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Il sequel di 28 giorni dopo: un viaggio profondo tra famiglia, morte e Brexit

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Il nuovo film “28 anni dopo” rappresenta un attesissimo ritorno nel panorama cinematografico, portando sul grande schermo una narrazione che si fa portavoce di temi complessi e attuali. A distanza di oltre due decenni dal cult del 2002, il regista Danny Boyle, insieme allo sceneggiatore Alex Garland, riesce a creare un sequel che non solo intrattiene, ma invita anche a riflettere su questioni fondamentali come la famiglia, la morte e le conseguenze della Brexit.

La rinascita di un cult del genere post-apocalittico

Nel 2002, “28 giorni dopo” ha rivoluzionato il genere post-apocalittico, introducendo una nuova visione degli zombie, caratterizzati da una ferocia e una velocità inedite. Questo film ha segnato un punto di svolta, trasformando il modo in cui il pubblico percepiva le pellicole di questo genere. Con l’annuncio di un sequel, molti fan temevano che si trattasse di un tentativo di sfruttare un’idea innovativa per fini commerciali. Tuttavia, “28 anni dopo” si rivela un’opera ispirata, capace di approfondire i temi già esplorati nel primo film, arricchendoli con nuove prospettive e una scrittura più matura.

Il film si colloca in un contesto di quarantena che dura da quasi trent’anni nel Regno Unito, dove una mutazione del virus della rabbia ha portato a un collasso della civiltà. La storia segue Jamie e Spike, un padre e un figlio che vivono in una comunità isolata, lontana dalla tecnologia e dalle comodità moderne. Jamie, desideroso di preparare il figlio a un mondo ostile, decide di portarlo oltre l’isola per mostrargli la realtà che li circonda, un viaggio che si rivelerà cruciale per entrambi.

Un viaggio di formazione tra fragilità e resilienza

Il film non si limita a esplorare la lotta contro gli infetti, ma si addentra anche nelle dinamiche familiari e nelle fragilità degli adulti. Jamie, mentre affronta il pericolo rappresentato dagli infetti, deve anche confrontarsi con la malattia della madre, Isla, che lo costringe a riflettere sulla complessità delle relazioni familiari. Isla diventa una figura centrale nella narrazione, poiché il viaggio di Jamie non è solo fisico, ma anche emotivo, portandolo a comprendere le sfide e le sofferenze che gli adulti affrontano.

La sceneggiatura di Alex Garland si distingue per la sua capacità di affrontare temi profondi e attuali, trasformando un classico viaggio di formazione in una riflessione intensa sulla vita e sulla morte. Il film invita a considerare come le esperienze e le azioni di una persona possano definire la sua esistenza, piuttosto che il semplice fatto di essere vivi. La frase “Memento mori, Memento amoris“, pronunciata da un personaggio chiave, sottolinea l’importanza di vivere pienamente e di amare, anche in un contesto di crisi.

Riflessioni sulla Brexit in un contesto distopico

28 anni dopo” non si limita a esplorare la dimensione personale dei suoi personaggi, ma si collega anche a tematiche sociali e politiche contemporanee. La Brexit, con le sue conseguenze drammatiche, viene reinterpretata in chiave post-apocalittica, evidenziando l’isolamento del Regno Unito non solo dal punto di vista commerciale, ma anche nelle relazioni umane. Questo isolamento diventa una metafora potente della condizione attuale, in cui una nazione si trova a fronteggiare una crisi mentre il resto del mondo continua a muoversi.

Il film riesce a trasmettere un messaggio chiaro: l’isolamento e la divisione sociale possono portare a una società più chiusa e vulnerabile. La lotta per la sopravvivenza in un contesto di emergenza sanitaria riflette le sfide che il Regno Unito ha affrontato negli ultimi anni, rendendo la narrazione ancora più attuale e significativa.

La regia di Danny Boyle: uno stile inconfondibile

La regia di Danny Boyle si distingue per la sua capacità di mescolare momenti di tensione e riflessione. Con il suo stile visivo caratterizzato da immagini dinamiche e un uso innovativo della camera, Boyle riesce a coinvolgere lo spettatore in un’esperienza cinematografica intensa. In “28 anni dopo“, il regista non si limita a utilizzare la sua consueta tecnica di ripresa, ma si concede anche momenti di introspezione visiva, creando immagini di grande impatto emotivo.

La componente splatter, presente nel film, non è fine a sé stessa, ma serve a trasmettere l’orrore e la brutalità di un mondo in cui la vita è costantemente minacciata. Boyle utilizza questi elementi per coinvolgere il pubblico, rendendo l’orrore parte integrante della narrazione, un mezzo per esplorare le profondità dell’animo umano e le sue reazioni di fronte alla crisi.

28 anni dopo” si presenta quindi come un’opera complessa e stratificata, capace di intrattenere e far riflettere, un sequel che riesce a mantenere viva l’eredità del suo predecessore, portando avanti un discorso profondo e attuale.

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Lori Menea

Lori Menea

Sono Lori Menea, attrice amatoriale e laureata presso l'Accademia di Belle Arti. Amo la musica classica e il mondo dello spettacolo, esplorando gossip, serie TV, film e programmi televisivi con passione e creatività.

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