Il primo figlio, il lungometraggio d’esordio della regista Mara Fondacaro, affronta tematiche profonde e complesse legate alla maternità e alle paure che la accompagnano. Presentato in anteprima al Festival di Pesaro, il film si avvale della fotografia di Fabio Paolucci per raccontare la storia di Ada e Rino, una coppia che vive isolata in una villa immersa nei boschi. La narrazione si sviluppa attorno al nono mese di gravidanza di Ada, che è tormentata dal ricordo del suo primo figlio, tragicamente scomparso. Questo contesto crea un’atmosfera di angoscia e inquietudine, rendendo il film un’esperienza visiva intensa e coinvolgente.
La trama e l’ambientazione
Il primo figlio si svolge in un ambiente che la regista definisce un “non-luogo“, un’ambientazione che contribuisce a enfatizzare la claustrofobia della storia. Ada, interpretata da Benedetta Cimatti, si trova a vivere un incubo che si riflette nella sua mente e nei suoi ricordi. La villa, isolata e circondata da boschi, diventa un simbolo della sua solitudine e della sua lotta interiore. Rino, interpretato da Simone Liberati, cerca di supportarla, ma la tensione tra i due cresce man mano che Ada si confronta con le sue paure più profonde.
La regista ha voluto creare un contrasto tra l’immensità del paesaggio esterno e l’intimità opprimente degli spazi interni. Questo approccio visivo serve a sottolineare la disparità tra il mondo esterno, vasto e inaccessibile, e il mondo interiore di Ada, che sembra schiacciarla. La scelta di una scenografia angusta, curata da Rossella Tilli, contribuisce a creare un’atmosfera di ansia e inquietudine, rendendo il pubblico partecipe del conflitto emotivo della protagonista.
La colonna sonora e il suono
Un elemento distintivo de Il primo figlio è l’uso innovativo del suono. La regista ha collaborato con il compositore Alessandro Ciani per sviluppare una colonna sonora che non si limita a essere musicale, ma che integra una serie di rumori e suoni distorti. Questi suoni riflettono lo stato mentale di Ada, creando un’atmosfera di confusione e angoscia. La scelta di utilizzare rumori storpiati, simili a suonerie distorte, serve a rappresentare i ricordi e le emozioni di Ada, rendendo il suono un protagonista a tutti gli effetti.
Fondacaro ha spiegato che il suono più inquietante del film non viene mai rivelato al pubblico, lasciando spazio all’immaginazione e amplificando il senso di angoscia. Questo approccio innovativo al suono contribuisce a rendere Il primo figlio un’esperienza cinematografica unica, in cui ogni elemento visivo e sonoro è pensato per immergere lo spettatore nella psiche della protagonista.
Tematiche e riflessioni sulla maternità
Il primo figlio affronta anche il tema dell’angoscia legata alla maternità e alle scelte che le donne devono affrontare. Mara Fondacaro ha condiviso la sua visione riguardo al film, sottolineando come la maternità non sia sempre associata a sentimenti positivi. La regista ha voluto esplorare le paure e le incertezze che possono accompagnare la gravidanza, ponendo domande sul significato di crescere e fare scelte consapevoli.
La Fondacaro ha dichiarato di voler rappresentare la maternità in modo autentico, sfatando i miti che la circondano. Oggi, il cinema sembra aprirsi a una narrazione più complessa e sfumata della maternità, affrontando anche temi come la depressione post-partum e la sensazione di estraneità che alcune donne possono provare nei confronti del proprio corpo. Questo approccio consente di avviare una riflessione profonda su un argomento universale, che coinvolge non solo le donne, ma anche gli uomini, rendendo la maternità un tema di discussione collettiva.
Il cinema indipendente e le sfide della produzione
Mara Fondacaro ha anche parlato delle difficoltà legate alla produzione di film indipendenti, sottolineando come oggi sia complicato realizzare opere che si distaccano dai canoni commerciali. Nonostante le sfide, la regista si considera fortunata per avere trovato produttori disposti a investire in progetti audaci e innovativi. Il primo figlio, con la sua narrazione intensa e le sue scelte artistiche, rappresenta un esempio di come il cinema indipendente possa affrontare tematiche complesse e stimolare il dibattito.
In un panorama cinematografico spesso dominato da produzioni più commerciali, il lavoro di Fondacaro si distingue per la sua autenticità e il suo impegno nel raccontare storie che pongono domande e invitano alla riflessione. La regista spera che il suo film possa suscitare un dibattito significativo e contribuire a una maggiore comprensione delle esperienze legate alla maternità e alle scelte di vita.
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