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“Black Mirror 6”: l’episodio “Joan” si ispira ad un fatto realmente accaduto

Black Mirror 6 nasconde al suo interno un episodio ispirato ad una storia vera. L’utilizzo sconsiderato della tecnologia è il tema portante anche di questa stagione. In questo caso però, l’episodio è ancora più inquietante se si pensa che è ispirato ad un fatto realmente accaduto. Molte volte infatti, le profezie della serie si sono avverate, ma non era mai accaduto il contrario fino ad ora. Andiamo quindi a vedere nel dettaglio di cosa parla la puntata intitolata “Joan”.

Come detto in precedenza quindi, per una volta è stata la realtà ad aver dato ispirazione alla sceneggiatura di una serie fondamentalmente futuristica. Le vicende rappresentate in Black Mirror infatti si concentrano sulle paure di una donna che divengono realtà. Il tutto è scaturito dall’intelligenza artificiale e della tecnica del Deep Fake. A causa di queste nuove tecnologie, alcuni creatori di uno show televisivo riescono ad esporre la donna alla gogna pubblica. Le azioni che le fanno compiere infatti, segneranno inevitabilmente la sua vita pubblica e privata.

Tutto è partito dalla firma di un contratto che permetterà ai suoi capi senza scrupoli di speculare sulla sua figura, non mostrando in alcun modo empatia nei suoi confronti. La donna infatti, a causa delle vicende che vedremo nella puntata, pur di liberarsi da questa “prigionia” sarà spinta a ricorrere ad un gesto estremo.

Charlie Brooker, l’ideatore della serie, ha svelato in un’intervista rilasciata a Metro che ha trovato l’ispirazione per scrivere questo episodio di Black Mirror 6 da un fatto realmente accaduto, dalla storia di Elizabeth Holmes CEO di Theranos. L’autore si è ispirato in parte alla serie The Dropout, con Amanda Seyfried nei panni della Holmes:

“Stavo guardando The Dropout, che era la drammatizzazione di Elizabeth Holmes e la storia di Theranos. E lo stavo guardando con mia moglie e ne stavamo parlando come, ‘Dio, sembra che sia successo ieri ed eccolo qui, come una serie drammatica.’ Quindi ho pensato: ‘Oh, questa è drammatizzazione. È un corso di storia migliore». E poi puoi introdurre l’intelligenza artificiale deepfake. Quindi, invece di lasciare un’idea alle spalle, è come una piccola melodia che suona dietro di te e trovi il posto per essa.”

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