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Mauro Corona: Un viaggio nella vita di un artista delle Dolomiti

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Mauro Corona, figura emblematicamente legata alle Dolomiti, continua a vivere intensamente la sua esistenza all’età di 75 anni, dedicandosi alla scrittura, alla scultura e all’arrampicata. La sua vita è un intreccio di ricordi, esperienze e sfide, che si riflettono nelle sue opere e nella sua personalità. Recentemente, ha anche deciso di affrontare gli esami per riottenere la patente, un passo significativo nel suo percorso personale.

I ricordi della fanciullezza

Nella sua narrazione, Mauro Corona riporta alla mente i ricordi della sua infanzia trascorsa nella casa dei nonni a Erto, dove il calore del focolare era costante. «Io e mio fratello, bambini, nella casa dei nonni, giù nel paese a Erto. Il fuoco acceso sempre, anche d’estate. Odore di fieno e di legno», racconta. Gli anni Cinquanta furono un periodo difficile, segnato dalla miseria. Un episodio che lo ha segnato profondamente è il primo assaggio di vino che ricevette dal nonno: «Avevo nove anni quando mio nonno Felice mi diede mezzo bicchiere di vino: “Fa sangue”, mi disse».

La figura paterna, conosciuta come Meni, era caratterizzata da una dipendenza dall’alcol che si traduceva in violenza. Mauro ricorda con tristezza le aggressioni che subiva lui e sua madre, Lucia. «Tre volte la mandò in coma. Un giorno lei se ne andò. La vidi salire su un furgoncino rosso», racconta, riferendosi al momento in cui sua madre decise di lasciare la famiglia nel 1956, quando lui aveva solo sei anni. La sua partenza non fu dovuta a un’altra relazione, ma alla disperazione di una vita insostenibile. Tornò solo dopo il disastro del Vajont, un evento che segnò profondamente la comunità.

Il disastro del Vajont

Il 9 ottobre 1963, la frana nel bacino della diga del Vajont provocò una catastrofica ondata che distrusse Longarone e causò la morte di 1917 persone. Mauro, all’epoca tredicenne, ricorda il rumore assordante che accompagnò l’evento: «Immaginate trecento milioni di metri cubi di ghiaia che piovono in venti secondi. Un lampo di rumore, poi non si vide più nulla». La devastazione fu totale, e il paesaggio che conosceva scomparve in un attimo. Gli elicotteri arrivarono per soccorrere i sopravvissuti, un’immagine che rimase impressa nella sua mente.

Il Vajont rappresenta per Mauro una ferita aperta, un tema ricorrente nelle sue opere. Nel suo romanzo “Le altalene”, scrive: «Quella notte la montagna inciampò negli ingegneri». La tragedia ha lasciato un segno indelebile, trasformando i sopravvissuti in fantasmi di un passato che non può essere dimenticato. La sua riflessione sul disastro è profonda e critica nei confronti delle responsabilità tecniche e politiche che hanno portato a tale catastrofe.

La montagna come rifugio

La montagna ha sempre rappresentato per Mauro Corona un rifugio e un luogo di crescita. Il primo monte che scalò fu il Cevìta, accompagnato dal nonno. «Il vecchio alzò un dito grosso come una salsiccia e indicò un punto a caso: “La jo sta l’Austria”», ricorda. Anche se non raggiunsero la vetta, quell’esperienza segnò l’inizio della sua passione per l’arrampicata. Mauro scoprì che scalare non significava solo raggiungere una cima, ma affrontare un percorso senza fine.

Oggi, continua a scalare, spesso a mani nude e senza protezioni. «Poco tempo fa ho fatto un’arrampicata senza protezione. Io lo so bene che un giorno commetterò un errore, che qualcosa mi sfuggirà e che morirò», afferma, consapevole dei rischi che comporta la sua passione. La disciplina e la precisione sono fondamentali, tanto nell’arrampicata quanto nella scrittura e nella scultura, attività che lo accompagnano nella vita quotidiana.

La lotta contro le dipendenze

La vita di Mauro Corona è stata segnata anche da una lotta contro le dipendenze. Ha ammesso di aver raggiunto momenti di eccesso, come quando si trovava a consumare una bottiglia intera di whisky al giorno, accompagnata da birre e vino. «Sono ancora vivo. Ma ci sono stati anni in cui sono arrivato a scolarmi da solo una intera bottiglia di whisky al giorno dopo essermi fatto dodici birre e un litro di vino», racconta. Nonostante gli eccessi, ha sempre trovato la forza di riprendersi, dedicandosi alla corsa e all’arrampicata come forme di purificazione e rinascita.

Sei anni fa, ha deciso di smettere di bere, un passo significativo verso una vita più equilibrata. La sua storia è un esempio di resilienza e determinazione, un viaggio che continua a ispirare chi lo ascolta e legge le sue opere. Mauro Corona rimane un simbolo delle Dolomiti, un artista che vive in armonia con la natura e con il suo passato, affrontando ogni giorno con la stessa passione e intensità che lo hanno sempre contraddistinto.

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Cesare Onda

Cesare Onda

Sono Cesare Onda, redattore appassionato di gossip, serie TV, film e programmi televisivi. Amo raccontare curiosità, analisi e dietro le quinte del mondo dello spettacolo, tenendoti sempre aggiornato sulle ultime tendenze e novità

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