola ho trovato un qualcosa che mi apparteneva, come ad esempio l’idea che la musica possa avere un potere salvifico.

Nada ha collaborato con voi sul set? Cosa vi ha raccomandato, su cosa bisognava puntare secondo lei?

Costanza: con Nada c’è stato da subito un rapporto di grande fiducia, nato dal documentario e che poi è continuato negli anni. Abbiamo avuto spesso un dialogo ricco di dettagli, molto sereno e anche denso di bei ricordi. Abbiamo scelto quali canzoni usare per le lezioni e quali per le gare canore. Abbiamo usato quel quaderno che si vede nel film, esiste. In più si trattava di canzoni che io sentivo cantare da bambina, per me è stato anche un viaggio di memoria. Tutti quei brani facevano parte di un lessico quasi dimenticato che mi ha riportato a molti ricordi d’infanzia. Nada ha letto il copione e ora che ha visto il film spero che tra noi ci possa essere una restituzione reciproca di lavoro e dialogo. Lei non era presente sul set perché pensavamo che fosse giusto così. Abbiamo avuto un dialogo precedente, ma non durante.

Tecla: io non ho avuto un contatto con Nada. Costanza mi ha lasciato molta libertà nel personaggio e questo ha contribuito a creare sul set un ambiente di grande tranquillità.

La bambina che non voleva cantare e il dialetto livornese

La bambina che non voleva cantare

Che tipo di lavoro avete fatto sul dialetto toscano e come vi siete preparati?

Carolina Crescentini: abbiamo avuto un ottimo coach, ho registrato molti audio a Livorno, ho guardato su YouTube molti video girati nel livornese cercando di memorizzare più parole e accenti possibili.

Tecla Insola: io provengo da una famiglia siciliana, ma vivo in Toscana da quando sono nata, in provincia di Livorno, quindi ho avuto un compito più agevolato.

Tecla Insolia anche tu sei salita sul palco dell’Ariston da giovanissima, quale emozioni hai avuto nell’interpretare una giovane talentuosa che un po’ ti somiglia?

Tecla Insolia: le emozioni sono state tante, come le situazioni che combaciano tra la mia vita e quella di Nada. Sono rimasta stupita dai punti di contatto. Come ho detto si tratta di due epoche diverse, e noi siamo due persone molto diverse, credo che aver affrontato il palco a Sanremo mi abbia aiutato, il lavoro dell’attore sta nell’utilizzare situazioni personali, ma sicuramente salire sul palco Ariston mi ha aiutato.

C’è un dialogo molto bello tra il maestro e Nada sull’amore disperato, tema che Nada ha affrontato nelle sue canzoni, si sta pensando a un proseguimento del film?

Costanza Quatriglio: magari, a grande richiesta sì, forse in chiave più rock. Quel dialogo per me rappresenta tantissimo: c’è tanta malinconia, ma anche un riflessione sul suo immaginario romantico. Lui è come un ragazzo nel corpo di un adulto, è un sognatore innamorato dell’amore, il suo struggersi per amore è in realtà il desiderio di trovare l’amore della vita.

Il film è ricco di location particolari, dove sono stati girati gli interni?

Costanza Quatriglio: abbiamo girato nel Lazio, abbiamo trovato delle location ideali nella campagna intorno al Lazio, molte restituivano l’immaginario della Toscana. Molti interni invece li abbiamo girati proprio a Roma.

Tutti i reparti, dalla troupe al cast sono interamente al femminile, quanto questo ha influito sulla riuscita del film?

Costanza Quatriglio: per me la troupe è sempre al femminile. Tutti lo notavano sicuramente, anche chi partecipava saltuariamente al set.

25/02/2021

Giorgia Terranova

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