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Il collettivo FC Bergman torna al Piccolo Teatro Strehler con “Works and Days”: un viaggio tra mito e realtà

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Il collettivo belga FC Bergman ha fatto il suo ritorno al Piccolo Teatro Strehler di Milano con “Works and Days”, un’opera che trae ispirazione dal poema di Esiodo, “Le opere e i giorni”, risalente all’VIII secolo a.C. Questo spettacolo, frutto di una coproduzione tra Toneelhuis e Piccolo Teatro di Milano, è andato in scena dal 28 al 30 maggio 2025, dopo che la sua prima edizione era stata annullata nel 2020 a causa della pandemia. L’opera si distingue per la sua capacità di trasmettere un’esperienza visiva e sensoriale intensa, mettendo in secondo piano la parola a favore di immagini evocative e significative.

Un’apertura potente e simbolica

L’inizio dello spettacolo è caratterizzato da un’azione forte e simbolica: un aratro che fende le assi del palcoscenico, con schegge di legno che volano tra il pubblico. Questa scelta non è casuale; rappresenta la volontà del collettivo di non limitarsi a raccontare una storia, ma di far vivere al pubblico una condizione ancestrale. La convivialità, il lavoro nei campi, il tempo dedicato alla festa e al riposo, insieme ai riti e ai miti, si intrecciano in un ciclo che ruota attorno alle stagioni. FC Bergman riesce a ricreare un’atmosfera in cui il lavoro collettivo diventa un elemento centrale, richiamando l’attenzione sulla fatica e sulla bellezza della vita quotidiana.

Il poema di Esiodo, dedicato al fratello, non solo descrive in dettaglio il lavoro nei campi, ma offre anche una riflessione profonda sull’umanità contemporanea, spesso distante dall’ideale dell’uomo dell’età dell’oro. In questo contesto, il lavoro emerge come l’unica via di redenzione, un tema che riecheggia attraverso i secoli. La frase “Il lavoro nobilita l’uomo” risuona come un monito, mentre gli otto attori, dopo aver arato il palcoscenico, costruiscono una cattedrale dalle mura vuote, simbolo di un’umanità in cerca di significato.

La danza delle immagini e la musica evocativa

Le azioni degli attori sono caratterizzate da una precisione che si traduce in tableaux vivants, richiamando le opere di artisti come Cézanne e Gauguin, e le tensioni corporee di Matisse. Il linguaggio della danza, influenzato dalle movenze di Pina Bausch, si fa portatore di una forza che cattura l’attenzione dello spettatore. La composizione musicale, realizzata da Joachim Badenhorst e Sean Carpio, accompagna le azioni sul palco, creando un quadro ritmico che si integra perfettamente con le performance degli attori.

L’elemento mitico e rituale permea l’intero spettacolo, con la presenza di un elefante di stoffa che, dopo aver attraversato la scena, viene eviscerato, rivelando veli rossi che fluttuano nell’aria. Questo gesto simbolico rappresenta una connessione profonda tra vita e morte, tra il sacro e il profano. La figura di un uomo anziano, scheletro dell’animale, che tiene per mano una bambina, aggiunge un ulteriore strato di complessità e di emozione alla narrazione.

Un contrasto tra passato e presente

Nella seconda parte dello spettacolo, il tono cambia radicalmente. Le scene iniziali, ricche di poesia visiva, lasciano spazio a un’atmosfera più cupa, caratterizzata da un fumo denso e nero. Da questo fumo emerge una macchina, un motore a vapore, simbolo di un’epoca industriale che si contrappone al lavoro agricolo rappresentato in precedenza. La figura di una babushka, che riporta alla mente immagini di un passato contadino, interrompe la scena, evocando il buio e la pioggia mentre ricomincia a arare il terreno.

La cesura tra il passato dorato e il presente contaminato si chiude con l’apparizione di un cagnolino robotico, che scruta il pubblico con i suoi fari fissi. Questo elemento futuristico rappresenta un ulteriore contrasto con il contesto rurale e mitico che ha caratterizzato la prima parte dello spettacolo.

Un’esperienza sensoriale e simbolica

“Works and Days” si presenta come un’opera simbolica che invita il pubblico a un’esperienza emotiva e fisica, piuttosto che a un’interpretazione intellettuale. Il poema di Esiodo funge da base per una drammaturgia che esplora il profondo legame tra l’uomo e il mondo, evidenziando i cambiamenti storici e sociali che hanno influenzato l’umanità. Tuttavia, la ricchezza simbolica e la varietà di immagini possono talvolta sovraccaricare lo spettatore, rendendo difficile ancorare il messaggio a un nucleo di senso chiaro e riconoscibile.

La densità estetica dell’opera lascia il pubblico con un’esperienza più sensoriale che analitica, mentre FC Bergman si conferma come uno dei collettivi d’avanguardia più interessanti del panorama europeo, capace di utilizzare l’arte come mezzo di espressione totale.

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Luigi Gigli

Luigi Gigli

Sono Luigi Gigli, critico d'arte, scenografo e amante del mondo dello spettacolo. Mi appassiona tutto ciò che ruota intorno a gossip, serie TV, film e programmi televisivi. Con il mio background in video editing e scenografia, analizzo e racconto con uno sguardo unico le tendenze e i dietro le quinte di questo affascinante universo.

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