Valerie Perrin è diventata un nome di riferimento nel panorama letterario contemporaneo, grazie al suo romanzo “Cambiare l’acqua ai fiori“, che ha raggiunto vette straordinarie di vendite e popolarità. In Francia, il libro ha dominato le classifiche per settimane, mentre in Italia ha superato il milione e mezzo di copie vendute, diventando il titolo più richiesto nelle biblioteche. Con quattro romanzi all’attivo, l’ultimo dei quali intitolato “Tatà“, uscito in Italia a novembre e già a quota 250.000 copie vendute, Perrin ha saputo conquistare lettori in trenta paesi. La sua recente partecipazione al Salone del Libro di Torino ha attirato un pubblico entusiasta, paragonabile a quello di una rock star. Durante l’evento, abbiamo avuto l’opportunità di dialogare con l’autrice, esplorando la sua vita, la sua carriera e i temi che affronta nelle sue opere.
L’infanzia a Greugnon e l’amore per le storie
Valerie Perrin è cresciuta a Greugnon, un piccolo comune francese che ha influenzato profondamente la sua scrittura. “Arrivai lì a un anno perché mio padre militava nella locale squadra di calcio”, racconta. Questo ambiente, caratterizzato da una comunità solidale e aperta, ha fornito a Perrin un terreno fertile per la sua immaginazione. “Ero già innamorata delle storie, in particolare amavo ascoltare quelle degli anziani del paese”, spiega. Queste esperienze hanno ispirato il suo primo romanzo, “I Quaderni dell’amore perduto“, in cui ha cercato di catturare le storie e le emozioni di coloro che l’hanno circondata durante la sua infanzia.
La scrittrice riflette sul suo esordio tardivo nella letteratura, sottolineando l’importanza di avere il tempo giusto per scrivere. “Prima ero molto impegnata come madre e mi dedicavo a professioni affini, come la fotografia e la sceneggiatura”, afferma. Solo quando i suoi figli sono cresciuti, ha trovato lo spazio necessario per dare vita alla storia che aveva coltivato dentro di sé per anni. La sua incredulità di fronte al successo del suo primo libro, che ha vinto tredici premi, è un segno della sua umiltà e della sua passione per la scrittura.
Le protagoniste femminili e il lavoro di ricerca
Nei romanzi di Perrin, le protagoniste sono donne che raccontano storie in modi diversi, riflettendo esperienze e sfide uniche. “Ci sono parti di me in ognuna di queste donne, della mia infanzia e delle persone che ho incontrato”, spiega l’autrice. Prima di scrivere, Perrin intraprende un lavoro di ricerca che include interviste a persone che ricoprono ruoli simili a quelli dei suoi personaggi. Ad esempio, ha condotto una vera e propria full immersion nel mondo dei custodi dei cimiteri per comprendere meglio le loro storie e le loro emozioni. “Nella vita reale ci sono storie così drammatiche e incredibili che a volte temo di esagerare quando scrivo”, confessa.
Un esempio di questo approccio si trova in “Tre“, dove una delle protagoniste, Nina, trova la forza di ricominciare dopo traumi significativi grazie al suo legame con gli animali. Perrin sottolinea l’importanza di questi esseri viventi nella sua vita e nel suo lavoro, citando anche le parole di Papa Francesco sull’amore per tutte le creature. “Ricordo l’incontro che ebbi con lui quando convocò a Roma duecento artisti per sottolineare il nostro ruolo nel testimoniare la bellezza e l’amore”, racconta.
Spiritualità e religione nei suoi romanzi
La spiritualità è un tema ricorrente nelle opere di Perrin, e in “Tatà” il ruolo della chiesa e di un sacerdote è centrale. “Quel sacerdote è un omaggio al parroco della mia infanzia, che si spendeva per la comunità”, spiega. La scrittrice ha una particolare devozione per la Madonna, portando sempre con sé una medaglietta che la rappresenta. “Credo che ci sia un rinnovato bisogno di credere e di avere speranza”, afferma, esprimendo fiducia nel nuovo Papa e nel suo messaggio di pace.
Il legame con l’Italia e le radici letterarie
Valerie Perrin ha un forte legame con l’Italia, grazie alle origini della sua famiglia materna. “Il mio bisnonno, di cognome Foppa, era del lago di Como e emigrò in Francia in bicicletta”, racconta. Questo legame culturale si riflette nella sua ammirazione per due scrittrici italiane, Martina Angus e Viola Ardone. Quando si parla di radici letterarie, Perrin esprime il suo amore per i grandi romanzieri francesi dell’Ottocento, in particolare per Zola e Maupassant, i cui drammi umani l’hanno profondamente influenzata.
Collaborazione con il cinema e il rapporto con i lettori
Valerie Perrin ha collaborato alla sceneggiatura del film tratto da “Cambiare l’acqua ai fiori“, diretto da Jean-Pierre Jeunet. Sebbene non abbia partecipato direttamente alla scrittura, ha seguito il lavoro del regista, il quale ha mantenuto una grande fedeltà al testo originale. “Nei miei romanzi ci sono molti dialoghi, che spesso ha riportato in modo fedele”, spiega.
Il rapporto con i lettori è un aspetto che sorprende sempre Perrin. “I miei lettori spaziano dalle quattordicenni alle donne molto anziane, ma ci sono anche molti uomini”, afferma con gratitudine. Incontrarli e rispondere ai loro messaggi la fa sentire profondamente riconoscente.
La felicità e l’importanza della famiglia
Infine, quando si parla di felicità, Valerie Perrin esprime la sua riconoscenza per la vita. “Ciò che conta di più per me è la famiglia“, afferma. È orgogliosa dei suoi figli e dei nipoti, e descrive la sua famiglia allargata come molto unita. La sua visione della felicità è legata a legami profondi e significativi, che rappresentano una fonte di gioia e sostegno nella sua vita.
CONDIVIDI COI TUOI AMICI!