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Recensione seconda stagione “Tenebre e Ossa”: che prezzo ha il potere?

Dopo un esordio ammantato di successo siamo pronti a seguire gli accadimenti del Grishaverse, ispirati alla scrittura di Leigh Bardugo. Assedio e Tempesta, Rovina e Ascesa, la duologia Sei di Corvi e la duologia composta da King of Scars e Rule of Wolves costituiscono la spina dorsale della trama nell’adattamento Netflix, in una convergenza da capogiro. Sebbene fossero alte le aspettative per questa seconda stagione, l’incanto si può dire certamente riuscito.

Indice

“Tenebre e Ossa”: tutte le informazioni

Tenebre e Ossa poster ufficiale

Trama

La maschera di Kirigan è ormai caduta: le nefandezze dell’Eretico Nero sono emerse dall’oscurità della Faglia e tutto il mondo fino ad allora conosciuto è cambiato. Mal ed Alina sono in fuga, alla ricerca di alleati che possano aiutarli a sbarazzarsi della persecuzione di Aleksander, soli e con le ombre alle calcagna.

Rientrati a Ketterdam anche i Corvi trovano un Barile a soqquadro: Pekka Rollins ha usurpato il comando ed ha incastrato Kaz, Inej e Jesper con una falsa accusa di omicidio. Decisi a riconquistare il loro dominio reclutano la Spaccacuori Nina Zenik, che chiede l’aiuto di Kaz per liberare Matthias, e l’esperto di demolizioni Wylan Van Eck.

Presto tuttavia le vicende di Ravka si insinuano nuovamente nelle vite della banda. Mal e Alina si imbattono nel bizzarro equipaggio del celebre corsaro Sturmhond, disposto a supportarli nella ricerca degli amplificatori necessari all’Evocaluce per distruggere la Faglia. Poco dopo i due giovani scoprono di trovarsi al cospetto non di un affarista senza leggi, bensì dell’erede al trono Nikolai Lantsov.

La resistenza al fianco dell’Evocaluce si accresce di giorno in giorno: il supporto della Corona, ormai nelle mani di Nikolai, è corroborato dall’arrivo dei Grisha in fuga da Aleksander in persona. Primo fra tutti David Kostyk, seguito da Genya Safin e dalla stessa Baghra. Tuttavia al primo scontro l’Oscuro si rivela invincibile, con nuovi mostri d’ombra in grado di resistere alla luce ed a qualsiasi arma.

Mentre Mal, Alina e Baghra si mettono sulle tracce dell’ultimo amplificatore Nikolai guida un attacco verso l’esercito dei Grisha al servizio del Generale Kirigan, affiancato dalla sua fedele ciurma e da vecchi amici del Regno. Nel frattempo egli stesso richiede l’aiuto dei Corvi per la ricerca dell’unico mezzo in grado di sconfiggere i Nichevo’ya di Kirigan: la mitica spada dalla lama di luce forgiata da Sankta Neyar.

Vecchi e nuovi destini si intrecciano su una Ravka mutevole ingoiata dalle tenebre: sarà la Luce a prevalere oppure l’Ombra ad avvelenare il Sole?

Crediti

  • Regia: Eric Heisserer
  • Genere: fantasy, azione, drammatico
  • Paese di produzione: Stati Uniti d’America
  • Distribuzione: Netflix
  • Episodi: 16
  • Stagioni: 2
  • Durata episodi: 45-58 min
  • Anno: 2021- in produzione
  • Cast: Jessie Mei Li, Ben Barnes, Freddy Carter, Amita Suman, Kit Young, Archie Renaux, Danielle Calligan, Calahan Skogman, Daisy Head, Jack Wolfe, Patrick Gibson, Sujaya Dasgupta, Zoë Wanamaker, Anna Leong Brophy, Lewis Tan.

Critica

A pochi giorni dalla pubblicazione dei nuovi episodi il successo di Tenebre e Ossa continua ad essere confermato. Le cifre streaming schizzano alle stelle già a poche ore dal rilascio della seconda stagione, e le prime impressioni sul web sono concordi: anche in questo caso l’approvazione è totale. Qualche appunto è stato rivolto al ritmo più lento dei primi tre episodi, ma il giudizio resta univoco e positivo. Insomma, un prodotto all’altezza delle aspettative.

