Stefano Chiantini torna sul grande schermo con Come gocce d’acqua, un’opera che affronta il complesso tema dei legami familiari attraverso una narrazione sobria e profonda. Il regista abruzzese, noto per i suoi precedenti lavori come Una madre e Naufragi, continua a esplorare l’animo umano, creando un film che invita alla riflessione e all’emozione. Con una regia caratterizzata da un realismo incisivo e una scrittura attenta, Chiantini ci offre una storia di riconciliazione e trasformazione, in cui il silenzio e l’immagine giocano un ruolo fondamentale.
Un’elegia della rinascita: trama e temi
Come gocce d’acqua, originariamente intitolato Supereroi, si concentra sulla relazione complessa tra Jenny, interpretata da Sara Silvestro, e suo padre Alvaro, interpretato da Edoardo Pesce. Jenny è una giovane promessa del nuoto, mentre Alvaro è un ex nuotatore che ha lasciato la sua famiglia, causando una frattura profonda nei legami affettivi. La storia si sviluppa attorno a un evento drammatico: dopo un tentativo di riavvicinamento con la figlia, Alvaro subisce un aneurisma che lo costringe su una sedia a rotelle, rendendolo vulnerabile e bisognoso di assistenza.
Questo incidente diventa l’occasione per Jenny di prendersi cura del padre e di affrontare il loro passato. La decisione di Jenny di trasferirsi da lui rappresenta un passo verso la riconciliazione, trasformando un momento di crisi in un’opportunità di guarigione. Chiantini, che ha scritto anche la sceneggiatura, riesce a tratteggiare personaggi complessi e umani, utilizzando il silenzio e i non detti per esprimere le emozioni più profonde. La narrazione si muove tra il trauma e la possibilità di rinascita, mantenendo un equilibrio delicato tra realismo e poesia.
La forza delle interpretazioni
Le performance degli * attori* sono uno degli elementi chiave di Come gocce d’acqua. Edoardo Pesce offre una rappresentazione intensa e misurata di Alvaro, un personaggio che affronta la malattia con dignità e senza cercare una facile redenzione. La sua interpretazione riesce a trasmettere la fragilità e la complessità del suo ruolo, rendendo Alvaro un personaggio credibile e profondo.
Sara Silvestro, alla sua prima esperienza cinematografica, si distingue per la sua capacità di incarnare Jenny, una giovane donna determinata a prendersi cura del padre nonostante le difficoltà. La sua interpretazione è caratterizzata da una gestualità trattenuta e da uno sguardo che oscilla tra rabbia e compassione, rendendo il personaggio autentico e stratificato. Barbara Chichiarelli, nei panni della madre Margherita, arricchisce ulteriormente il cast con una performance ricca di sfumature, evitando i cliché e conferendo alla sua presenza un significato profondo.
La regia e la fotografia: uno stile sobrio e realistico
La regia di Stefano Chiantini si distingue per il suo approccio sobrio e realistico. Utilizzando tecniche come la camera a spalla e piani fissi, il regista riesce a mantenere una distanza emotiva dai personaggi, permettendo allo spettatore di immergersi nella loro quotidianità. La fotografia di Gianluca Rocco Palma gioca un ruolo cruciale, con paesaggi marittimi dalle atmosfere malinconiche e una luce naturale che enfatizza i silenzi e i vuoti della vita reale.
Come gocce d’acqua si presenta come un racconto di fragilità e fratture, ma anche di possibilità di ricucire i rapporti. La narrazione acquatica, in cui i protagonisti spesso si trovano in apnea, simboleggia la trasformazione e la purificazione che accompagnano il loro percorso di guarigione. Con una scrittura che si adagia nelle zone d’ombra della vita, Chiantini riesce a creare un’opera di rara grazia, capace di toccare le corde più profonde dell’animo umano.
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