Eco Del Cinema

Io ci sono – Recensione

Io ci sono: La drammatica storia di un femminicidio

io-ci-sono-2

Sera del 16 aprile 2013, Pesaro. La giovane e affascinate avvocatessa Lucia Annibali rientra a casa dopo una giornata di lavoro. Appena apre la porta di casa un uomo incappucciato le lancia addosso un liquido; il suo corpo inizia a bruciare, la sua pelle a sciogliersi, si tratta chiaramente di acido.

Dopo questo forte epilogo, basato su un crudo realismo, una didascali informa che ci troviamo qualche anno prima. Le atmosfere tornano più serene, si descrive l’inizio della storia sentimentale dell’Annibbali con Luca Varani, ragazzo dai modi (apparentemente) gentili e simpatici. Man mano che la loro storia procede e, lentamente, iniziano a trapelare le prime, sinistre, avvisaglie di pericolo la regia si fa sempre più nervosa e le atmosfere acquisiscono un tono da horror.

 Io ci sono: la vera storia di Lucia Annibali

Proprio su questi continui cambi di registro si articola “Io ci sono”, film tv basato sulla vera storia di Lucia Annibali, donna che ha provato sulla proprio pelle tutta la violenza di cui è capace un individuo che affermava di volergli bene. Un “uomo” tanto vile da non commettere in prima persona il feroce atto ma commissionandolo ad altri, due delinquenti, assoldati per l’occasione.

Un film inevitabilmente civile che affronta un tema che, ad oggi, risulta ancora del tutto irrisolto nel nostro Paese: il femminicidio. Il possesso scambiato per amore, la mancanza di qualsiasi forma di rispetto per l’altro e la rabbia che sfocia in una crudeltà terribile. Proprio per annichilire completamente l’identica di quella donna, che Verani considerava unicamente sua, questo, presunto, uomo arriva a un gesto estremo, l’acido, per negare il volto e lo sguardo della donna.

Io ci sono: la forza del femminile e la sua capacità di rinascita

Una storia che non vuole raccontare solo l’offesa ma anche la forza del femminile e la sua capacità di rinascita. Molto spazio della narrazione è riservato alla forza con cui l’Anniballi affronta i giorni nel reparto degli ustionati, ambiente dove si percepisce una forte solitudine, in quanto, per proteggersi dalle infezioni, sono limitati al massimo i contatti con gli altri. Il film mostra anche la sua determinazione nel far condannare il suo aggressore. Il film, come fortunatamente anche la realtà, ha una sorta di lieto fine, la condanna al massimo della pena degli esecutori e del mandante. Le ultime immagini sono riservate proprio al vero volto dell’Annibali che comunica, dopo la fine del processo, tutta la sua felicità alla stampa.

Un film importante, che non poteva non nascere che all’interno del servizio pubblico, profilandosi come un importante strumento di lotta contro uno dei più abietti mali che continuano a lacerare la nostra società.

Oreste Sacco

 

 

 

 

Articoli correlati

Condividi