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Il cattivo poeta: presentato alla stampa il film con Sergio Castellitto

Gianluca Jodice, regista del film con Sergio Castellitto nei panni del poeta e politico Gabriele D’Annunzio, intitolato “Il cattivo poeta”, ha presentato insieme al cast e ai produttori, il film alla stampa. Presenti il protagonista Sergio Castellitto, il co-protagonista Francesco Patané e i produttori Matteo Rovere e Andrea Paris. Il film, in uscita nei cinema il 20 maggio 2021, racconta gli ultimi anni di vita di Gabriele D’Annunzio e il suo rapporto con il giovane Comini, inviato per sorvegliarlo. È un momento di crisi per il poeta, scrittore, drammaturgo e patriota italiano, che si distanzia sembra di più da quel Partito in cui credeva e che si stava trasformando in una dittatura. Lo stesso Comini, agli albori della Seconda Guerra Mondiale, affronta il contrasto tra il suo immaginario individuale e quello dell’Italia fascista.

Ecco le domande della stampa

Il cattivo poeta

Gianluca Jodice hai scelto di fare un film al di fuori delle convenzioni e delle abitudini del cinema italiano, è un progetto ambizioso, da dove è nato il desiderio di raccontare questa storia che è anche la Storia del nostro Paese?

Gianluca Jodice: “il filone in cui cercavo di inserirmi era quello di una consuetudine del cinema italiano di una volta, perché credo che oggi si lavori molto di rimessa. Io ho esordito relativamente tardi rispetto a molti altri cineasti e questo mi dava e mi dà modo di essere un po’ più ambizioso e coraggioso. Ho scelto un personaggio come D’Annunzio perché quando Matteo Rovere mi parlò di un biopic, io pensai subito al poeta. Mi ricordavo quest’uomo recluso e inquieto, che ha vissuto per quindici anni chiuso nel suo castello, maestoso e cupo al tempo stesso. L’immaginario degli ultimi anni di D’Annunzio era un insieme di ossessioni, perversioni, droga e quasi totale assenza della sua vena artistica. D’Annunzio è stato vittima di una damnatio memoriae, era una personalità contraddittoria e  complessa, che ha vissuto mille vite e che non è mai stata raccontata dal cinema”.

Cosa di questo progetto ha attratto i produttori?

Matteo Rovere: “il biopic è un tipo di cinema realizzato sempre con un certo orgoglio. Spesso è la rappresentazione di personaggi importanti della nostra cultura. D’Annunzio è un poeta che ha caratterizzato il novecento, capace di smuovere le folle. È stato protagonista di una realtà storica sorprendente, e in questo film si analizza tutta quella rete di legami personali e rapporti con la politica e con il fascismo. ‘Il cattivo poeta’ è infatti una pellicola attenta dal punto di vista storico e filologico, tutto ciò che accade nel film è reale, è frutto di un grande recupero di situazioni, lettere e parole pronunciate da D’Annunzio stesso. Accanto all’intrattenimento di una storia come quella di Jodice c’è anche uno sguardo diverso a un noto personaggio che, attraverso la rappresentazione della realtà, può essere per ognuno interpretato in maniera differente.

Andrea Paris: “per noi il mondo del biopic era un sfida. È un genere molto attuale e ci piaceva poter raccontare e dare un punto di vista diverso su una figura controversa come D’Annunzio. I materiali scelti e utilizzati all’interno della sceneggiatura sono stati presi da dialoghi realmente avvenuti in circostanze simili. Quindi ‘Il cattivo poeta’ partiva da una base concreta e reale. Questo è l’elemento che ci ha catturato, il fare luce su un protagonista del novecento.

Per accedere a questi libri, fonti, lettere e documenti sono stati necessari permessi particolari?

Gianluca Jodice: “c’è un libro, introvabile, di uno storico e giornalista, di cui sono state stampate pochissime copie, dove sono state trascritte tutte le lettere tra Starace e Comini, oltre a centinaia di pagine di diario dove il giovane documentò la sua esperienza personale. Il giornalista estrasse i momenti più salienti del diario scritto da Comini durante la sua missione, dedicandogli un’intera parte del libro. Le parole pronunciate nel film sono invece prese da articoli e lettere, mentre la struttura e il rapporto tra i due è stato ricostruito, appunto, grazie al libro del giornalista”.

