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Una notte di 12 anni (2018)

Recensione

Una Notte di 12 Anni – Recensione: la dittatura militare dell’Uruguay vista in uno dei suoi peggiori inferni, i calabozos, ossia le detenzioni estreme

Una Notte di 12 Anni recensione

Il regista Alvaro Brechner scrive e dirige un autentico capolavoro partendo dalla lettura di “Memorie del Calabozo“, di Mauricio Rosencof e Eleuterio Fernández Huidobro, due guerriglieri tupamaros che, per ben dodici anni, sono stati rinchiusi dal regime militare uruguayano in celle di detenzione estreme, a volte dei minuscoli pozzi denominati appunto, calabazos.

Brechner ha dichiarato di aver intrapreso uno studio approfondito, storico, personale e intimistico per arrivare a descrivere una storia complessa nel migliore dei modi, includendoci anche le vicende di un terzo prigioniero, ossia José “Pepe” Mujica, che dopo la detenzione diverrà Presidente dell’Uruguay.

Sono esattamente dodici anni, dal 1973 al 1985, quelli che i tre protagonisti passano in diverse carceri militari con un obiettivo chiaro da parte del regime: visto che non possono essere ammazzati, si cerca di condurli alla pazzia rinchiudendoli in contesti disumani, ma soprattutto infliggendo loro torture fisiche e psicologiche, deprivazioni di cibo, di contatto umano, di relazione coi familiari, di una qualsiasi interfaccia con una qualsiasi realtà che non siano le mura delle loro celle.

Una notte di 12 anni: un capolavoro su una pagina nera della storia dell’Uruguay

Una Notte di 12 Anni still

Con “Una notte di 12 anni” il regista ha realizzato un capolavoro senza trascurare nulla, scegliendo cast tecnico e artistico in maniera impeccabile. La realtà uruguayana viene riportata fedelmente nelle innumerevoli scene di detenzione come nei flashback che ci raccontano le azioni dei protagonisti quando militavano come guerriglieri del Min (Movimento di Liberazione Nazionale) o in quelle in cui furono arrestati e deportati nelle carceri militari. Non si tratta in effetti di un prison movie ma di un film intimistico, psicologico, di denuncia sociale e di descrizione della complessità di risorse della natura umana. Le scene più significative restano quelle in cui i prigionieri sono soli con le loro menti, momenti in cui devono imparare a gestire un inferno di privazioni per sopravvivere e continuare a sperare sull’esito di un rovesciamento politico nazionale.

Mauricio Rosencof (Chino Darìn) e Eleuterio Fernández Huidobro (Alfonso Tort) erano compañeros prima dell’arresto, e in alcune delle prigioni che occupano trovano la maniera di comunicare battendo colle nocche sul muro, utilizzando il linguaggio Morse. In alcuni sparuti momenti riescono a relazionarsi coi loro aguzzini. Sembra poca cosa ma è bastato alle loro menti per mantenere un minimo di integrità. Josè Mujica (Antonio Della Torre) vive un isolamento più estremo, finendo per sviluppare una sindrome delirante nella quale non sprofonda in maniera irreversibile solo grazie ad alcune visite della madre, che con un coraggio estremo lo sprona a resistere.

I tre attori sono stati coinvolti dal regista in un lavoro di ricerca e studio della realtà che dovevano raccontare, sono dimagriti di 15 chili e nelle loro performance, con la complicità di una fotografia mirabile, assurgono al ruolo di tre contemporanei Cristo, condannati su una croce per 12 anni, dalla quale scenderanno vivi, ma che non di meno denuncia l’orrore della natura umana dei loro persecutori.

Le mura delle prigioni costantemente riprese rappresentano quasi un ulteriore protagonista sulla scena e la colonna sonora, mirabilmente curata, alterna commenti musicali tenui e pertinenti alla forte diffusione di suoni metallici e rimbombanti dei cancelli chiusi dietro le loro spalle.

Durante la visione ci si commuove spesso, nelle scene in cui la caparbietà dei familiari tiene in vita la speranza dei detenuti, nelle scene in cui i tre protagonisti riescono a ricavarsi attimi di recupero della loro vitalità psicologica, nelle scene finali in cui tornano letteralmente a riveder le stelle e vengono riportati a quella dignità della quale nessun essere umano dovrebbe mai essere privato.

Marco Marchetti

Trama

  • Titolo originale: La Noche de 12 Años
  • Regia: Álvaro Brechner
  • Cast: Antonio de la Torre, Chino Darín, Alfonso Tort, Soledad Villamil, Sílvia Pérez Cruz, César Troncoso, Nidia Telles, Mirella Pascual, César Bordón, Luis Mottola
  • Genere: Drammatico, colore
  • Durata: 123 minuti
  • Produzione: Francia, Argentina, Spagna, 2018
  • Distribuzione: Bim Distribuzione e Movies Inspired
  • Data di uscita: 10 gennaio 2019

Una notte di 12 anni poster itaÁlvaro Brechner racconta una delle pagine più brutali della storia dell’Uruguay, portando sui grandi schermi i dodici anni di torture che l’ex presidente della nazione, il ministro degli interni e un giornalista furono costretti a subire per opera del regime totalitario della destra uruguaiana.

Una notte di 12 anni: il lungo cammino per la libertà

É il 1973 quando in Uruguay Juan Maria Bordaberry con un colpo di stato acquisisce i pieni poteri politici, dando così inizio a una politica del terrore che avrà centinaia di vittime sulla coscienza. I principali nemici di Bordaberry sono i guerriglieri dei Tupamaros, esponenti della sinistra radicale, che lottano per la libertà dell’Uruguay, pagando un caro prezzo.

José Mujica, Eleuterio Fernàndez Huidobro e Mauricio Rosencof, all’epoca membri dei Tupamaros, conosceranno bene sulla loro pelle cosa il regime di Bordaberry sia in grado di fare: temendo l’opposizione il dittatore uruguaiano ordinerà infatti l’incarcerazione immediata di tutti i rivoluzionari. Così i tre uomini si ritroveranno a essere prigionieri in un carcere politico per 12 anni, dal 1973 fino al 1985, subendo dolorose e mostruose torture, ma rimanendo sempre fedeli a loro stessi e ai loro ideali.

Una notte di 12 anni: la lunga eclissi della democrazia

Nonostante i tre protagonisti passarono terribili anni di prigionia, spesso in isolamento forzato, riuscirono comunque a vedere i loro sogni di democrazia diventare realtà. Dopo un lungo cammino politico Mujica venne nominato nel 2010 quarantesimo presidente dell’Uruguay, rimanendo in carica fino al 2015, Eleuterio Fernandez Huidobro è invece attualmente il ministro degli interni, mentre Mauricio Rosencof è diventato un giornalista e scrittore di successo proprio grazie alla sua testimonianza degli oscuri anni di prigionia.

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