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Recensione “Benvenuti a Eden”: fuggire da una prigione per sbarcare in una gabbia perfetta

Benvenuti a Eden è una serie tv spagnola che mescola diversi generi, ambientata principalmente in alcune località marittime tra cui Alicante e Lanzarote.

La serie ha riscosso un grande successo su Netflix, che si occupa anche della distribuzione, creando importanti spaccature all’interno del pubblico e della critica. La seconda stagione, lanciata da pochi giorni sul mercato, è entrata con prepotenza tra i prodotti seriali più guardati e discussi del panorama internazionale.

Il linguaggio della serie è particolarmente ibrido e trasversale. A dimostrazione di ciò, troviamo la presenza nel cast di Ana Mena e Belinda, stelle appartenenti al mondo della musica ancor prima che a quello della recitazione.

Indice

Benvenuti a Eden: tutte le informazioni

Trama

Una misteriosa Fondazione, dal centro operativo segreto e tecnologicamente avanzato, recluta cento giovani, in base alla loro attività sui profili social, per invitarli ad una festa esclusiva su un’isola paradisiaca e sponsorizzare una nuova bibita chiamata Blue Eden. La procedura di iscrizione è severa e ambigua: chi sceglie di partecipare è costretto a firmare un contratto con delle regole e clausole precise, non viene messo al corrente della reale posizione dell’isola ed è vietato portare con sé il cellulare.

I vertici della Fondazione Eden, Astrid ed Erick, coppia lavorativa ma anche sentimentale, selezionano cinque dei partecipanti per uno scopo ben più grande di quello della festa e sottopongono loro la bevanda sperimentale che era pubblicizzata nel video di invito. Questo non precisato intruglio altera le loro condizioni psichiche come fosse una droga pesante e non un semplice alcolico.
Il mattino seguente, tutti abbandonano l’isola tranne i cinque prescelti: Zoa, Charly, Aldo, Ibòn e la popstar Africa si svegliano in preda alla confusione e vengono accolti nell’Eden, una specie di nuova società distaccata dal mondo civile, dove le abitazioni si chiamano “moduli” e tutti indossano divise di colore blu.

Gli ignari sventurati si trovano in una dimensione inquietante, nella quale Astrid li spinge a confessare le proprie sofferenze personali davanti alla comunità del luogo e promette di accoglierli in una nuova famiglia. Intanto passano i giorni e la barca che dovrebbe accompagnarli a casa non arriva, ma il ritardo viene giustificato in modo poco chiaro e decisamente sospetto.

Crediti

  • Data di uscita: 6 maggio 2022 (prima stagione), 21 aprile 2023 (seconda stagione)
  • Regia: Daniel Benmayor, Menna Fité
  • Sceneggiatura: Joaquin Gorriz, Guglielmo Lopez Sanchez
  • Stagioni: 2
  • Episodi: 16
  • Durata: 30-40 minuti
  • Genere: Thriller psicologico
  • Produzione: Brutal Media
  • Distribuzione: Netflix
  • Attori: Amaia Salamanca, Belinda, Amaia Aberasturi, Diego Garisa, Tommy Aguilera, Guglielmo Pfening, Lola Rodriguez

Recensione

Benvenuti a Eden parte da un’idea ambiziosa e intrigante, seppur derivativa e in parte già perseguita da altri prodotti audiovisivi. Gli autori si cimentano nell’impresa di mischiare elementi da thriller psicologico, a tratti distopico e fantascientifico di natura complessa e autoriale, con spunti drammatico-sentimentali che invece smorzano la tensione e strizzano l’occhio ad un pubblico meno esigente (ma anche più vasto).

Prima Stagione

Le premesse di questa serie ricordano in qualche modo quelle di Wayward Pines, problematico e criticato remake del lynchiano Twin Peaks: un nuovo mondo, una colonia segreta pronta a salvarsi dall’estinzione dell’essere umano, con a capo dell’operazione donne e uomini che giocano a interpretare Dio nascondendo la propria tracotanza dietro un apparente altruismo.

Gli autori, nella scrittura della prima stagione, si appoggiano proprio sull’aura di mistero e di crescente spaesamento che vivono i protagonisti, trovandosi catapultati in un vero e proprio sequestro di persona mascherato da salvataggio emotivo.

L’Eden quale sono costretti a stabilirsi è un panopticon tanto asfissiante quanto visivamente appagante e spettacolare, tecnologico e quasi futuristico (droni, videocamere nascoste, armi avanzate) ma anche essenziale e in armonia con la natura (mare, cibo coltivato a chilometro zero, cavalli, distese incontaminate); l’impatto con una realtà nuova, criptica, fuori dallo spazio e dal tempo, è per loro certamente traumatico, ma rappresenta anche un sollievo e una liberazione dal mondo reale in cui peraltro vivevano una situazione di forte disagio personale e familiare.

D’altronde, è esattamente su questi fattori che Astrid ed Erick puntano per giustificare le proprie azioni e convincere (ma forse “obbligare” è più adatto!) i nuovi arrivati a restare sull’isola: la formazione di una grande famiglia che riesca a farli sentire accettati e compresi e la creazione di una Terra Promessa che possa scampare all’imminente disastro provocato dall’inquinamento climatico.

I cinque selezionati, così come il resto degli abitanti dell’isola, attraversano dunque un processo traumatico e pieno di contraddizioni: accettando l’invito alla festa esclusiva per fuggire dai problemi di una quotidianità che aveva assunto l’aspetto di una prigione, sbarcano a loro insaputa in una gabbia altrettanto spaventosa e stringente, che però è un luogo paradisiaco e all’apparenza perfetto.