Castellitto come hai lavorato sulla trasformazione fisica del poeta?

Sergio Castellitto: “D’Annunzio era un insieme di fantasia, sapienza, immaginazione, pericolosità e crudeltà. Tutto nel film viene fotografato nell’ultimo anno della sua vita e in un incontro che ha maggiormente caratterizzato il pensiero di D’Annunzio e cioè la giovinezza. Incontra questo ragazzo che ha di fronte a sé più futuro che passato, mentre lui ha più passato che futuro, e questo contrasto è centrale. Nonostante io fossi attratto dell’elemento storico del film, è stato l’animo di D’Annunzio ciò su cui ho lavorato. Anche il luogo, il Vittoriale, è una sorta di sito archeologico, trasmette potenza, morte, spirito bellico, decadenza e desiderio di vita, in ogni angolo. Il film non sarebbe stato lo stesso senza la possibilità di utilizzate il Vittoriale”.

Interpretare personaggi realmente esistiti

Il cattivo poeta

Avete preso molto da ciò che ha scritto e lasciato D’Annunzio, che cosa avete aggiunto di vostro? Per il produttore invece come sono state organizzate le location?

Sergio Castellitto: “io credo che si inventi sempre anche quando si imita. Il lavoro più importante, in questi casi, è non avere paura delle grandezza del personaggio. Io sono abituato a interpretare personaggi realmente esistiti, ma mi confronto sempre con un personaggio che per me deve essere inventato, perché si inventa anche quando si ricostruisce”.

Gianluca Jodice: “noi siamo partiti da una scrittura e documentazione dettagliata di luoghi, stanze e movimenti. Però Sergio Castellitto ha anche dato vita a picchi d’improvvisazione che andavano a vivificare e sorprendere un binario già scritto e strutturato”.

Francesco Patanè: “io mi sono documentato al contrario, ho cercato di dimenticare tutto quello che sapevo su D’Annunzio. La particolarità di Comini è proprio questa, lui sa sul poeta ciò che sanno tutti, conosce le sue imprese eclatanti, ma non ha mai letto nulla. E così io ho cercato di liberarmi di tutto quello che avevo studiato a scuola, della mia opinione personale sulla sua poetica e personalità. Per interpretare Comini dovevo avere questa soggezione, curiosità e anche voglia di scoprire qualcosa che non conoscevo.

Matteo Rovere: “Il Vittoriale è stato come un personaggio silente del film, è stato fondamentale. È un museo sia scenico che d’arredamento, è come se avesse un’anima. Il resto invece è stato realizzato con gli effetti visivi”.

“Il cattivo poeta” titolo simbolico

Il cattivo poeta

Il titolo “Il cattivo poeta” si riferisce al cattivo D’Annunzio rispetto al fascismo o a quello che si è pensato di D’Annunzio negli anni?

Gianluca Jodice: “il cattivo poeta è un appellativo che si diede D’Annunzio stesso in una lettera, riflettendo sul cambiamento delle sue attività durante l’ultimo periodo di vita. Si riferisce a sé con ironia e affetto, ma il cattivo è anche quel cattivo maestro che lui è stato definito da altri”.

Castellitto nella tua formazione cosa ha rappresentato D’Annunzio e cosa hai scoperto con questo film?

Sergio Castellitto: “non c’è stato un poeta tanto amato e adorato in vita, esiste il mito di D’Annunzio, è considerato un inventore e un genio a 360°. Ma al tempo stesso non c’è stato un uomo più maledetto e odiato durante e dopo la sua morte. È stato definito in decine di modi negativi nel dopoguerra e nel cinema si ha la possibilità di rappresentare anche altro”.

“Il cattivo poeta” è sicuramente un film di memoria, ma quanto questo film può parlare all’oggi, al moderno e quanto può essere attuale?

