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La guerra è finita: presentata la serie alla stampa

Oggi alla Casa del Cinema di Roma è stato presentato da cast e crew “La guerra è finita”, nuova fiction targata Rai liberamente ispirata a una storia vera.

La guerra è finita: una testimonianza dal punto di vista dell’infanzia

La guerra è finita Stefano

La guerra è finita: presentata la serie alla stampa

Ha inaugurato la conferenza Andreatta, direttrice dell’apparato Rai Fiction, soffermandosi su quanto questa storia, incentrata su un gruppo di bambini e ragazzi reduci dei campi di sterminio tedeschi, sia assolutamente necessaria. Si tratta di una storia volta al futuro, che però conserva un dovere civico verso il passato e verso la memoria, affinché avvenimenti come le leggi razziali non si ripetano.

Due sono i personaggi più emblematici. Da un lato c’è Giovanni, un bambino di appena sei anni che è diventato muto a causa del trauma subito e che riesce a alla fine a ritrovare la propria voce. Dall’altro c’è Mattia, giovane e spaesato ex-militare che non sa nulla degli orrori passati dagli ebrei italiani e acquisisce una nuova consapevolezza.

Ha poi preso la parola il produttore della serie, Carlo Degli Esposti, parlando del filo conduttore che unisce una sua serie precedente, “Perlasca”, e questa. Lo stesso amico che aveva fatto scattare in lui il desiderio di parlare di Perlasca, infatti, è stato colui che gli ha fatto conoscere il libro da cui sono tratte le vicende di “La guerra è finita”. Degli Esposti ha affermato di avere molte speranze sull’effetto che quest’opera potrebbe avere sul pubblico e che gli indici di ascolto forniranno un vero e proprio termometro della popolazione italiana.

Lo sceneggiatore Sandro Petraglia ha detto di aver preso ispirazione da una pagina di “La Tregua” di Primo Levi, in cui appunto viene menzionato un bambino muto a causa dei lager. Questa fiction è stata l’occasione per esplorare la sua storia in positivo, senza raccontare l’orrore indescrivibile, ma soffermandosi invece sulla speranza sia dei bambini che dell’Italia intenta a rinascere dalle macerie.

Si è detto d’accordo con questo sentimento il regista, Michele Soavi, che ha spiegato come la scrittura abbia contribuito al loro desiderio di essere discreti. Secondo Soavi infatti è impossibile raccontare i campi, se non in flash molto brevi, ma è possibile concentrarsi su ciò che viene dopo. La speranza è il motore che traina l’intera trama e questo filtro è importante per raggiungere anche un pubblico più giovane.

La guerra è finita: il dovere civico del racconto

La guerra è finita serie

Michele Riondino (Davide) ha elogiato il contrasto tra la possibilità di ascoltare queste storie attraverso l’autenticità dei più piccoli, appena liberati, e la lontananza da questo tipo di traumi degli interpreti, sottolineando come il compito degli adulti sia quello di tutelare i ragazzi.

Sempre riguardo l’importanza delle testimonianze, Isabella Ragonese (Giulia) ha concordato con Riondino, affermando che senza confrontare il passato non è possibile andare avanti. Sotto questo punto di vista il suo personaggio, una psicologa oppressa dalle colpe del padre, è fortemente emblematico. Secondo Aragonese per gli adulti è doveroso raccontare storie come questa in maniera coinvolgente, in modo da trasmetterle alle nuove generazioni.

Una giornalista ha commentato su come, nonostante “La guerra è finita” parli di un periodo storico ben preciso, ci sono bambini che anche oggi si trovano in condizioni di disagio simili. Andreatta ha risposto che questo è uno dei motivi per cui la fiction è stata realizzata, in quanto è importante affondare le proprie radici nel passato ma allo stesso tempo svolgere un servizio per il presente. Anche Petraglia ha confermato, spiegando come nel cinema questi rimandi accadano continuamente.

Gaia Sicolo

07/01/2020

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