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5 remake migliori o all’altezza dell’originale

Quando si parla di remake cinematografici, solitamente, si tende a storcere il naso, partendo molto spesso da un pregiudizio di fondo: se un film già è stato fatto, probabilmente rifarlo sarà peggiorativo.

Questo pregiudizio, che talvolta non è nemmeno basato su un fondo erroneo, trova maggiore rinforzo quando il remake riguarda titoli che hanno già segnato la storia del cinema o che, comunque, hanno goduto di una valida stima da parte del pubblico e della critica.

5 remake migliori o all’altezza dell’originale

Ma, in questo caso vogliamo segnalarvi 5 remake che possono essere considerati all’altezza delle trasposizioni originali, o per certi versi pure migliori.

Quando i remake fanno storcere il naso

La storia del cinema è costellata di rifacimenti e riadattamenti, ovvero di remake o di reboot (ovvero un reset di un soggetto e di personaggi pre-esistenti), spesso con risultati ben poco soddisfacenti.

Prendiamo il caso del cinema dell’orrore o quello dei cinefumetti, due dei generi più costellati di remake. Andare a riproporre capolavori o film di culto come i vari “Non aprite quella porta” o “La notte dei morti viventi” ha sortito risultati piuttosto divisori, il primo rifatto nel 2003 con discutibili risultati da Marcus Nispel, il secondo riproposto – con una certa ossequiosità – nel 1990 da Tom Savini, ma senza avere più l’urgenza e l’inventiva del film del ’68.

O, ancor più recentemente i tentativi di reboot piuttosto insipidi per “Nightmare” o “Venerdì 13” riproposti in carta carbone nel 2010 e nel 2009.

Anche i cinefumetti sono stati investiti dalla moda della riproposizione, passando dall’ottimo Spiderman dei primi anni duemila di Raimi ai filmetti in “franchising” in cui l’uomo ragno ha preso il volto di Andrew Garfield prima e di Tom Holland, poi.

E l’idea del remake, per meri scopi commerciali si è espansa anche ad altri generi, come la commedia, riproponendo successi europei in salsa nazionale, come nel più celebre dei casi di “Giù al nord” riproposto da noi col dittico “Benvenuti al sud” e “Benvenuti al nord“.

Ma, quando, invece i remake hanno saputo dire la propria, aggiungendo qualcosa al film originale o, diversificandolo, magari perfino migliorandolo o aggiornandolo in maniera adeguata e necessaria?

5 remake che hanno saputo dire “la propria”

Vediamo, dunque, 5 remake tra quelli che hanno saputo aggiungere qualcosa o rinverdire il film originale da cui prendono spunto.

“Per un pugno di dollari” (1964)

Il film di Sergio Leone, capofila del western italiano ed europeo, è un riadattamento del grande successo giapponese “La sfida del samurai” (1961) di Akira Kurosawa.

Sebbene l’ossatura narrativa sia essenzialmente la stessa e perfino alcuni momenti di messa in scena, il film di Leone ha saputo però trasporre la ruvida ambientazione di samurai al vecchio west, con tocchi di sapida ironia e dei ritmi ancor più oliati del film originale.

Leggi anche: Per un pugno di dollari

“La Cosa” (1982)

Remake del classico “La cosa da un altro mondo” degli anni ’50, il film di Carpenter è un racconto di fantascienza che ha saputo resistere al tempo meglio di un film sicuramente più ancorato alla genuina fantasia del suo tempo.

Inoltre, sfruttando al meglio l’ambiente claustrofobico, e insistendo sul suo “tema ” dell’assedio (già presente in “Distretto 13” e poi ne “Il signore del male“) il film degli anni ’80 diventa qualcosa di più “personale” ed è una vera e propria forza della natura sul piano degli effetti speciali, raramente così “carnali” e spaventosi prima di allora.

Leggi anche: La cosa (1982)

“La Mosca” (1986)

Il film di David Cronenberg è una riproposizione più interessante sul piano dell’evoluzione psicologica dei personaggi e sul rapporto tra “bella e bestia”, nella love story che segue lo scienziato travolto da un’imprevista mutazione e la sua amata.

Il film originale è “L’esperimento del dr. K” (1958) un gradevole (e a suo modo spaventoso per il tempo) ma più ingenuo film di fantascienza in Cinemascope.

“Cape Fear” (1991)

Remake di un classico del thriller anni ’50 che fondava la sua forza sull’ambiguità del male e sul dualismo attoriale tra il buono Gregory Peck e il cattivo Robert Mitchum, il film di Scorsese invece ripropone lo stesso duello, tra un luciferino e viscido De Niro e un determinato Nick Nolte.

Ad impreziosire il remake è una struttura estetica più consapevole e qualche ambiguità ben più accentuata nel conflitto tra bene e male.

“The Ring” (2002)

Sebbene il film giapponese del ’98 abbia in qualche modo cambiato il panorama del J-horror per come lo conoscevamo, in occidente, il remake di Verbinski riesce ad essere un prodotto esteticamente più interessante e narrativamente più scorrevole.

Insomma, il cult movie giapponese faceva perno su tre elementi: l’idea di portare una ghost story su una VHS e, quindi filtrarla nello schermo del televisore; un villain essenziale ma azzeccatissimo (la Sadako dai lunghi capelli neri); in ultimo, il segmento di pochi minuti in cui è mostrato il contenuto surreale della VHS.

Da questi tre spunti, che hanno garantito il successo di un horror tutto sommato tradizionale e tecnicamente un po’ scarno, il remake americano ha saputo costruire un’impalcatura più solida e qualche lampo tecnico e visivo decisamente più suggestivo, attraverso una migliore fotografia ed effetti speciali superiori.

Leggi anche: The Ring 2

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David M. Scortese

David M. Scortese

Appassionato di cinema fin dall'adolescenza, studia recitazione teatrale e cinematografica, è attivo in teatro e in opere audiovisive, cortometraggi e prodotti per il web.

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