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La Casa di Carta 4 – Recensione senza spoiler

Anfibi neri, armi alla mano, tuta rossa col cappuccio tirato su a incorniciare la ormai celebre maschera di Dalì: Tokyo, il Professore e gli altri sono tornati per proseguire la loro avventura, proprio dove li avevamo lasciati alla fine della terza parte: bloccati all’interno della Banca di Spagna, mentre il piano così ben congegnato dal Professore rischia di andare in frantumi insieme al suo amore. Saranno ancora in grado di tenere in ostaggio i nostri cuori e rapire la nostra attenzione? Non vi resta che scoprirlo leggendo la nostra recensione de “La Casa di Carta 4”.

La Casa di Carta 4: una serie che ha ancora senso di esistere?

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“La Casa di Carta 3” ci ha lasciato con molti punti in sospeso: Lisbona catturata, il Professore devastato, la banda rimasta momentaneamente senza una guida, bloccata all’interno della Banca, mentre la vita di Nairobi è appesa a un filo; ma nonostante la curiosità per la risoluzione di queste incognite, l’interrogativo che molti si sono posti è: ‘ “La Casa di Carta 4” avrà davvero ragione di esistere?’ La risposta è si.. ma anche no.
Le parti 3 e 4, infatti, sembrano completamente scollegate dalle prime due: si, i personaggi sono gli stessi, ma solo nell’aspetto e nei nomi; a voler considerare il blocco della rapina alla Banca di Spagna come un qualcosa di diverso, una storia (e una serie) a sé stante e non un continuo del colpo alla Zecca di Stato, forse si avrebbe un giudizio meno scoraggiante.

Questo per dire che la quarta parte non è completamente da buttare, nel suo piccolo riesce ancora a stupire e a lasciare col fiato sospeso lo spettatore, anche se non lo tiene più incollato davanti allo schermo in una folle maratona.. Insomma, distante anni luce dalle sue origini gloriose, è vero, ma non per forza inguardabile.
La verità è che della Casa di Carta originale oramai non ne è rimasto che un guscio, tutto sembra uguale e niente lo è davvero: ci sono la struttura narrativa che si dirama, snodandosi per seguire i diversi soggetti, e due linee temporali che alternano passato e presente, ci sono i personaggi che ormai conosciamo e amiamo.. ma qualcosa è cambiato.

La Casa di Carta 4: un equilibrio che si è perso

“La Casa di Carta” ci ha abituato sin dall’inizio a una narrazione che gioca tra il presente e il passato, in un concerto ben orchestrato, dove tutto è funzionale e nulla è casuale.
Ogni cosa era parte di un unico insieme, tutto si incastrava magistralmente: le scene della preparazione del colpo danzavano un tango perfetto con le azioni che poi si svolgevano all’interno della Zecca, un botta e risposta che ci aiutava a entrare nella storia e a coglierne ogni aspetto; e intanto la tensione cresceva fin quasi a esplodere per poi venire allentata da un salto temporale che ci aiutava a riprendere fiato proprio al momento giusto: senza dubbio, uno degli assi nella manica della serie di Álex Pina.
E poi… la magia si è persa. Ne “La Casa di Carta 4” si è smarrito quell’equilibrio così ben congegnato: la narrazione continua a saltare avanti e indietro nel tempo, ma non è più una danza aggraziata, ma solo un goffo arrancare; le linee temporali non comunicano, spesso e volentieri le scene del passato risultano lente, a tratti fastidiose, non hanno niente da dire o da aggiungere alla narrazione, e anzi sembrano sempre più un espediente per ‘allungare il brodo’ e per richiamare dall’oltretomba il personaggio di Berlino, che ormai non ha più molto da regalarci.
La sensazione è che gran parte della linea temporale del passato serva più che altro a raggiungere la quota di 45/50 minuti per arrivare alla fine di ogni episodio.

I personaggi smarriti

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Nel presente de “La Casa di Carta 4” le cose non vanno molto meglio: la storia aveva già perso il suo smalto nel momento in cui si erano varcate le porte della Banca di Spagna nella stagione precedente. Nonostante ciò, sebbene faticosamente, riesce comunque a risultare a suo modo interessante e a tratti avvincente, con colpi di scena, magari un po’ banali, magari un po’ insensati, però funzionali a raggiungere l’obiettivo: sorprenderci quel poco per farci rimanere a bocca aperta.. ma solo per un attimo! L’effetto purtroppo non riesce a mantenere la sua intensità e si disperde come una nuvola di fumo, senza raggiungere l’anima della narrazione e dei soggetti. E qui veniamo all’altro grande scoglio di questa stagione: i personaggi. Sono sempre loro: Tokyo, Rio, Denver.. ma sembrano spenti, tratteggiati a matita. Pur mantenendo le loro caratteristiche dominanti – la mente per il professore, la passionalità per Tokyo, l’irritante stupidità per Arturo – sembra girino costantemente in tondo. Sono cambiati si, ma non si sono evoluti, sono rimasti statici proprio lì dove li avevamo lasciati dopo la rapina alla Zecca, sono piatti.
C’è solo un personaggio che sembra avere un po’ di tridimensionalità, una delle nuove figure presentata nella terza parte.. ma lascio a voi la scoperta! Vi do solo un indizio.. è letale e furba, e sarebbe difficile immaginarla con un istinto dolce e materno.

La Casa di Carta 4: rinunciare al passato

In conclusione: “La Casa di Carta 4” resta una serie godibile, che si lascia guardare.. ma non ha più niente a che vedere con le prime due parti che compongono la prima stagione (terza e quarta invece fanno parte della stagione 2), di cui è forse una loro cugina lontana.
Il trucco è accettare questa scissione e rinunciare a qualsiasi confronto col passato, poiché il giudizio che ne verrebbe fuori non sarebbe probabilmente molto lusinghiero.
Conviene allora, forse, approcciarsi alla visione con uno spirito diverso, senza la smania di ritrovare gli splendori di ciò che fu, e godersi questa nuova avventura da cui non sappiamo se i personaggi usciranno vincitori.
Non ci resta quindi che aspettare.. chissà che alla fine gli autori non sapranno sorprenderci e farci ricredere, sentire degli stupidi per aver ceduto a facili giudizi.

In fondo, i colpi di scena sono sempre stati il loro forte.

Giada Aversa

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