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Allen vs Farrow: le rivelazioni scioccanti della docuserie della HBO

Variety ha individuato dieci rivelazioni scioccanti emerse dalla docuserie dal titolo “Allen v. Farrow”, divisa in quattro parti.

Allen v. Farrow: uno scandalo controverso

Allen v. Farrow

 

Woody Allen ha ormai 85 anni, e nel corso della sua vita ha costantemente negato ogni tipo di accusa relativa a possibili abusi sessuali e comportamenti inopportuni nei confronti della figlia ormai trentacinquenne Dylan Farrow, adottata insieme a Mia.

La serie della HBO “Allen v. Farrow”, divisa in quattro puntate, realizza un’analisi dello scandalo scoppiato nel 1992, quando il regista e attore fu accusato di aver abusato sessualmente della figlia di 7 anni.

Allen ha costantemente negato tutte le accuse di abusi sessuali e comportamenti inappropriati che coinvolgono la figlia adottiva, Dylan Farrow, che ora ha 35 anni.

Kirby Dick, Amy Ziering e Amy Herdy, registi di “Allen v. Farrow” hanno esaminato 60 scatole di fascicoli archiviati nell’ufficio di un avvocato dagli anni ’90. Sono state inoltre ritrovate numerose riprese di Mia Farrow tra cui quella di Dylan che racconta il suo presunto abuso. La prospettiva di Allen sugli eventi è presentata attraverso la sua narrazione in audiolibro del suo libro di memorie del 2020 “Apropos of Nothing”. Naturalmente, il regista non ha partecipato alla serie.

La genesi della battaglia legale e i risvolti

Allen v. Farrow HBO

La battaglia tra le due parti iniziò il 5 agosto del 1992, quando Mia Farrow venne a sapere proprio da Dylan che era stata aggredita sessualmente da suo padre nell’attico della loro casa nel Connecticut. Da quel momento sono partite le indagini in Connecticut e New York. All’inizio di quell’anno, inoltre, la famiglia Farrow era rimasta scioccata dalla scoperta che Allen aveva una relazione con la figlia adottiva Soon-Yi Previn, ai tempi matricola del college e divenuta moglie del regista nel 1997.

Mentre le indagini sulle molestie erano in corso, Woody Allen fece causa a Mia Farrow per la custodia di Dylan e degli altri due figli, Ronan e Moses. Nel 2014, Dylan ha detto la sua pubblicamente per la prima volta con una lettera aperta che ha pubblicato sul blog del New York Times di Nicholas Kristoff.

I quattro episodi raccolti in “Allen v. Farrow” denunciano quanto gli eventi del 1992 siano stati devastanti per Dylan e l’intera famiglia Farrow.

Allen e Soon-Yi Previn, da parte loro, hanno definito la serie “scadente”.

Ciò che emerge dalla docuserie

Allen v. Farrow Dylan

Prima delle pubbliche accuse di abuso sessuale nei confronti di Dylan, il comportamento di Allen aveva lasciato perplessa l’amica di lunga data di Mia, Casey Pascal, che ricorda con disagio il rapporto dell’uomo con la bambina quando questa aveva solo 2 anni. Ronan Farrow, inoltre, rammenta che Dylan sembrava aver paura del padre. “All’epoca mi parlava: ‘Non voglio stare con papà. Possiamo continuare a giocare?”

L’estrema quantità di attenzione che Allen dedicava a Dylan divenne una fonte di stress per la famiglia intera.

Dylan Farrow descrive i ricordi inquietanti del tempo trascorso da sola con il padre, quando a letto insieme indossavano solo mutande. Mia Farrow sostiene che a volte trovava Allen inginocchiato di fronte a Dylan con la testa in grembo. L’attrice ricorda inoltre di aver ricevuto una chiamata da un noto psicologo che le disse di aver osservato Allen interagire in pubblico con Dylan. Lo psicologo voleva avvertire la Farrow che qualcosa non andava. Dopo di che, Allen ha accettato di vedere un terapista.

Il lavoro degli investigatori è stato duramente criticato dagli esperti di abusi sui minori nel documentario come estremamente invasivo e inquietante per una bambina di 7 anni, basti pensare che la piccola Dylan è stata intervistata in nove diverse occasioni. Quando la piccola è stata esaminata dallo YaleNew Haven Hospital Child Sex Abuse Clinic fu determinato che non avesse subito violenze. Prontamente Leslee Dart, pr di Allen, mandò il report a tutte le redazioni dei giornali con l’imposizione di pubblicare la notizia. La pr, a detta di Ronan Farrow giornalista e conduttore per Nbc News, avrebbe dunque ottenuto la pubblicazione dell’esame effettuato su Dylan consentendo a Woody Allen di confermare la sua versione dei fatti.

Carly Simon, amica di una vita di Farrow, ha sottolineato quanto a poco a poco Woody Allen abbia eroso l’autostima di Mia. “Non gli piaceva che Mia vedesse i suoi amici. Voleva solo isolarla”.

La Farrow ricorda di essere stata nell’appartamento di Allen e di aver trovato delle foto Polaroid X-rated di Soon-Yi che Allen aveva scattato. Ricordava di essere stata così sbalordita da non riuscire a respirare: “Immagini davvero, davvero volgari”.

Ronan Farrow, che divenne un pilastro del movimento #MeToo come giornalista investigativo il cui lavoro per il New Yorker ha aiutato a sconfiggere Harvey Weinstein e ha portato in esilio Leslie Moonves, un tempo potente capo della CBS, ammette di aver cercato di impedire a Dylan di pubblicare la sua verità nel 2014 per evitarle il dolore di vivere tutta la sua vita all’ombra di questa cosa successa quando lei era una bambina.

Allen v. Farrow: un sistema legale che non tutela i bambini

“Allen v. Farrow” evidenzia le carenze del sistema legale e dell’infrastruttura dei servizi sociali progettati per proteggere i bambini che affrontano l’orrore delle accuse di abusi e dei genitori in guerra. Rende anche chiaro come la ricchezza e la fama di Allen nella sua città natale abbiano aiutato rapidamente a isolare il regista da accuse sordide e inquietanti a un livello che è sorprendente se visto attraverso una lente post-MeToo.

Uno dei momenti più intensi della docuserie è nella puntata finale che include filmati di un recente incontro tra Dylan e Frank Maco, il pubblico ministero del Connecticut che ha preso la fatidica decisione di non sporgere denuncia contro Allen, nonostante i suoi sentimenti, per evitare a Dylan il dolore di dover testimoniare in tribunale. In una conversazione in lacrime catturata nell’autunno del 2020, Dylan esprime il suo apprezzamento a Maco per averle risparmiato “il circo” di un processo che sicuramente l’avrebbe devastata ancor di più.

Lorenzo Buellis

22/02/202

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