Il mondo del cinema americano si trova al centro di un acceso dibattito, in particolare dopo le recenti dichiarazioni di Jon Voight, attore premio Oscar, che ha elogiato Donald Trump definendolo “il più grande Presidente degli Stati Uniti dopo Abraham Lincoln“. In un contesto in cui la produzione cinematografica si sta spostando sempre più all’estero, Voight ha collaborato con altri esperti per elaborare un piano volto a “salvare Hollywood” dal declino. Questo articolo esplora le proposte contenute nel documento e le implicazioni politiche ed economiche che ne derivano.
Le dichiarazioni di Jon Voight e il contesto politico
Jon Voight ha recentemente pubblicato un video in cui sostiene con forza le politiche di Donald Trump, specialmente in merito ai dazi del 100% sui film prodotti al di fuori degli Stati Uniti. L’attore ha espresso il suo orgoglio nell’essere amico del Presidente, sottolineando che Trump “farà sempre ciò che è bene per l’America“. Questa affermazione, che può sembrare esagerata, riflette un clima di forte polarizzazione politica, in cui le scelte economiche di Trump vengono interpretate come una difesa della cultura americana.
Le critiche non sono mancate, in particolare da parte del governatore della California, Gavin Newsom, che ha risposto alle accuse di Trump riguardo alla produzione cinematografica all’estero. Newsom ha sottolineato l’importanza di incentivare le produzioni locali, proponendo un pacchetto di 7,5 miliardi di dollari per attrarre investimenti nel settore. La tensione tra le due parti è palpabile, e il piano di Voight e dei suoi collaboratori si inserisce in questo contesto di conflitto.
Le proposte per il rilancio di Hollywood
Il documento redatto da Jon Voight, Steven Paul e Scott Karol presenta una serie di proposte concrete per incentivare la produzione cinematografica negli Stati Uniti. Una delle principali misure suggerite è l’introduzione di un credito d’imposta federale compreso tra il 10% e il 20%, cumulabile con gli incentivi già offerti da stati come Georgia, New York e California. Questa misura mira a rendere più competitiva l’industria cinematografica americana rispetto a quelle estere.
Tuttavia, il piano prevede anche un aspetto punitivo: nel caso in cui le produzioni decidano di spostarsi all’estero per beneficiare di crediti fiscali, dovranno affrontare un dazio del 120% sui crediti ottenuti nel paese straniero. Questa strategia è pensata per disincentivare le major hollywoodiane dall’approfittare di vantaggi fiscali all’estero, ma potrebbe avere ripercussioni significative sulle collaborazioni internazionali e sul sostentamento di molte realtà produttive estere.
In aggiunta, il documento stabilisce che le produzioni che desiderano accedere agli incentivi devono dimostrare una “sintonia con la cultura americana”. Questa condizione potrebbe rappresentare una sfida per progetti che richiedono riprese in contesti internazionali, ma si propone di affrontare la questione attraverso “trattati tariffari” specifici con altri paesi, partendo da un accordo con l’Inghilterra.
Ritorno alle regole di syndication e investimenti in infrastrutture
Un altro punto cruciale del piano è il ritorno alle “Financial Interest and Syndication Rules”, in vigore dal 1970 al 1993. Queste regole vietavano ai grandi network di possedere i contenuti che trasmettevano, evitando così che i produttori fossero costretti a cedere parte dei loro profitti alle major per poter diffondere i loro lavori. L’intento è quello di estendere queste regole anche alle piattaforme di streaming, come Netflix e Amazon Prime, accusate di richiedere il possesso totale dei contenuti.
Infine, il documento sottolinea l’importanza di investire in infrastrutture e formazione per il personale specializzato nel settore cinematografico. L’obiettivo è quello di rafforzare le competenze locali, riducendo la necessità di ricorrere a manodopera straniera. Questa proposta si allinea con l’idea di promuovere un’industria cinematografica più autonoma e competitiva, capace di attrarre talenti e risorse all’interno degli Stati Uniti.
Il piano di Voight e dei suoi collaboratori rappresenta un tentativo significativo di affrontare le sfide che l’industria cinematografica americana sta affrontando, ma le sue implicazioni politiche ed economiche sollevano interrogativi su come il settore possa evolversi nel contesto attuale.
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