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Users, la denuncia di un uso improprio dei social

Duilio Scalici torna alla regia dopo il successo di “Enfer” (2020), presentato al Raindance in Inghilterra nella selezione di cortometraggi internazionali e generalmente acclamato come prima prova registica di un artista noto, fino a quest’anno, soprattutto per le sue collaborazioni con musicisti di primo piano nella scena del pop italiano.

Users: una storia di consumi

Users

Il tema della sua opera precedente, quello della perdizione, della “storia d’amore tra il Diavolo e il Mondo”, per come descritto spesso nelle sinossi ufficiali, torna in un certo senso nella sua seconda prova, “Users”, un mini-corto che si pone in primo luogo come denuncia dell’uso improprio dei social media da parte degli adolescenti. Lasciati soli di fronte a una realtà indecifrabile, i ragazzi rimangono smarriti e gli esiti sulle vite loro e dei loro prossimi possono essere devastanti.

Due sorelle divise

Due sorelle condividono la scena: una di loro gioca con una bambola, mentre l’altra si perde nel mondo virtuale del suo telefono. L’intuizione fondamentale dietro questa piccola opera, che (volendole attribuire un genere) è probabilmente soprattutto uno slasher (dove è però impossibile simpatizzare con la final girl, che assomiglia piuttosto a un Michael Myers pre-adolescente), è che l’infatuazione per la via di fuga rappresentata dal piccolo schermo che teniamo tra le mani possa essere più forte, più primordiale (la scena asettica suggerisce l’immagine di una vita ancora non vissuta), dell’amore fraterno.

Dominano le tinte fredde, graffiate dal rosso improbabile di un’esistenza venduta all’etto, dove sola nell’indifferenza resta la bambola, simbolo di uno spirito tramontato. E nell’atto originario, nella presentazione del dono mefistofelico, ravvediamo la stessa cura per l’immagine che ha guidato Sean Byrne nella meravigliosa scena del whisky in “The Devil’s Candy” (2015). Peccato che qui il Jesse di turno non abbia rifiutato.

Una prova promettente

Restiamo in attesa dei prossimi esiti di Scalici, fiduciosi che si stia svegliando, nel panorama cinematografico nostrano, una voce degna di interesse. Speriamo che, nell’immediato futuro, la sua limpidissima narrazione visiva, fatta di una fotografia calcolata e geometrica, sappia conciliarsi con una maggiore urgenza emotiva – che, insomma, la denuncia lasci il posto al dramma. Ce n’è bisogno.

Lorenzo Maselli

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