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Passeri

Recensione

Passeri – Recensione: un racconto di formazione, a tratti brutale, ambientato in un isolato paesino islandese

scena tratta dal film Passeri

Rúnar Rúnarsson, per il suo secondo lungometraggio, sceglie di raccontare la storia di Ari, un adolescente costretto dagli impegni materni a lasciare Reykjavik per trasferirsi in un piccolo paese sulla costa dove è vissuto da bambino e dove ancora vive il padre, col quale negli ultimi anni ha avuto pochi contatti. Per Ari non sarà facile lasciare la sua vita fatta di certezze per vivere con un uomo, dedito all’alcool, che oramai è diventato un estraneo: per fortuna c’è la nonna, che fa il possibile per riempire i vuoti del ragazzo.

Passeri: giovani allo sbando e adulti mai cresciuti popolano la pellicola di Rúnarsson

Il regista islandese, formatosi professionalmente in Norvegia, propone un racconto asciutto, dove la perenne luce che accompagna l’estate islandese fa da contraltare all’oscurità sociale e morale che accerchia il ragazzo. A momenti di vita ordinaria, in cui Rúnarsson mostra come l’intero paese fondi le sue basi economiche sulla pesca, attività impegnativa e faticosa in cui verrà coinvolto anche il sedicenne protagonista, si alternano momenti in cui si dissipano le giornate tra alcool e sesso, senza nessun pudore, neppure nei confronti del giovane ultimo arrivato, se non altro da parte del padre.

“Passeri” mostra un’umanità allo sbando che si trascina senza regole, lasciando più che sgomento Ari, la cui vita fino a pochi giorni prima era riempita da cose ben diverse, quali il canto sacro, una passione dalla valenza quasi simbolica nel contesto di dissolutezza nel quale ora si viene a trovare. Non bastassero le normali difficoltà di adattamento la vita del ragazzo sarà segnata anche da momenti drammatici difficili da affrontare, che lo aiuteranno si nel suo diventare adulto, ma gli faranno perdere il candore di cui era pervaso.

Passeri: un film ben costruito, un racconto difficile da mandare giù

“Passeri” affronta più tematiche, spaziando dal rapporto padre-figlio al sesso, all’amore, al perdono, al ritorno alle origini, al rapporto con la natura, senza esprimere giudizi sommari o mostrare vie da battere: il regista, autore anche della sceneggiatura, sceglie di mostrare, lasciando al pubblico, che riceverà qualche pugno allo stomaco, l’onere del giudizio.

Secondo il regista “è un errore lasciar pensare allo spettatore che tutto è bello e luminoso come succede nelle produzioni hollywoodiane o che la vita è un inferno senza speranze come in alcuni film d’essai, nella vita, quando si cade, ci si rialza e il sole splende di nuovo”. Insomma, “la vita ti aspetta”, come direbbe la Mannoia, eppure, nonostante la bellezza visiva e strutturale del film, ci chiediamo se sia plausibile e necessario concentrare in un lasso di tempo davvero breve cosi tanti affanni.

Ci piace pensare che nessuna madre manderebbe un figlio in pasto ai leoni come ha fatto la madre di Ari, nessuna missione in Africa può giustificare la sua incoscienza: se te ne sei andata anni prima perché volevi cambiare vita perché mai tuo figlio dovrebbe star bene in quel posto dimenticato da Dio? La prima cura va rivolta a chi ci sta accanto: Ari non soccombe ma viene sicuramente privato della possibilità di continuare la sua evoluzione verso l’età adulta in maniera sana.

Il film funziona, e la pellicola è perfetta per “Alice nella città”, la sezione parallela ed autonoma della Festa del Cinema di Roma che da sempre propone pellicole ai giovani ed ai loro genitori. Il girato è raffinato e la location islandese è di una bellezza rara.

Interessante la descrizione avvilente del piccolo centro, in cui nessuno pare sapersi svagare in modo sano; è opinione comune legare la dissolutezza alle grandi metropoli, “Passeri” ci mostra a ragione che la provincia può nascondere un degrado più profondi.

Buone le interpretazioni degli attori protagonisti, sopratutto quella di Atli Oskar Fjalarsson/Ari e di Ingvar Eggert Sigurðsson/il padre del ragazzo, più che cosciente delle sue pecche, ma incapace di progredire.

Maria Grazia Bosu

Trama

  • Titolo originale: Sparrows
  • Regia: Runar Runarsson
  • Cast: Atli Óskar Fjalarsson, Ingvar Eggert Sigurdsson, Rakel Björk Björnsdóttir, Rade Serbedzija
  • Genere: Drammatico, colore
  • Durata: 99 minuti
  • Produzione: Islanda, Danimarca, Croazia, 2015
  • Distribuzione: Lab 80 film
  • Data di uscita: 2 marzo 2017

Passeri la locandina del film“Passeri” è la seconda pellicola da regista per Runar Runarsson, emergente cineasta islandese, noto per il lungometraggio “Volcano” ( 2011) e la nomination all’Oscar per il miglior cortometraggio nel 2006 con “The Last Farm”.

Con la sua nuova pellicola, Runarsson porta sul grande schermo un ‘romanzo di formazione‘ incentrato su un ragazzo, il sedicenne Ari. Quando sua madre decide di partire per una missione umanitaria in Uganda con il suo nuovo compagno, il protagonista di “Passeri” si vede a trasferirsi dalla capitale Reykjavik nello sperduto villaggio dove aveva vissuto nella propria infanzia.

In questo luogo ‘antico’ e quasi sacro, rinnova la conoscenza di chi è stato parte della propria vita: una nonna ricolma d’affetto e molto presente, un padre goffo, disoccupato e semi-alcolista, espressione di una comunità in cui violenza e bruttezza sono volentieri legate all’alcool.

Gli amici d’infanzia, oramai ragazzi e giovanotti, non lo riconoscono più. Ari fa molta fatica ad inserirsi di nuovo nel gruppo. Nella ‘psichedelica’ estate islandese, squarciata dalla luce di giorno e di notte, il ragazzo dovrà forzatamente iniziare a crescere e di conseguenza fare una scelta: cogliere e vivificare i minuti segnali di bellezza e ‘altro’, che gli si mostrano dinnanzi, grazie anche alla presenza della dolce e giovane Làra, o lasciarsi inghiottire dalla realtà che lo circonda. Alzare la testa o abbassarla, cambiare o ripercorrere una tradizione negativa, nella totale rassegnazione.

Passeri: da film di formazione a pellicola pluritematica

“Passeri” certo s’incentra su quella delicatissima fase della crescita di un ragazzo, ovvero il passaggio all’età adulta, ma va a trattare anche di tutto un ventaglio di tematiche ad essa connesse: relazione padre-figlio, integrazione, ritorno alle origini, mascolinità, amore, perdita e perdono. Alcune scene scioccanti e forti, piene di pathos, non servono l’impressione, bensì vogliono essere esperienza di riflessione e bellezza che ne seguono per gli spettatori.

A metà tra ‘inferno’ e ‘paradiso’, il film vuole lanciare un messaggio di ‘vita’: nessuna delle due possibilità è corretta, valida di per sé, perché nella vita, quando si cade, ci si rialza e il sole splende di nuovo. Il paradigma della felicità. C’è sempre speranza, non bisogna mai perderla, ma neanche esserne dipendente.

Trailer

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