In Giappone, una recente legge ha messo al bando i nomi ispirati alla cultura pop, come “Pikachu” e “Eren“, per tutelare il benessere psicologico dei bambini. Questa normativa segna un cambiamento significativo nella registrazione dei nomi, ponendo fine alla moda dei kira-kira names, che spesso risultano eccentrici e potenzialmente dannosi per i piccoli. La legge si propone di affrontare le problematiche sociali legate a nomi considerati bizzarri e inappropriati.
La nuova normativa sui nomi in Giappone
La legge giapponese, recentemente adottata, stabilisce che i genitori non possono più registrare nomi che possano essere considerati “stravaganti” o che possano arrecare disagio ai bambini. Questa decisione è stata presa per limitare l’uso di nomi che, sebbene creativi, possono trasformarsi in fonte di scherno o imbarazzo sociale. I kira-kira names, che si traducono in “nomi luccicanti”, sono spesso il risultato di giochi di parole e combinazioni di kanji, ma ora sono sotto scrutinio.
Tra i nomi che non saranno più accettati ci sono quelli che richiamano personaggi di anime o videogiochi, come “Pikachu” dei Pokémon o “Eren” di Attack on Titan. La legge mira a proteggere i bambini da eventuali conseguenze negative legate a nomi che possono attirare l’attenzione in modo indesiderato. Ad esempio, un caso emblematico è quello di un giovane che si era chiamato “Ojisama“, che significa “Principe”, e che ha successivamente cambiato nome in “Hajime“, ovvero “inizio”, dopo aver subito anni di prese in giro.
I criteri di registrazione dei nomi
Con la nuova legge, i genitori sono tenuti a specificare la pronuncia del nome al momento della registrazione. Questo passaggio è fondamentale per permettere ai funzionari di valutare se il nome scelto possa essere considerato potenzialmente dannoso. Non solo il contenuto del nome è esaminato, ma anche eventuali doppi sensi o pronunce che possano rovesciare il significato positivo dei kanji utilizzati.
Questa normativa è il risultato di un lungo dibattito tra la libertà di espressione e la necessità di proteggere i minori. La questione ha sollevato interrogativi su quanto sia giusto limitare la creatività dei genitori nella scelta del nome per i propri figli, ma le autorità giapponesi hanno ritenuto che la tutela del benessere psicologico dei bambini debba avere la priorità.
Riflessioni internazionali e casi simili
La legge giapponese non è un caso isolato. Negli Stati Uniti, ad esempio, un neonato di New York è stato registrato con il nome “Eren Yeager Bonilla“, suscitando reazioni ironiche sui social media. Un commento su X ha paragonato questa scelta a quella di chiamare un figlio “Hitler“, evidenziando come la registrazione di nomi eccentrici possa generare polemiche e discussioni. Questo confronto mette in luce come la questione dei nomi possa variare notevolmente da una cultura all’altra, ma con un tema comune: la protezione dei bambini da potenziali situazioni di disagio sociale.
La nuova legge giapponese rappresenta quindi un tentativo di bilanciare la creatività individuale con la responsabilità sociale, cercando di garantire che i nomi dati ai bambini non diventino un peso da portare nel corso della vita. Con questo provvedimento, il Giappone si allinea a una crescente consapevolezza globale riguardo all’importanza del benessere psicologico dei più giovani.
CONDIVIDI COI TUOI AMICI!