La pièce teatrale ‘Storie bastarde. Storie di periferie d’altri tempi’ torna a Roma, al Teatro Cometa Off, dal 8 all’11 maggio. Questo adattamento del libro di Davide Desario offre uno spaccato della vita quotidiana nelle periferie italiane, mettendo in risalto le esperienze delle persone comuni, lontane dagli stereotipi legati alla malavita. Con la regia di Ariele Vincenti e l’interpretazione di Fabio Avaro, lo spettacolo si propone di raccontare una realtà complessa, dove la speranza e la lotta per l’emancipazione si intrecciano con la delinquenza.
Un racconto di vita quotidiana
‘Storie bastarde’ si distingue per la sua narrazione che si concentra sulle esperienze delle persone comuni, piuttosto che sui temi di criminalità e violenza che spesso caratterizzano le rappresentazioni delle periferie. Ambientato a Ostia, una delle zone più estreme di Roma, lo spettacolo esplora le vite di chi vive ai margini, mettendo in luce le sfide quotidiane e le aspirazioni di chi si trova a fronteggiare una realtà difficile. La scelta di raccontare storie di vita quotidiana, come quella della signora con le buste della spesa o del portiere, offre una nuova prospettiva rispetto ai racconti più convenzionali che tendono a enfatizzare la criminalità.
Fabio Avaro, che interpreta uno dei ruoli principali, sottolinea come la pièce si discosti dalle narrazioni prevalenti nei media, dove il male e la delinquenza sono spesso al centro della scena. In ‘Storie bastarde’, invece, l’attenzione è rivolta a chi vive e lotta per una vita migliore, rendendo protagonisti coloro che solitamente restano sullo sfondo. Questo approccio offre una visione più sfumata e umana delle periferie, invitando il pubblico a riflettere sulle storie di chi vive in queste realtà.
La regia di Ariele Vincenti
La regia di Ariele Vincenti gioca un ruolo fondamentale nel successo della pièce. Avaro descrive la direzione come “ferrea”, ma non in senso negativo; piuttosto, evidenzia come questa struttura rigorosa abbia permesso di creare un’opera teatrale di grande impatto. La regia ha saputo incanalare l’improvvisazione dell’attore, trasformando la performance in un racconto fluido e coinvolgente. Avaro si sente come se stesse guidando il pubblico attraverso le strade di Ostia, raccontando storie di bambini e adolescenti che crescono in un contesto difficile.
La scelta di mantenere la stessa impostazione della messa in scena precedente, avvenuta a novembre, ha permesso di affinare ulteriormente il messaggio e la forma dello spettacolo. La struttura quasi “ad orologeria” della regia ha contribuito a creare un’esperienza immersiva, in cui il pubblico può sentirsi parte della narrazione e delle emozioni dei personaggi.
Riflessioni sul cambiamento generazionale
Avaro si sofferma anche sulle differenze tra le generazioni passate e quelle attuali. Secondo lui, i ragazzi di oggi vivono in un contesto molto diverso, caratterizzato da una forte dipendenza dalla tecnologia e da una realtà virtuale che può distorcere la percezione del mondo reale. Negli anni passati, il rischio di cadere in cattive compagnie era una costante per tutti, indipendentemente dal contesto familiare. Oggi, invece, i giovani sembrano avere meno contatto con la realtà e le sue conseguenze.
Questa riflessione porta Avaro a considerare come, in passato, il quartiere e la comunità avessero un ruolo fondamentale nella crescita dei ragazzi. “Il ragazzino te lo cresceva il quartiere”, afferma, evidenziando come le interazioni sociali e le esperienze condivise fossero parte integrante della formazione di un individuo. Oggi, invece, il rischio è che i giovani crescano isolati, immersi in una realtà virtuale che può allontanarli dalle esperienze dirette e dalle relazioni umane.
‘Storie bastarde’ si propone quindi non solo come un’opera teatrale, ma come un’importante riflessione sociale sulle dinamiche della vita di periferia e sulle sfide che i giovani devono affrontare nel mondo contemporaneo.
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