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Marilyn ha gli occhi neri – Conferenza stampa

Presentato alla stampa “Marilyn ha gli occhi neri”, film di chiusura del Bif&st – Bari International Film Festival, che farà il suo ingresso nelle sale italiane il 14 ottobre con 300 copie, distribuito da 01 Distribution. Il nuovo film di Simone Godano ha per protagonisti Stefano Accorsi e Miriam Leone.

Da dove viene l’idea del film

Il regista Simone Godano ha spiegato la genesi del film: “Io e Giulia (la sceneggiatrice  Giulia Steigerwalt) abbiamo fatto un percorso professionale insieme, e già in “Croce e delizia” ci eravamo avvicinati alle manie. Sentivamo che era un territorio che volevamo affrontare: ci piace raccontare storie di persone. L’idea alla base di “Marilyn ha gli occhi neri” è l’unione di due storie che ci hanno colpito, una viene dalla proiezione notturna di “Croce e delizia” in un centro per disabili, che gestivano tutto in autonomia”, dall’organizzazione della proiezione alla vendita dei biglietti, all’assistenza dello spettatore. L’altra storia l’abbiamo trovata “ricercando ispirazioni”. E’ la storia di un inglese che, dopo aver perso tutto, si isola dal m ondo. Grande conoscitore dei meccanismi che stanno alla base dei social, in poco tempo  riesce a creare interesse attorno ad un locale che non esisteva, fino a farlo diventare nelle classifiche, il migliore ristorante di Londra. “La gente vive il mondo in un telefonino, ha proprio bisogno di partecipare a quel mondo, si sente gratificata da quello”, conclude il regista.

“Quando ci siamo avvicinati a tutto questo mondo ci siamo resi conto che la malattia mentale è una cassa amplificata in cui ciascuno di noi può ritrovarsi, per quelle manie o fragilità  che rendono difficile accettare se stessi. Accettando e gestendo i propri limiti facciamo uscire la parte migliore di se stessi. Questo mi ha spinto a scrivere, si ride con loro ma non di loro” ha aggiunto la sceneggiatrice.

Lavoro di avvicinamento ai personaggi

Per Stefano Accorsi “Si parte sempre dal copione, che era molto forte e molto coinvolgente. Si capiva che c’era un approccio empatico con i personaggi, che li vedeva dall’interno. Dopo ti informi su queste persone, e su chi li aiuta. Io sono stato in un posto in Lombardia, dove seguono un gruppo di persone che lavora in cucina. Documentarsi ti permette di entrare in un mondo”, che è diverso dal proporre un’idea cinematografica priva di veridicità. “Tutti siamo vittime delle nostre fragilità, che spesso fatichiamo a riconoscere, serve un percorso identificativo. Sul set abbiamo lasciato vivere la materia. Con Miriam si riesce sempre a giocare insieme, ci siamo buttati in questa avventura essendo complici, spalleggiandoci, questi personaggi non puoi portarli avanti da solo”.

Miriam Leone si è detta felice di poter vedere i giornalisti in presenza, e nutre la speranza che le restrizioni pandemiche vadano presto esaurendosi, permettendo una riapertura al completo delle sale cinematografiche. Ritiene che per questo film si sia passati “da persona a personaggio per ritornare persone. Il mio personaggio non crede in se stessa ma è talmente empatica da credere negli altri. L’equilibro sopra, dentro, sotto alla follia, è stata una sfida durissima, ad iniziare dalle lenti a contatto, che dovevano essere credibili, far parte di un personaggio reale. In fondo l’altro da se è dentro di noi. Io sono stata in questi centri diurni camuffandomi, stare con loro mi ha reso ancora più normale nell’affrontare il personaggio”. L’attrice ha poi detto di aver trovato molto interessante che la storia si muova su più registri.

I diversi registri narrativi e le fonti di ispirazione

Il regista ha spiegato come “Marilyn ha gli occhi neri” sia un film dove effettivamente, come ha detto la Leone, ci si muove su più registri, anche all’interno delle singole scene, per cui è stato  importante trovare il giusto equilibrio. Si è detto particolarmente colpito dal fatto che in questi centri diurni le persone sono come dei bambini che hanno un’estremizzazione delle emozioni. Riguardo alle ispirazioni ha poi affermato di nutrirsi di cinema americano e che film come “Il lato positivo”, “Se mi lasci ti cancello” e “Ubriaco d’amore” sono stati dei riferimenti, così come il cinema nordico, per la capacità  di raccontare con ironia i disagiati.

