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Strappare lungo i bordi – Recensione serie tv

Rilasciata su Netflix dal 17 novembre 2021, dopo l’anteprima alla Festa del Cinema di Roma delle prime due puntate, la mini-serie “Strappare lungo i bordi”, ultima fatica del ‘Bardo di Rebibbia’ Zerocalcare.

Strappare lungo i bordi: serie d’animazione che i fans di Zerocalcare ameranno

strappare lungo i bordi foto

Chi conosce la ormai decennale carriera dell’artista romano (anche se nato ad Arezzo, vabbè, no body is perfect), la graphic novel d’esordio ‘La Profezia dell’Armadillo’ è infatti del 2011, ritroverà le atmosfere, i dialoghi, gli esilaranti ‘impicci mentali’ del protagonista, di cui ridiamo tutti noi affezionati lettori, ahimè a denti stretti, riconoscendoci almeno in parte nelle paranoie del nostro eroe.

Zerocalcare applica anche a questo prodotto le stesse fortunate modalità narrative che adotta abitualmente nelle sue opere su carta: una trama orizzontale, in questo caso un viaggio, da cui però far dipartire tante brevi e irresistibili sottotrame verticali, dove l’alter ego dell’autore è libero di riversare tutte le sue incredibili fissazioni. Non è la prima volta che l’artista si cimenta con l’animazione, ricordiamo con piacere la serie ‘Rebibbia Quarantine’, trasmessa lo scorso anno durante le puntate di ‘Propaganda Live’ su La7, con cui il nostro ci ha allietato nei periodi più bui della quarantena.

Strappare lungo i bordi: animazione on the road

Nella serie ritroviamo Zero, Sarah e Secco in procinto di intraprendere una misteriosa missione che li porterà lontano da Rebibbia, che rappresenta insieme il luogo di casa e degli affetti più cari, ma anche quello di una formazione spietata subita fin dall’infanzia, una sorta di selezione naturale che l’autore nelle sue opere paragona a una catena alimentare, della quale lui e i suoi amici occupano loro malgrado il gradino più basso. Solo una ferrea disciplina, unita a una robusta dose di autoironia, ha garantito (finora) la sopravvivenza: “Se sei il primo a prenderti in giro, gli altri non banchetteranno con te”.

Michele Rech, il prototipo umano di Zero, oltre a doppiare se stesso presta la voce anche agli altri personaggi. È l’autore che narra la storia, perciò è con la sua voce che viene enunciata; come quando raccontiamo un fatto a un amico, con la nostra stessa voce raccontiamo ciò che hanno detto altri. Unica eccezione alla regola è Valerio Mastandrea, che dà voce alla coscienza del nostro eroe, ‘impersonificata’ dal noto Armadillo.

È la familiarità, il pescare dai ricordi d’infanzia e della giovinezza, insomma degli anni della formazione, per esorcizzare con ironia le proprie insicurezze, la formula vincente dell’opera di Zerocalcare, formula che riprende immutata anche in questo nuovo progetto animato. Come è noto per chi ha letto le sue opere, e come viene ricordato in uno dei primi ricordi citati nella nuova serie, la sua carriera di disegnatore cominciò con un fumetto disegnato per descrivere i fatti del G8 di Genova del 2001, vero evento spartiacque della vita di Michele/Zero, cui il diciassettenne nostro eroe aveva partecipato dotato di vistosa (e orripilante a suo stesso dire) cresta rossa, beccandosi forse proprio per questo le botte da parte delle Guardie Forestali (sic). Oltre questo di Genova, senza spoilerare troppo sugli aneddoti di cui sono infarcite le sottotrame degli episodi, raccomandiamo agli spettatori quella sulla teoria tutta maschile della superiore pulizia dei bagni delle donne rispetto a quelli degli uomini.

Giusto equilibrio tra animazione e musica

Un’altra caratteristica dei fumetti di Zerocalcare è che sono fumetti fatti per essere ascoltati: spessissimo infatti l’autore accanto alle vignette scrive i testi di brani musicali da associare alla scena disegnata. Finalmente nel prodotto televisivo possiamo apprezzare ‘in presa diretta’ le canzoni scelte, un plauso infine a Giancane, autore delle belle musiche originali.

La serie, di sei puntate di circa 15 minuti ognuna, come detto  disponibile su Netflix dal  17 novembre, è caratterizzata da episodi dalla trama serrata, dal ritmo frenetico e travolgente, da vedere e rivedere, soprattutto per apprezzare col fermo immagine tutti i particolari disseminati lungo ogni frame. Cartelli stradali, fogli attaccati al muro, schermi di telefonini, televisori, ogni rettangolino sullo schermo è una potenziale finestra da cui l’autore si affaccia strizzandoci l’occhiolino per inviarci un messaggio supplementare.

Buona visione a tutti!

Daniele Battistoni

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