La Recensione

Sturmhond: tra la ricerca identitaria e la libertà

Se da un lato permane l’invettiva rivolta al paradosso dicotomico già sviscerato nell’analisi tematica della prima stagione, il ventaglio delle trattazioni si arricchisce con la comparsa di Sturmhond.

Più che ad un dittico morale che richiami la diade di Dr Jekyll e Mr Hyde, di certo calzante con lo spirito filovittoriano dei romanzi e della serie, la duplice natura di Sturmhond e Nikolai ricorda la specularità di Giano Bifronte. Antica divinità classica dai due volti simmetrici, veniva venerato per la capacità di guardare al contempo al passato ed al futuro.

La necessità di Nikolai di inseguire la propria affermazione identitaria lo porta ad indossare le vesti di un arguto e sagace Sturmhond, svincolato da qualsiasi legge se non quella del giusto. Ed è proprio tale ricerca incessante che lo porta infine a rivedersi nuovamente in Nikolai. Difatti non lo si scambi per un pirata! Egli è un corsaro, autorizzato dal Regno, libero affarista ma mai disonesto, un alter ego dell’integrità che caratterizza il giovane principe.

Si tratta di un’evoluzione dinamica e ciclica, nel pieno stile della dottrina dell’Eterno ritorno che trova spiegazione proprio nell’etimologia del nome di Giano: Ianus, dal latino ire, rappresenta il fato del mondo che va sempre, muovendosi in cerchio e partendo da se stesso a se stesso ritorna. Così Nikolai cercandosi trova se stesso, creando la propria realtà e la propria libertà.

Un nuovo ciclo ha inizio quando è Mal a veder crollare ogni certezza subendo un ratto della propria identità, ed è Nikolai a deporre nelle sue mani la possibilità di ritrovarla passandogli il timone della nave di Sturmhond. Il grande pregio di tale personaggio dunque è la capacità di plasmare un sovrano ideale ed illuminato ma mai separato dalla realtà, in grado di perseguire un alto scopo senza peccare di tracotanza.

Equilibrio e caos: il prezzo del Merzost

Non è Nikolai il solo alla ricerca del proprio essere: la condizione di orfana senza patria di Alina sin dal primo momento pone lo spettatore di fronte al medesimo percorso. Eppure le scelte dell’Evocaluce conducono ad un esito ben diverso.

La caratterizzazione di Alina è indissolubilmente plasmata sulla mutevole entità dell’Oscuro, e trova la massima realizzazione nel sempiterno contrasto di forze opposte che il loro binomio incarna. Tuttavia se nella prima stagione la moralità di Alina, seppur ingannata dall’ombra, resta salda e tenace, in questo nuovo capitolo accoglie qualche dubbio. L’esistenza di un legame tra i due rende ora decisamente più precario l’equilibrio e palpabile il caos.

Il perno del credo del Popolo della Piccola Scienza risiede nel controllo naturale del proprio potere, nell’armonia delle forze del mondo e nelle regole da esso imposte. Il Generale Kirigan sale sulla gogna proprio per aver sfidato tale limite, soccombendo ad una magia impossibile da imbrigliare e condannando Ravka alla separazione ed al crollo.

Scoprendo di essere Grisha Alina si trova a gestire un problema analogo, rivolto in piccolo alla propria individualità: Sankta Alina, l’Evocaluce, un’orfana, una mappatrice. Può tutto questo convivere in uno senza determinarne la disfatta?

Costituire il contrappeso delle Tenebre non garantisce l’integrità di Alina, che finisce per cadere nella stessa tentazione di Aleksander ricorrendo al Merzost. Una scelta questa già presente in diverse trame cinematografiche e letterarie: basti pensare all’Equilibrio della Forza creato e distrutto da Anakin Skywalker, ed alla sua caduta nel Lato Oscuro.

Il tracciato di Alina si allontana sempre più da quello di Sankta e si accosta all’Oscuro: la famelica ricerca degli amplificatori dapprima puramente giustificata dalla necessità di sconfiggere l’Ombra diventa infine personificazione di egoismo e tracotanza, avvelenando il buono della Luce. Questa è la scelta al centro dell’intera stagione: quale prezzo si è disposti a pagare per il potere?

Giudizio e conclusioni

Primo movens dell’intera trama resta la voce tonante del destino: Mal e Alina, Alina e Kirigan, Nikolai, Nina e Matthias, Inej… gomitoli di vita intrecciati che non possono che dipanarsi in un certo modo. Tuttavia in questa stagione si assiste alla disfatta del fato proprio con l’interruzione del legame tra Mal ed Alina e la perdita dello scopo di tale duo.