La graduale scoperta della violenza e delle ingiustizie che si celano dietro l’atteggiamento messianico di Erick e Astrid produce un’atmosfera conturbante che funziona e risulta più che convincente. Il problema, semmai, è rappresentato dall’utilizzo forzato e strumentale del sesso e delle relazioni sentimentali, che appiattiscono la trama e talvolta sgonfiano la tensione degli sviluppi narrativi. Questo eccesso può essere in parte spiegato dal fatto che la comunità di Eden poggia su una gerarchia specifica, per la quale i componenti di grado superiore hanno il compito di creare un legame personale con chi è appena arrivato, ma il continuo rifugiarsi nelle dinamiche sessuali appare ugualmente fuori luogo.

Nonostante ciò, la serie mantiene un ritmo avvolgente, si fa seguire con piacere, raggiunge l’obiettivo di intrattenere lo spettatore costruendo un intreccio avvincente da cui è difficile non farsi catturare.

Seconda Stagione

La seconda stagione ha il vantaggio (o svantaggio, dipende dai punti di vista) di poter entrare a gamba tesa nel nucleo della storia, senza passare per lo spaesamento iniziale e periferico dei primi episodi.

La violenza aumenta, il pericolo anche, il sesso e gli amori giovanili non conoscono un’espansione ma purtroppo neanche un ridimensionamento. Il fatto che l’isolamento geografico e la dilatazione temporale di Eden rendano i suoi abitanti inspiegabilmente fluidi e pronti a spogliarsi in ogni momento della giornata, non giova certo alla narrazione né alla caratterizzazione dei personaggi stessi.

Siamo d’accordo, l’amore trionfa sempre ed è la cosa più importante, ma se il punto di forza di un racconto si identifica nell’appartenenza al thriller distopico e nel meccanismo perturbante della tensione psicologica, allora tutto il resto – in primo luogo l’erotismo e le avventure sessuali/sentimentali – dovrebbe muoversi al servizio della trama per potenziare il motore narrativo.

L’elemento più interessante della seconda stagione, non a caso, è rappresentato dalla svolta fantascientifica, che è forse l’approdo più affascinante e centrato che la serie possa affrontare: il piano di Astrid è in realtà quello di creare un Nuovo Eden nello Spazio, ancora più isolato e biblico; il padre era infatti riuscito a trovare le giuste coordinate per mettersi in contatto con una razza aliena, pronta ad ospitarli sul proprio pianeta una volta che l’estinzione umana fosse divenuta imminente.

Gli autori non riescono tuttavia a trovare la chiave per spalmare gli ingredienti sul piatto con il giusto equilibrio. La vicenda parallela dell’investigatrice privata che indaga sulle misteriose sparizioni avvicinandosi sempre di più a Eden, per esempio, è molto intrigante ma poco graduale: a un certo punto assume una piacevole centralità, poi viene accantonata per qualche episodio e in seguito torna con inspiegabile prepotenza.

La stessa questione del contatto extraterrestre viene sviluppata attraverso flashback e rivelazioni troppo statiche e occasionali e persino la storia del figlio di Erick, l’unico bambino di Eden, seppur appassionante e curiosa, avrebbe potuto ricevere una maggiore attenzione. La rivoluzione interna ad opera di Zoa, inoltre, manca di forza drammatica, così come il risvolto adrenalinico conseguente all’arrivo sull’isola di sua sorella Gabi.

Gli autori provano a rifarsi nel finale, dove la tensione torna a farsi sentire come dovrebbe e le carte in tavola si confondono nuovamente: l’investigatrice atterra su Eden con un elicottero mettendo Astrid ed Erick alle strette, mentre scopriamo che la responsabile della sicurezza dell’isola è in realtà colei che anni prima aveva ammazzato il padre di Astrid per rubare le coordinate utili a segnalare la propria presenza agli extraterrestri. Approfittando della lontananza dei vertici dal centro operativo, la donna inserisce il codice nel monitor di controllo e stabilisce il primo vero contatto con il pianeta alieno.

Conclusioni

Nonostante alcuni importanti difetti di struttura e di sviluppo dei personaggi, i colpi di scena cui assistiamo nel finale della seconda stagione dimostrano per l’ennesima volta le enormi potenzialità di questa serie, che oscilla di continuo tra la sorprendente perspicacia di alcune invenzioni e la svilente mediocrità degli sviluppi amorosi e sessuali, permeati di un’immaturità adolescenziale che appiattisce l’atmosfera e strumentalizza furbamente l’opera.

Gli autori hanno la possibilità, in un’eventuale e (stando alle indiscrezioni) probabile terza stagione, di concentrarsi maggiormente sulle dinamiche del mistero e della tensione psicologica, a cui ora si è aggiunto l’intrigante elemento fantascientifico, e accantonare o ridurre quelle relative ai risvolti sentimentali, che certamente hanno contribuito al successo di massa della serie, ma allo stesso tempo ne hanno ridotto la qualità e sminuito i guizzi narrativi.

Trailer

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Corrado Monina

Corrado Monina

Mi chiamo Corrado, mi occupo di sceneggiatura, regia e critica e lavoro per il Filmstudio di Roma come responsabile creativo. Amo il cinema, la musica e tutto ciò che ruota intorno alle arti visive e alla letteratura.

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