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Dirk Gently: Agenzia di investigazione olistica – Recensione

Entrata nel catalogo Netflix mondiale nel novembre 2016, “Dirk Gently – Agenzia di investigazione olistica” è una serie che ha attirato l’attenzione dei fan del piccolo schermo sia per la presenza nel cast in uno dei ruoli principali di Elijah Wood, il Frodo della trilogia de “Il Signore degli Anelli” di Peter Jackson, sia perché i personaggi sono frutto della penna del compianto scrittore Douglas Adams, autore del romanzo “Guida galattica per autostoppisti”. Le vicende che gli eroi della serie affrontano sono state create però ex novo da Max Landis, giovane sceneggiatore e figlio d’arte (il padre, John Landis, non ha di certo bisogno di presentazioni).

Dirk Gently – Agenzia di investigazione olistica: l’ironia dell’assurdo e la fantascienza più genuina

Dirk Gently: Agenzia di investigazione olistica

È il ‘tradire le fonti’ che ha permesso a un ciclo di romanzi come quello sul “detective olistico” di essere punto di partenza per una serie tanto bizzarra nei presupposti quanto godibile e non allineata a un tipo di humor e narrazione spiccatamente inglese (come era stato invece nel primo tentativo di trasposizione avvenuto nel 2005, quello sì 100% Made in Britain).

Il protagonista e motore della storia è Dirk Gently (interpretato dal giovane Samuel Barnett), bizzarro investigatore che fa dell’interconnessione in chiave fatalistica di tutte le cose il suo modus operandi, lasciandosi quindi semplicemente trascinare dagli eventi che, per quello che inizialmente può sembrare uno scherzo del destino, porteranno lui e il giovane fattorino d’albergo Todd Brotzman (Elijah Wood) a barcamenarsi in un intricato caso fatto di omicidi apparentemente impossibili, pericolose sette, servizi segreti e strani poteri.

Se inizialmente davanti a eventi e personaggi a dir poco sopra le righe sono il senso di smarrimento e lo scetticismo a farla da padrone, man mano che ci si avvicina alla soglia della metà stagione, a patto di essere predisposti a un sano esercizio di sospensione dell’incredulità (requisito fondamentale della fantascienza tutta), comincerà a delinearsi una trama sempre più fitta, capace di coinvolgere lo spettatore e di incuriosirlo a tal punto da spingerlo ad una maratona ininterrotta delle puntate rimanenti.

Dirk Gently – Agenzia di investigazione olistica: recitazione convincente per una sceneggiatura tutta americana

Se c’è qualcosa che può far storcere il naso ai fan più accaniti dello scrittore inventore del personaggio protagonista è proprio la non aderenza ai romanzi: vari spunti sono stati presi dai testi, ma la storia e l’impostazione hanno un sapore tutto americano. Come Dirk è l’unico personaggio della terra d’Albione nel contesto urbano di Seattle, anche la tipologia di narrazione, lo stile registico e persino il numero delle puntante mettono ben in evidenza la non-britannicità dell’intero prodotto. Questo ovviamente non è necessariamente un male, soprattutto a fronte dei quasi sempre deludenti tentativi della tv americana di riprendere elementi a lei estranei piegandoli poco saggiamente a uso e consumo dello spettatore statunitense, e dimostra perfettamente di non esserlo in questo caso, poiché intorno al personaggio è stato creato un mondo tutto nuovo e diversissimo per tipologia e (soprattutto) per approccio da quello originale, ma che funziona, e che ha sicuramente alleggerito non di poco il lavoro di Landis e del suo team di sceneggiatori.
L’eroe stesso può risultare ad un occhio attento differente nelle sfumature dalla sua versione cartacea, ma è senz’altro aiutato nella riuscita da una scelta di cast efficace, per lui come per quasi tutti i personaggi principali: bizzarri, soprannaturali, ma a loro modo veri e umani.

“Dirk Gently – Agenzia di investigazione olistica” è quindi un piccolo gioiello per gli amanti della fantascienza umoristica, genere nel quale sono ascrivibili buona parte dei romanzi di Douglas Adams. Riesce quindi evidentemente a colpire nel segno e lascia speranzosi in un proseguo di più stagioni, a patto di mantenere alto il livello qualitativo.

Giovanni Picano

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