La narrazione basata sull’adempimento della propria sorte porta ad una forte esaltazione dei personaggi rispetto alla scenografia, più nuda e brulla, ma mai a scapito della fotografia. Diversamente dallo sfarzo vittoriano della prima stagione, in questi nuovi episodi le scene si svolgono spesso tra rovine, accampamenti spogli e distese desertiche.

Se ciò si addice alla descrizione tipica delle steppe russe, allo stesso tempo nel filone dedicato alla banda dei Corvi vengono coinvolti altri scorci: ricchi viali del té della cultura Shu ed ancora i cupi tratti del Barile a Ketterdam, entrambi estremamente curati e dettagliati. Pienamente riuscito, di nuovo, l’intento di rappresentare contrasti ed etnie diverse adattato ad una trama maturata.

D’obbligo accentuare ancora una volta l’attenzione ai costumi, in grado di rispecchiare perfettamente ogni sfaccettatura mostrata. Dalle divise del Primo Esercito alla kefta dei Grisha nulla è lasciato al caso, ed ogni elemento contribuisce a caratterizzare ogni singola branca del miscuglio culturale precedentemente descritto.

La scelta di scrittura di mescolare gli eventi della trilogia Grishaverse e degli altri titoli, azzardata già nella prima stagione, rappresenta per i lettori la collisione di due mondi e per lo spettatore un’organica unificazione della trama. Nonostante in questa seconda stagione compaiano più variazioni rispetto ai romanzi che nella prima, la commistione narrativa risulta efficace ed omogenea, perfettamente plausibile e godibile.

Tra le differenze maggiori certamente si annovera il finale, che nei romanzi innalza Alina ad incarnare l’ideale di Sankta mentre negli episodi apre la questione morale tracciando lo svolgimento di una terza stagione. Ulteriore grossa discrepanza è la storyline dei Corvi, totalmente diversa dallo scritto eppure fondamentale per l’avanzamento della trama nel prodotto Netflix. Sebbene infatti inizialmente appaia più come una sottotrama secondaria, la missione di Kaz, Inej, Nina, Jesper e Wylan diventa risolutiva per l’intera vicenda, acquisendo un ruolo di primo piano.

In fondo è proprio in questi episodi che viene vagliato il passato di alcuni di essi: uno sguardo sulla formazione di Kaz Brekker da fanciullo pieno di speranze a re del Barile, la negazione di Jesper per la propria vera natura e l’epifania finale, la ricerca di Inej della propria famiglia. Tra i pregi di questa seconda stagione si trova certamente la trattazione del personaggio di Kaz, e la magistrale introspezione che ne permette la comprensione.

La scelta più controversa tuttavia è l’alterazione del rapporto di Alina con il Merzost: la scelta di ricorrervi, presente anche nei romanzi, deturpa Alina così come Kirigan. Eppure mentre Aleksander incarna il perfetto Dorian Gray con un Ben Barnes dal volto sfigurato dalla magia come nel ritratto di Wilde, Alina non subisce alcuna conseguenza. La chioma diafana e fulgida, prosciugata dei suoi toni dal Merzost, non compare nell’arco degli episodi, ed anzi il ricorso al proibito sembra fortificare l’Evocaluce, che ne pare compiaciuta.

D’altro canto la licenza di tali cambiamenti viene compensata dall’impiego di dialoghi e scene interamente concretizzate dalla penna della Bardugo, senza variazioni di virgole o punti. La grande capacità di ideatori e sceneggiatori è proprio quella di carpire stralci di romanzi e ricucirli liberamente conservandone spirito e pathos in toto. Evidente nel caso della dichiarazione di David a Genya, delle interazioni tra Inej e Kaz ed infine del tipico saluto dei Corvi.

Proprio per questo Niente rimpianti e niente funerali, di certo un prodotto degno di lode, unico nel suo genere ed ormai ben lontano dai parallelismi avanzati dalla critica con altri titoli Netflix, Amazon ed HBO quali il Trono di Spade, The Witcher, Carnival Row e persino His Dark Materials. Presente sebbene lieve in questi episodi l’assonanza con l’universo Star Wars, e l’interrogativo resta ora aperto su quale sia il Lato che sceglierà Alina.

Il trailer

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