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Un sapore di ruggine e ossa – Recensione

Film intenso e doloroso su vite al limite, dove la sopravvivenza appare l’unica meta raggiungibile e i legami affettivi fanno fatica a decollare, con una strepitosa coppia di protagonisti

(De rouille et d’os) Regia: Jacques Audiard – Cast: Marion Cotillard, Matthias Schoenaerts, Bouli Lanners, Céline Sallette, Corinne Masiero – Genere: Drammatico, colore, 120 minuti – Produzione: Belgio, Francia, 2012 – Distribuzione: Bim – Data di uscita: 4 ottobre 2012.

unsaporediruggineeossa“Un sapore di ruggine e ossa” non è un film perfetto, ma rimane dentro, e a lungo, perché arriva all’anima, toccando un ampia gamma di sentimenti umani.

Presentato in concorso al Festival di Cannes 2012, è il racconto doloroso di due esistenze, quella di Alì, con un bimbo piccolo da accudire, e quella di Sthéphanie e del suo incidente, che casualmente si incrociano e si intrecciano; è questo il fulcro della pellicola di Audiard, che racconta una storia fatta d’intimità, di dolore, ma anche di speranza, di coraggio, dell’andare avanti, anche fosse solo per sopravvivere, quando non si riesce a fare di meglio.

Audiard prende spunto dalla raccolta di racconti “Ruggine e ossa” di Craig Davidson, soprattutto per l’ambientazione, mostrando una società insicura, soprattutto economicamente, dove il vivere alla giornata è già qualcosa.

L’interpretazione della Cotillard è intensa e profonda, la sua Sthéphanie è viva, reale, arriva al cuore, soprattutto per la grande umanità. Il realismo col quale il regista propone la sua menomazione è quasi spiazzante, soprattutto per una società come quella attuale, che rifugge il dolore, volgendo gli occhi altrove: si ha quasi paura d’essere contagiati dalla tristezza altrui.

Bravo anche Matthias Schoenaerts nel ruolo di Alì, adulto immaturo e poco responsabile, la sua interpretazione è al pari di quella della sua famosa collega.

L’ambiente in cui si muovono i personaggi non è puro contorno, ogni cosa raccontata ha un suo intrinseco perché: c’è la difficoltà nel mettere assieme il pranzo con la cena, nel trovare un lavoro stabile, un tetto, il ripiegare su espedienti redditizi e magari oltre il confine della legalità, senza porsi il problema che ciò che fa guadagnare l’uno possa rovinare un altro.

Il problema del film è che ad una seconda parte dal ritmo sostenuto e dai dialoghi serrati fa da contraltare una prima parte troppo dilatata, che potrebbe scoraggiare uno spettatore stanco, facendo calare l’attenzione.

Il mare e l’acqua sono presenti lungo tutto lo svolgersi del film, come metafora di libertà e di pace.

Maria Grazia Bosu

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