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“The Last Kingdom”, tutto quello che c’è da sapere su serie tv e film

The Last Kingdom” è giunto alla fine. La serie tv, di cinque stagioni tutte ben costruite, con il film “The Last Kingdom: sette re devono morire” porta a compimento il destino di Uhtred di Bebbanburg. Qualsiasi esso sia. Fra le certezze della vita del protagonista, infatti, ce n’è una incrollabile: “Il fato governa ogni cosa”.

Un guerriero che nasce sassone, ma cresce danese. Fedele solo ai propri principi e agli ideali che la sua vita sofferta gli ha insegnato. Questo è Uhtred figlio di Uhtred, un uomo rimasto sempre ancorato alle proprie origini e con un unico sogno: riconquistare Bebbanburg, il regno che gli è sempre spettato per diritto di nascita, al quale tende ma che sembra sempre troppo distante.

“The Last Kingdom”, una storia di lealtà e giustizia

“The Last Kingdom” è giunta alla sua quinta stagione, e se non conoscessimo la trama del film (sua degnissima conclusione), potrebbe anche non essere l’ultima. Una costante è la presenza del protagonista, Uhtred (Alexander Dreymon), che rimane leale alle persone a cui vuole bene e agli ideali in cui crede. 

Quando la diversità è un punto di forza

Un rapporto sicuramente molto intenso è quello che lo lega a re Alfred (David Dowson). Il sovrano del Wessex, che sogna un’Inghilterra unita, è l’esatto opposto del valoroso guerriero di cui si fida nonostante le differenze e le visioni spesso in contrasto. Entrambi riconoscono il valore dell’altro e ne apprezzano la lealtà. Una lealtà alla quale Uhtred non viene mai meno – anche se a volte le vicissitudini possano indurre a pensare il contrario – e che permetterà di suggellare un rapporto che va ben oltre la morte.

Anche il rapporto con Brida (Emily Cox), prima amante poi nemica (ma comunque sempre amata), è un rapporto intimo e che sta in piedi anche se scelte e strade diverse lo mettono a dura prova. Simile è quello con il fratello danese, Ragnar (Tobias Santelmann). Un legame sofferto, reso difficile dalla non totale comprensione dei motivi per i quali Uhtred sceglie di essere fedele ai sassoni, ma che non si spezza mai: nemmeno quando ci si trova rivali in battaglia.

E forse ancora più profondo è il legame che il protagonista riesce a istaurare con i cristiani. Padre Beocca(Ian Hart) prima, e padre Pyrling (Cavan Clerking) dopo, in modo diverso lo accompagnano in una evoluzione costante. Lo fa anche Hild, una donna dalla fede incrollabile e che sceglie Dio come suo unico amore. È lei che decide di combattere al suo fianco, perché scorge la bontà d’animo dell’uomo, prima che del guerriero.

Un uomo diviso a metà, legato ai sassoni e ai danesi quasi allo stesso modo, che decide di fare l’unica cosa possibile: essere coerente con sé stesso, indipendentemente dal fatto che questo possa non essere immediatamente compreso da tutti. 

Uhtred, un uomo diviso in due ma risolto grazie all’amore

La sintesi di quanto Uhtred, protagonista indiscusso di “The Last Kigdom” ma che non potrebbe esistere senza la rete di legami che la trama sembra cucirgli addosso su misura, sia diviso in due ma con una chiara via da seguire sono i suoi due figli, nati dall’amore per Gisela (Peri Baumeister).

Da una parte c’è Stiorra (Ruby Hartley), ribelle e coraggiosa, una combattente a 360 gradi, che sembra aver preso tutto dal padre; dall’altra c’è Oswald (finn Elliot) che cresce con dei forti valori cristiani e che spinge Uhtred a confrontarsi con qualcosa di apparentemente molto distante da sé.

Non di poco conto sarà anche il terzo figlio, per il quale l’amata Gisela morirà durante il parto. Il suo nome è Osbert. Figli agli antipodi, ma che riescono ad amare il padre profondamente, perché è l’amore il vero collante (e non ci sono appartenenze territoriali o credenze religiose che tengano).

Lo dimostra forse l’ultimo legame sentimentale che il protagonista instaura con Aethelflaed (Millie Brady), la primogenita di re Alfred. Una sassone per eccellenza, una combattente che rinuncia a tutto per la sua terra, la Mercia, e il suo popolo. Un rapporto che cresce piano piano, paziente e che muta al momento giusto. Un amore che supera tutte le differenze e dimostra, in ultima analisi, quanto non importa da dove si venga ma chi si scelga di essere. 

“The Last Kingdom”, il film

The Last Kingdom: sette re devono morire” è l’unica conclusione che ci si può aspettare per rendere omaggio a una storia che ha permesso agli appassionati di rimanere incollati allo schermo dal primo episodio all’ultimo, e oltre. 

La saga, che prende spunto dai romanzi “Le storie dei re sassoni” di Bernard Cornwell, giunge a compimento, senza dare nulla per scontato. In questo caso sono gli irlandesi i protagonisti insieme a Uhtred di Bebbanburg. La morte di re Edward, figlio di Alfred e sovrano dei sassoni, destabilizza una serie di equilibri precari che avevano permesso di mantenere la pace. 

Un’ultima battaglia permetterà di chiudere i conti, in un finale che mette ancora una volta in luce quali siano gli aspetti veramente importanti della vita. Dai legami indissolubili, come quelli degli amici di una vita e compagni di spada, a quelli inaspettati e che dimostrano quanto la lealtà sia alla base di tutto.

La trama è avvincente e non perde il quid che ha accompagnato la serie tv. Forse il fatto di essere abituati ai tempi dilatati delle stagioni, lascia scontenti rispetto a una velocità di narrazione che è tipica dei film. Il finale, però, ripaga dell’attesa degli ultimi anni. E chissà che non ci siano un sequel o un prequel che pongano l’attenzione su altri spunti di riflessione. Perché i piani di lettura sono diversi, e tutti validi. 

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