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28 anni dopo: Danny Boyle e Alex Garland riconfermano il loro stile in un sequel inaspettato

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Il nuovo film “28 anni dopo”, diretto da Danny Boyle e co-sceneggiato da Alex Garland, riporta gli spettatori in un mondo post-apocalittico che ha catturato l’immaginazione del pubblico oltre due decenni fa. Questo sequel, che si distacca dal suo predecessore “28 giorni dopo”, offre una visione audace e provocatoria, sfidando le aspettative dei fan e i canoni del genere. La pellicola si presenta come un’opera controversa, in grado di suscitare reazioni contrastanti tra critici e spettatori.

Un inizio scioccante e provocatorio

“28 anni dopo” si apre con un prologo intenso e scioccante, che ricorda il celebre inizio di “Alba dei morti viventi” di Zack Snyder. Questo segmento iniziale, caratterizzato da immagini inquietanti e riferimenti ai Teletubbies, crea un’atmosfera di tensione e inquietudine. La narrazione si sposta poi in una piccola isola al largo delle coste inglesi del nord-est, dove un gruppo di sopravvissuti cerca di ricostruire una vita normale. Qui, il giovane Spike e suo padre si preparano per un rito di passaggio che segna l’ingresso del ragazzo nell’età adulta, armati di arco e frecce per affrontare il loro primo infetto.

Questa parte del film non è solo un’introduzione alla storia, ma anche una riflessione sulle dinamiche sociali contemporanee, con Boyle che affronta temi come l’isolazionismo e il nazionalismo attraverso simbolismi e immagini d’archivio. La scelta di rappresentare i “buoni” come metafora di un conservatorismo cupo e isolazionista è un chiaro richiamo alle attualità politiche, rendendo il film non solo un’opera di intrattenimento, ma anche un commento sociale.

Una narrazione inaspettata e sperimentale

Dopo un inizio promettente, la trama di “28 anni dopo” prende una piega inaspettata. Spike, dopo aver assistito a eventi che lo segnano profondamente, decide di abbandonare l’isola insieme a sua madre malata, intraprendendo un viaggio che li porterà in territori sconosciuti e pericolosi. Questa scelta narrativa introduce elementi di sorpresa e tensione, portando il pubblico a esplorare un mondo che sfida le convenzioni del genere horror.

Danny Boyle adotta un approccio visivo audace, utilizzando il formato 2,76:1 per creare un’esperienza cinematografica immersiva. La sua regia sperimentale si discosta dalle scelte stilistiche di “28 giorni dopo”, presentando un mix di inquadrature grandiose e momenti di brutalità visiva. La narrazione si arricchisce di colpi di scena e personaggi improbabili, come un soldato e un dottore, che contribuiscono a mantenere alta l’attenzione dello spettatore.

Un contrasto con il precedente

“28 anni dopo” si distingue nettamente dal suo predecessore, “28 giorni dopo”, che era caratterizzato da un ritmo serrato e una narrazione lineare. In questo sequel, Boyle e Garland si prendono delle libertà creative, presentando un’opera più complessa e stratificata. I nuovi infetti, definiti “bassi-lenti”, rappresentano un cambiamento radicale rispetto all’immagine tradizionale degli zombie, sfidando le aspettative e proponendo una riflessione sul concetto di minaccia.

Questa evoluzione nella rappresentazione degli infetti è emblematicamente rappresentativa del cambiamento di tono e di stile del film. Mentre “28 giorni dopo” ridefiniva il genere horror con la sua visione frenetica e claustrofobica, “28 anni dopo” si propone come un’opera più contemplativa, che invita a riflettere su temi più ampi e complessi.

Un’opera da scoprire

Il film “28 anni dopo” di Danny Boyle e Alex Garland si presenta come un’opera audace e provocatoria, capace di sfidare le convenzioni del genere horror e di offrire una riflessione profonda su temi attuali. Con una narrazione che si evolve in modi inaspettati e un approccio visivo sperimentale, il film invita gli spettatori a esplorare un mondo post-apocalittico ricco di significato e simbolismo. La pellicola, pur non essendo priva di difetti, merita di essere vista e discussa, poiché rappresenta un tentativo coraggioso di andare oltre le aspettative e di offrire qualcosa di nuovo e stimolante.

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Fede Petrini

Fede Petrini

Sono Fede Petrini, laureato in lingue e amante del mondo dello spettacolo. Mi appassionano gossip, programmi TV, cinema e serie TV, che esploro con entusiasmo e curiosità.

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