Stefano Accorsi ritorna sull’evoluzione ‘persona-personaggio-persona’ parlando poi delle tante sottotracce presenti nel film che proiettano lo spettatore in un mondo complesso. L’attore crede  molto nella “costruzione del personaggio, nell’intelletualizzazione della preparazione dei personaggi”. Da anni ha una coach che lo affianca nella loro preparazione. “Dopo non è detto he serva tutto, ma siamo stati nel corpo, nella carne dei personaggi, ti aiuta magari saper che un tic è una zona di conforto per il personaggio, e così via. Io in questo caso mi sono buttato in un corpo a corpo col personaggio”. Riguardo alle ispirazioni cita “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, “Il lato positivo” e “Jocker”.

“La struttura del personaggio ha bisogno di essere costruita” aggiunge la Leone, “ci abbiamo messi i corpi, una gioia di stare insieme, con un’energia e un’entusiasmo che ci fa vivere il momento, riempiendo gli spazi con momenti di verità”.

In tempi di controllo assoluto un messaggio come questo è quasi rivoluzionario

Mrilyn ha gli occhi neri scena film

Per Miriam Leone “E’ naturale che ci si interroghi sulla diversità in un momento di omologazione, quello che porta il film è il non giudizio sull’alterità, e che l’altro è dentro di noi. Tu entri dentro la storia, è qualcosa che fa parte di te, qualcosa di positivo, non è “Ragazze interrotte”. Non è un film indie che propone un aspetto, le cose nel film accadono, è interessante l’unione nella diversità, da cui i protagonisti trovano la forza”.

Per Accorsi: “Noi tutti abbiamo a che fare con la comunicazione, abbiamo tanti riferimenti. In questi centri diurni ti rendi conto che hanno un altro universo. Mi fa tenerezza pensare che, come i bambini, si meravigliano per cose piccolissime.” Per l’attore i social, che lui usa, hanno cambiato la società: “Non credo che avremmo la vita che abbiamo e i politici che abbiamo senza social. A me poi tocca molto il rapporto con la figlia, ci sentiamo sempre autorevoli con i figli, con le persone più piccole. E’ difficile essere fragile davanti ai propri figli. Si passa dall’essere un eroe a essere un coglione. I nostri figli hanno anche loro modo di aiutarci.”    

Aggiunge la protagonista: “Mi sono rimaste impresse le frasi che dice Diego a Clara: Tu vai bene esattamente così come sei! Nel film è bello che questo essere se stessi arriva dopo aver conosciuto se stessi. Diego fa da specchio, le fa capire ciò che ha di buono. Quando fai certi personaggi ti rendi conto di cosa significhi vivere in una minoranza, questo film non è politico, ma è emblematico perché è umano. E’ facile sentirsi forti quando si è tanti, dice a ragione il mio personaggio”.

La sceneggiatrice di Marilyn ha gli occhi neri parla del suo rapporto con i social

“Io sono allergica ai social, non riesco a usarli, quindi ho questo punto di vista esterno, non giudico, ne comprendo l’utilità. Mi ha divertito molto utilizzare il fatto che quanto percepito può essere non reale. E’ una metafora per cose più profonde, e si ricollega al tema della diversità, mi piaceva scrivere un film dove il diverso è bello, perché in realtà lo siamo tutti. La perfezione, lo standard alto, veicolato, porta frustrazione, difficoltà. La felicità è accettare se stessi, dai social spesso i giovani traggono un senso di inadeguatezza che sfocia nella non accettazione di se. Mi piaceva nel piccolo dare messaggi diversi.”

Aggiunge Godano: “”Marilyn ha gli occhi neri” è un film bello da vedere in sala perché ti immergi, per staccare dal mondo, ognuno ci vedrà ciò che vuole vedere”.

Maria Grazia Bosu

03/10/2021

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