Sergio Castellitto: “Jodice parla di futuro attraverso l’archeologia, dopo cento anni ancora oggi entriamo in polemiche che ci vengono attribuite in base ai film ai quali partecipiamo. D’Annunzio racconta sia di qualcosa che è accaduto, ma anche di qualcosa che non è ancora accaduto”.

Gianluca Jodice: “il presente si modifica quando si guarda al passato, io ho voluto fare un film inattuale, non ho cercato legami con l’attualità. Volevo interrogarmi su un’epoca senza evidenziare coincidenze con l’attualità, la cronaca e la politica di oggi. È chiaro che se il pubblico trova nella visione una serie di strumenti per decifrare dinamiche e passaggi di ciò che accade oggi si tratterebbe di un ottimo risultato. Gli anni trenta sono anni particolari: le differenze rispetto all’oggi riguardano un’avanzata tecnologia, ma i grandi mutamenti dell’epoca sono quelli che si vedono ancora oggi”.

Sergio Castellitto: “Il potere ha sempre avuto bisogno degli artisti e viceversa. Dal punto di vista ideale e studentesco un’artista dovrebbe essere assolutamente contro chi comanda, nonostante possa essere d’accordo con la politica e l’aspetto sociale”.

Gianluca Jodice: “D’Annunzio è stato un poeta sia molto italiano che anti italiano”.

Cinema di genere

Il cattivo poeta

Matteo Rovere c’è da alcuni anni una predilezione del cinema di genere. Che posizionamento sul mercato potrebbe avere questo film storico? Per Francesco Patanè il personaggio di Comini rappresenta la contraddittorietà della guerra, le controversie vissute emotivamente. Che cosa dal punto di vista del pubblico vorrebbe trasmettere?

Matteo Rovere: “sì, abbiamo realizzato molti prodotti che guardano al presente, ma relativamente: ci siamo spostati in vari periodi storici. L’Italia negli ultimi dieci anni ha più voglia di sperimentare linguaggi e codici diversi. È un terreno fertile di storie e di Storia e quindi è importante raccontare l’Italia del passato. È un Paese che ha con sé altre realtà e verità, e bisogna ricordare in che tessuto siamo cresciuti”.

Francesco Patanè: “il ruolo di Comini è quello di un federale fascista mandato in missione a spiare D’Annunzio. La sua idea di poter entrare in una guerra coincide con quello che lui crede cje la guerra possa portare al suo Paese e alla sua famiglia. I suoi sentimenti sono genuini e puri, ma cedendo alle lusinghe e credendo a una promessa di un futuro migliore, abbraccia con passione gli ideali, poi ha la fortuna di incontrare D’Annunzio. Il poeta gli apre gli occhi quando Comini è già dentro e all’interno di un processo. La sfida come attore è stata la presa di coscienza e il cambio di rotta: è interessante raccontare la capacità di accettare un rischio, perché se uno crede tanto in qualcosa, ma può avere un’opinione diversa, vuol dire che ha il coraggio di andare fino in fondo, e di prendere consapevolezza che, alla fine, può anche cambiare idea”.

Anche nell’arte dell’interpretazione è vero ciò che che dice D’Annunzio nel film e cioè che ogni idea messa in pratica sarà più deludente in futuro?

Sergio Castellitto: “quando si crea qualcosa spesso si è in preda all’adrenalina, e poi si inizia a lavorare di sottrazione. L’esperienza che conta è arrivare al risultato”.

Come è stato scelto Francesco Patanè per il ruolo?

Gianluca Jodice: “Francesco Patanè faceva da spalla ai provini, cioè dava le battute agli attori in lista per il ruolo che si presentavano alle audizioni. Poi nel corso dei casting ci siamo resi conto che anche nel dare le battute e negli sguardi c’era una capacità particolare. E quindi abbiamo deciso di fare un provino anche a lui. Dopo ne abbiamo fatti altri e quando siamo andati da Rovere per fargli vedere i provini dei vari attori, avevamo paura che la nostra prima scelta, e cioè un attore esordiente in un ruolo da protagonista poteva farlo dubitare, e invece anche lui è stato subito d’accordo su Patanè”.

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