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Marlon Brando: talento innato e unico

ìMarlon Brando nasce il 3 Aprile 1924 a Omaha, sede della contea di Douglas nel Nebraska. È l’unico figlio di un’affiatata coppia composta da un rappresentante di materiali edili e dall’attrice filodrammatica Dorothy Pennebaker.

Marlon Brando: da ribelle della scuola al palco di Broadway

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Marlon Brando in una foto di scena de “Il Selvaggio”.

Il piccolo Marlon ama imitare le strane abitudini, le espressioni e i tic della gente che lo circonda e non mostra un particolare amore per lo studio, anzi, si rivela subito un ragazzino vivace e ribelle; infatti è presto espulso dell’Accademia Militare.

Si trasferisce a New York dove frequenta l’Actor Studio’s di Lee Strasberg e un corso d’arte drammatica per apprendere il famoso “Metodo Stanislavskij”. Agli inizi degli anni Quaranta conosce Erwin Piscator, grande maestro del teatro d’avanguardia, che gli dà preziosi consigli e gli racconta della Germania nazista da cui è fuggito. Nel 1944 all’età di vent’anni debutta in teatro a Broadway nella commedia “I Remember Mama” e tre anni dopo ottiene il ruolo di Stanley Kowalski nella versione teatrale di “Un Tram che si chiama desiderio” composta da Tennessee Williams. Nel 1951 Elia Kazan fa una trasposizione cinematografica dell’opera e gli propone lo stesso ruolo nell’omonimo film,in coppia con Vivien Leigh.

L’incontro col cinema, un amore a prima vista

In realtà la prima vera esperienza cinematografica è nel 1950 con “Uomini” di Fred Zinnemann. Altre due lavori teatrali gli fruttano enorme successo: “L’aquila a due teste” di Jean Cocteau in cui è il romantico e sognatore Sebastian, “Candida” di George Bernard Shaw in cui è il giovane e aitante poeta Marchbanks.

Con Stella Adler fonda la Dramatic Workshopin cui imposta i futuri attori teatrali come uomini capaci di cogliere la profondità e la bellezza di tutto ciò che l’uomo comune talvolta considera banale o insignificante. Nel 1952 ancora Elia Kazan gli affida l’importante ruolo di Emiliano Zapata in “Viva Zapata!” che gli vale il Prix de interprétation masculine al Festival di Cannes e una nomination all’Oscar. Nel 1953 interpreta Marco Antonio in “Giulio Cesare” di Joseph Mankiewicz e riceve ancora una candidatura all’Oscar. Nel 1954 László Benedek lo vuole a tutti i costi per il ruolo di un motociclista ribelle, volgare e a tratti sadico che lui interpreta divinamente, con disinvoltura e naturalezza ne “Il selvaggio”.

Marlon Brando: il sex symbol vince l’Oscar e diventa icona pop

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Marlon Brando in una scena di “Fronte del Porto”.

Nello stesso anno si cala nei panni di Terry Mallory in uno dei suoi film che passerà alla storia: “Fronte del porto”. Questa spettacolare e dignitosa interpretazione è premiata con l’Oscar come Migliore Attore Protagonista. Nel 1955 è nel musical “Bulli e pupe” di Joseph Mankiewicz e nel 1956 ne “La casa da tè alla luna d’agosto”di Daniel Mann. Questi due ruoli non hanno però il successo sperato. I due anni successivi imprimono per sempre il suo nome tra i migliori attori in circolazione: “Sayonara” (1957) e “I giovani leoni” (1958) lo consacrano nuovamente e permanentemente alla fama.

L’immagine di Marlon diventa presto icona dei giovani americani che si trovano a vivere come lui la Grande Depressione e la Guerra in un totale clima di repressione, ribellione e voglia di emergere, infrangendo i soliti schemi. Le donne lo amano e gli uomini tentano di imitare il suo impagabile stile rude e sexy da far paura: jeans, canotta bianca e giubbotto di pelle. L’America si arricchisce brevemente di personaggi che crescendo ne segnano la storia culturale, musicale, cinematografica ed estetica: Marylin Monroe, James Dean ed Elvis Presley che insieme con Marlon costituiscono l’emblema e il sogno di tutti i teenager americani.

Nel 1959 è con la grande Anna Magnani sul set di “Pelle di serpente”. Impressionato dal suo talento e dal suo fascino intrigante Stanley Kubrick lo contatta per scrivere e girare con lui un western inconsueto, ma poi misteriosamente il progetto svanisce. Nel 1961 però è attore e regista di “I due volti della vendetta” che ha un buon successo.

