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Il mondo sulle spalle: in onda il 19 febbraio su Rai 1

Recensione

 

“Il mondo sulle spalle” vuole portare in scena uno spaccato della vita italiana degli ultimi 15 anni, afflitta dal 2007 dalla Grande Recessione che ha spinto alla chiusura di 82.000 aziende solo nel nostro Paese.

Il mondo sulle spalle: una storia italiana da raccontare con orgoglio

Il mondo sulle spalle: in onda il 19 febbraio su Rai 1

 

“Il mondo sulle spalle” racconta una storia di grande forza, di cui si sono presi cura Giuseppe Fiorello e Sara Zanier, con un’interpretazione coerente e un feeling percepibile.
Nel complesso risulta ben riuscito il ruolo di Marco, nonostante traspaia in alcuni momenti un buonismo eccessivo in contrasto con alcune scelte egoistiche del personaggio.
Appare comunque più energica Sara, che ha forse il ruolo di donna forte e in carriera, più vicino alla realtà di quanto sia quello di Fiorello, nei panni dell’eroe senza macchia senza paura.

Un cast generoso, che si mostra sensibile alle vicende, la cui unica pecca è quella di essere inserito in una forse troppo schematica sceneggiatura, che si avvale però di un’ambientazione intrigante – quella della vita lavorativa all’interno di una azienda – e quasi mai presa in considerazione dalla televisione.

Il mondo sulle spalle: un’unica chiave di lettura

Il regista Nicola Campiotti esordisce con un film televisivo in linea con le aspettative del pubblico medio, che ha una narrazione lineare e quindi di facile comprensione. Dopo una troppo lunga presentazione dei personaggi, il racconto scorre attraverso classici movimenti di macchina, che accompagnano la spettatore con, probabilmente, un po’ troppo timore di lasciargli la libertà di spaziare nelle inquadrature.

Un’assistenza continua e un po’ ridondante, esagerata dalle musiche, spesso melodrammatiche.
Interessante risulta l’inserimento di alcune immagini di repertorio degli scioperi delle aziende, che come uno schiaffo, riportano alla veridicità della storia, caratteristica di cui ci si dimentica durante la visione proprio a causa di un eccessivo infiocchettamento del racconto.

Una storia di cui bisogna essere al corrente, anche perché il nostro eroe è reale e si chiama Enzo Muscia, che ha voglia di abbandonare gli esagerati lustrini di cui solitamente ci adorniamo in Italia per raccontare qualcosa, ma che alla fine non vi rinuncia.

 

Barbara Sebastiani

18/02/2019

 

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