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Danny Boyle presenta a Roma il sequel di 28 giorni dopo: un film tra orrore e riflessioni sociali

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Il regista britannico Danny Boyle è recentemente giunto a Roma per svelare il suo attesissimo sequel, intitolato “28 anni dopo“, un’opera che si colloca a distanza di anni dal primo capitolo della saga. Durante la conferenza stampa, Boyle ha condiviso dettagli sul film, le sue tematiche e le ispirazioni che hanno guidato la sua realizzazione, rivelando un’opera che affronta questioni attuali con uno sguardo critico.

Un sequel atteso e ambizioso

Danny Boyle ha rivelato che l’idea di un sequel di “28 giorni dopo” è stata discussa con il co-sceneggiatore Alex Garland per anni. “Abbiamo esplorato diverse idee, ma non eravamo mai completamente convinti”, ha spiegato Boyle. La svolta è arrivata quando Garland ha presentato una proposta che ha catturato l’attenzione del regista. “La storia si svolge molti anni dopo gli eventi del primo film, ed è più grande e ambiziosa, affrontando temi contemporanei come la Brexit e i Teletubbies“, ha aggiunto.

Il film si apre con un prologo enigmatico che introduce i Teletubbies, un elemento che, secondo Boyle, acquisterà significato solo alla fine del film. La narrazione si sviluppa in un contesto in cui le isole britanniche sono state messe in quarantena dalla comunità internazionale a causa della diffusione del virus “della rabbia”, un richiamo diretto agli eventi del primo capitolo.

I protagonisti e il loro viaggio

28 anni dopo” segue le vicende di Jamie, interpretato da Aaron Taylor-Johnson, Isla e il giovane Spike, interpretato da Alfie Williams. La storia si concentra sulla comunità in cui vivono, con Spike che si prepara a compiere il suo “battesimo di sangue” uccidendo il suo primo infetto. La trama si evolve quando Jamie e Spike lasciano la loro isola per affrontare la terraferma, dando inizio a un’avventura che si trasforma in un viaggio di crescita e scoperta.

Boyle ha descritto il percorso di Spike come un riflesso delle tensioni sociali contemporanee. “Il suo viaggio inizia seguendo le orme di suo padre e della sua comunità, ma le sue scelte rappresentano un allontanamento dal tradizionalismo e dal nazionalismo degli anni Cinquanta”, ha spiegato il regista. Spike si avventura in un mondo pericoloso, ma anche verso nuove opportunità e progressi.

Tematiche di rabbia e famiglia

Uno dei temi centrali di “28 anni dopo” è la rabbia, che Boyle descrive come un’emozione che ha preso piede nella società moderna. “Nel primo film, la rabbia era occasionale, ma oggi sembra essere l’impostazione di default”, ha osservato. Il regista ha collegato questo fenomeno al nostro rapporto con la tecnologia, che, sebbene ci dia potere, ci allontana dalla realtà, generando frustrazione e rabbia.

Tuttavia, Boyle e Garland hanno voluto andare oltre la mera rappresentazione della rabbia, ponendo l’accento sulla natura delle relazioni familiari. “Volevamo esplorare come le famiglie possano fratturarsi e come possano diventare luoghi di trauma”, ha affermato Boyle, sottolineando l’importanza di questo aspetto emotivo nel film.

Riflessioni sulla pandemia e sull’adattamento

Durante la conferenza, Boyle ha fatto riferimento alle immagini iconiche di Londra deserta nel primo film, che sono state spesso richiamate durante la pandemia di COVID-19. “La nostra esperienza con il virus ha influenzato la nostra percezione del pericolo e ha alimentato la nuova storia”, ha dichiarato. Ha sottolineato come il film esplori il modo in cui i sopravvissuti affrontano i rischi e come gli infetti si siano adattati, sviluppando nuove dinamiche sociali e gerarchie.

I personaggi infetti nel film hanno imparato a cacciare e a lavorare in gruppo, creando veri e propri leader, definiti “Alfa“. Questo aspetto ha portato a interpretazioni del film come una storia di resistenza, ma Boyle ha chiarito di non vedere figure di resistenza nella realtà attuale. Ha espresso fiducia nella BBC, definendola un ente pubblico che cerca di comunicare verità in un mondo complesso e polarizzato.

28 anni dopo” si presenta quindi come un’opera che, pur mantenendo elementi di orrore e tensione, offre spunti di riflessione su tematiche sociali e familiari, rendendola un film attuale e significativo.

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Luigi Gigli

Luigi Gigli

Sono Luigi Gigli, critico d'arte, scenografo e amante del mondo dello spettacolo. Mi appassiona tutto ciò che ruota intorno a gossip, serie TV, film e programmi televisivi. Con il mio background in video editing e scenografia, analizzo e racconto con uno sguardo unico le tendenze e i dietro le quinte di questo affascinante universo.

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