Il ritiro dalla vita caotica di Hollywood dopo il matrimonio

Nel 1962 interpreta il leggendario personaggio del primo ufficiale Fletcher Christian a fianco di Trevor Howard ne “Gli ammutinati di Bounty”, sfoggiando tutto il suo fascino cupo e accattivante di cui si innamora la giovane Tarita Teriipia, con cui Brando si sposa per la terza volta. Vivono per un po’ lontano da Hollywood e dalle consuetudini di quel mondo folle e ribelle, da cui Marlon decide di prendersi una piccola pausa. Il 1963 è un anno molto importante per l’attore, poiché partecipa alla marcia su Washington per i diritti civili e comincia a rafforzare i suoi ideali politici.

Dopo qualche anno Gillo Pontecorvo nel 1969 lo sceglie per “Queimada”, una storia di rivolte e ribellioni. Lo stesso Gillo dice di lui che sul set “Era straordinario. E poi era un appassionato di cinema: metabolizzava la sua parte al punto che portarlo a quello che il regista voleva, significava sudare quattro camicie. Detto questo era anche un professionista serissimo: si batteva fino alla morte affinché andasse in porto la sua versione della parte, ma alla fine si sforzava al massimo per fare quello che gli si chiedeva”.

Gli anni dei film cult: da “Il Padrino” ad “Apocalypse Now”, passando per un “Ultimo tango a Parigi”

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Marlon Brando in una scena de “Il Padrino”.

Gli inizi degli anni Settanta cominciano con la collaborazione con l’esordiente Francis Ford Coppola per il film capolavoro “Il padrino” (1972), in cui interpreta il mafioso Vito Corleone, personaggio ormai passato alla storia con il dialetto siculo-americano da lui stesso inventato, e con cui vince il secondo Oscar.

Sempre nel 1972 è Paul, protagonista dello splendido, sensuale e silenzioso “Ultimo tango a Parigi” di Bernardo Bertolucci, di cui è indimenticabile il monologo di fronte al letto della moglie morta. Per questo lavoro viene denunciato insieme a Maria Schneider per concorso in spettacolo osceno ma in risposta ottiene una candidatura all’Oscar.

Nel 1976 affianca Jack Nicholson in “Missouri” di Arthur Penn e nel 1979 Francis Ford Coppola lo vuole a ogni costo per il ruolo del Colonnello Kurtz in un altro film tanto crudo quanto meraviglioso: “Apocalypse Now”.

La crisi finanziaria e le disgrazie familiari causano un improvviso scivolamento verso il baratro

Agli inizi degli anni Ottanta arriva la crisi che ogni attore teme. Finanziariamente le cose non vanno molto bene, i soldi sono spesi in eccessi e futili distrazioni, anche la situazione familiare non lo appaga efficacemente poiché nell’arco di tutti questi anni si è sposato tre volte e ha avuto undici figli. Ma un tragico evento che sconvolge la sua vita è l’uccisione, da parte del figlio Christian, del compagno della sorellastra Cheyenne e il suicidio della ragazza a soli 25 anni. A causa di tutto questo è costretto a interpretare ruoli che lui stesso un tempo avrebbe sicuramente rifiutato e disprezzato, ma, poiché alla lista di sfortune si accompagna una lista di debiti, decide di mettersi in gioco completamente.

Gli ultimi lavori di Marlon Brando

Nel 1990 è candidato all’Oscar come Migliore Attore non Protagonista per “Un’arida stagione bianca” (1989) di Euzhan Palcy. Negli anni Novanta recita ne “Il boss e la matricola” (1990) e “Cristoforo Colombo: la scoperta” (1992) ma lo troviamo anche al fianco di Johnny Depp “Don Juan de Marco maestro d’amore” (1994) tratto da Lord Byron e ne “Il Coraggioso” (1997). Si cimenta anche nel genere horror accanto a Val Kilmer in “L’isola perduta” (1996) di John Frankenheimer. Nel 1998 è sul set di “In fuga col malloppo” diretto da Yves Simoneau. Ma questo non è decisamente il suo decennio fortunato.

Nel 2001 Frank Oz lo dirige in “The Score” che ha molto successo. Cinque anni dopo sorprendentemente lo troviamo con immagini di repertorio nell’attesissimo “Superman Returns” (2006) per la regia di Bryan Singer nei panni di Jor – El il padre del supereroe.

La morte di un mito, la morte di un dio

Marlon muore l’1 Luglio 2004 a ottant’anni a Los Angeles in ospedale dove era stato ricoverato per gravi complicazioni dovute a problemi respiratori che lo tormentavano già da tempo. L’ultima crisi è fatale.

È morto un mito di Hollywood che il mondo intero ha avuto l’onore di ammirare, omaggiare, criticare e anche contestare e di cui lo stesso Al Pacino ha detto: “Recitare con Marlon è come recitare con Dio”.

Giusy Del Salvatore

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