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“Gli ultimi giorni dell’umanità”: il viaggio cinematografico di Enrico Ghezzi e Alessandro Gagliardo

La Cineteca di Bologna porta in sala il film diretto da Enrico Ghezzi e Alessandro Gagliardo, un’opera che ripercorre decenni di storia attraverso l’archivio privato di Ghezzi. Un’esperienza imperdibile per gli appassionati di cinema e per i numerosi cinefili che hanno a cuore il contributo di Ghezzi al panorama televisivo e cinematografico italiano.

Dall’8 maggio, la Cineteca di Bologna distribuirà nei cinema italiani “Gli ultimi giorni dell’umanità“, il monumentale film presentato lo scorso settembre alla Mostra del Cinema di Venezia. Costruito sull’altrettanto monumentale archivio privato di Enrico Ghezzi, il film si compone di materiali girati, camera alla mano, dalla fine degli anni Settanta ai primi anni Duemila.

Accanto a queste preziose ed eterogenee immagini provenienti dall’archivio ghezziano, il film include anche scene tratte da diversi archivi internazionali ed estratti dai film di Abel Ferrara, Guy Debord, Aleksandr Sokurov, Bela Tarr, Straub & Huillet, Hans-Jürgen Syberberg, Kōji Wakamatsu, Sergej Paradžanov, Otar Iosseliani, Bernardo Bertolucci, Carmelo Bene e Federico Fellini.

Il film, prodotto da Matango con Rai Cinema e Luce Cinecittà e Minerva Pictures Group, è stato realizzato dallo stesso Enrico Ghezzi assieme ad Alessandro Gagliardo. Prima del suo arrivo nelle sale l’8 maggio, “Gli ultimi giorni dell’umanità” aprirà, in concorso, UnArchive Found Footage Fest il 3 maggio a Roma.

Un viaggio attraverso il tempo e lo sguardo dell’umanità

Gli ultimi giorni dell’umanità” rappresenta un viaggio affascinante e complesso attraverso il tempo e lo sguardo dell’umanità. Il film esplora il ruolo del cinema e della macchina da presa nella storia e nella vita quotidiana, offrendo una riflessione profonda sul significato dell’essere umano e sulle sue relazioni con il mondo che lo circonda.

Nel film i protagonisti si confrontano con la propria immagine riflessa in una bolla d’acqua, mentre viaggiano attraverso i tragitti dei piroscafi a mare aperto, esperendo carezze e affetti. La macchina da presa, allo specchio, registra incertamente la propria cattura dentro quella corta, troppo corta, unità di tempo. Ma quello che emerge è che non c’è una durata. Tutto quello che toccano diventa tempo, diventa azione, attesa e speranza.

Il film si compone di frammento di frammenti, unendo immagini provenienti da diversi archivi e film in un mosaico che sfida le convenzioni e che cerca di compiere un gesto che sfugga la malinconia e la giochi in un movimento addirittura impossibile. Il teatro di Marte di Kraus non ha ancora aperto, ma il dramma dell’umanità si svolge già, e questo dramma non può avere altro spettatore che l’umanità stessa.

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