Eco Del Cinema

Il banditi del tempo (1981)

Recensione

I banditi del tempo: non solo una fiaba

I banditi del tempo scena

Si srotola una mappa. Inizia la storia…

Se capita, ogni tanto, una buona notizia in questo 2021, è sicuramente scorrere dolcemente con la memoria alcuni anniversari di film che hanno segnato la storia del cinema. Sono passati 40 anni (1981- 2021) dal film forse più rappresentativo e anche più dimenticato della cinematografia di questo artista, Terry Gilliam, ex membro dei Monty Python, innamorato dell’Italia, dal sorriso contagioso e di una fantasia surreale e dal potenziale infinito.

Ancora a 80 anni (arrivarci a 60, in questa forma), questa energia sembra intatta e vederlo ancora con quella espressione da ragazzino in lotta perenne contro le istituzioni non può non far sorridere e riflettere su quanto manchino all’industria fanciulli anarchici di questo calibro. Impossibile non andare con la mente al suo tormentato (come per quasi tutti i registi che ci hanno provato, Orson Welles su tutti) al suo “L’uomo che uccise Don Chisciotte”; un’opera che sembrava potesse calzargli a pennello, ma dopo mille vicissitudini quello che ne è venuto fuori non è che un frullato, nemmeno tanto buono. Come dice qualcuno, forse al momento il vero Don Chisciotte di Gilliam è ancora vivo nel personaggio di Parry interpretato da Robin Williams, in “La leggenda del Re Pescatore”.

“I Banditi del tempo” è il film di maggior successo della Handmade Films, la casa di produzione dell’ex componente dei Beatles George Harrison, che da un “modesto” budget di 5 milioni sbanca, superando e non di poco i 40 milioni di dollari nel mondo di incasso.

Lo stesso Harrison, in collaborazione con Mike Morn, si occupa delle musiche inserendo nei titoli di coda l’inedito “Dream Away”, l’ex Monty Python scrivendolo a 4 mani insieme all’amico e collega Micheal Palin (anche nel ruolo di attore nel film, nei panni di Vincent) ci guida come un Virgilio dantesco, usando il filtro della distopia per mettere al servizio della sua grottesca ironia la narrazione di una storia a metà strada fra i “Viaggi di Gulliver”, (giganti compresi) e “Alice dietro lo specchio”.

I banditi del tempo: Gilliam e la sua maturazione artistica. Fine dell’avventura con la famiglia Python

I banditi del tempo recensione

Tutto ha origine in una casetta borghese americana, dove il piccolo Kevin, (Craig Warnock) ignorato dai genitori (David Daker, il padre e Sheila Fern, la madre), viene svegliato bruscamente da un cavaliere a cavallo che irrompe nella sua stanza uscendo dall’armadio per poi fuggire al galoppo in una foresta raffigurata in una foto appesa sul muro della camera da letto. Spaventatissimo, Kevin si guarda in giro, però, trova che la sua stanza è tornata alla normalità.

La sera successiva, nuovamente, viene svegliato dai rumori provenienti dal guardaroba, ma questa volta sono sei nani (di nome Fidgit, Strutter, Og, Wally, Vermin e Randall) che escono fuori e trascinano il piccolo protagonista a spasso e a rischio nel tempo, attraversando varie epoche e facendo incontri straordinari.

Anche se lo scioglimento ufficiale dei Monty Python avverrà nel 1983, quindi due anni dopo l’uscita del film, Terry Gilliam avvia il congedo con grande affetto dalla storica e inarrivabile esperienza con i colleghi comici inglesi, approcciandosi ad un genere, quello fantasy, omaggiando il suo recente passato e rimodellandolo secondo la sua personalissima idea di onirico e fantastico.

“I banditi del tempo” rappresenta una sorta di terra di mezzo. Un cordone ombelicale teso fra il ventre Pythoniano e il Gilliam professionalmente formato. Alla sua realizzazione hanno infatti partecipato alcuni membri del gruppo; nella fattispecie, Michael Palin (co-sceneggiatore e attore) e John Cleese (attore).

Tornando alla storia; confuso ed emozionato, il piccolo Kevin cerca di carpire maggiori informazioni ai nani, scoprendo così che essi non sono altro che “rapinatori internazionali” licenziati dal “Supremo” (Ralph Richardson).

Un tempo quindi alle dipendenze di Dio come creatori inferiori, hanno deciso di mettersi in proprio. Sfruttando una mappa del tempo a lui sottratta, se ne vanno di epoca in epoca, tentando di rubare i tesori più incredibili esistenti.

Il cast del film è stellare, e in stato di grazia; composto perlopiù da amici di una vita, come Sean Connery nella parte di Agamennone, Ian Holm in un immenso Napoleone, che tanto più alto dei nostri nani non è, e un divertentissimo Cleese ad interpretare un Robin Hood scemo e divertentissimo.

Con un montaggio sufficientemente dinamico e una messa in scena grottesca e creativa, Gilliam sciorina un talento unico nel costruire mondi alieni.

Nonostante un budget non certo faraonico (pochi soldi, per giunta concessi solo grazie alla presenza come già accennato di Sean Connery nel cast), il Gilliam edifica scenografie spettacolari. Emblematica in questo senso la “Fortezza delle Tenebre”, oscura prigione sospesa fra più poli opposti: il maestoso e l’arcano, lo steampunk e il classico, il cupo e l’assurdo; assurdo e potente come il teatro dello scontro finale tra il bene supremo e il corrispettivo “Male” Abbiamo con “I banditi” già tanto, tantissimo Terry Gilliam che verrà in questo suo primo film da solista.

Questi sali e scendi sulle montagne russe di viaggi e avventure, sono temperati da momenti demenziali ed esteticamente magnetici. Come non pensare alla scena del balletto dei nani alla corte di Agamennone. Gilliam si affida alle proprie radici culturali, producendo un patchwork visivo che spazia allegramente dalla filiazione cartoonistica tipica del regista americano, al demenziale, passando per il vaudeville fino ad approdare all’onirismo che pervade l’intera, magistrale, architettura scenografica del mondo del male, in cui la spazialità vive di dilatazioni e restrizioni continue, che raggiungono l’apoteosi nella sequenza dalla fuga dalla gabbia immersa nell’oscurità.

I banditi del tempo: ci manchi Terry, regista contro il sistema

I banditi del tempo Terry Gilliam

Lunga vita A Terry Gilliam! É doveroso omaggiarlo con i 40 anni dall’uscita di un film che come detto sopra, vuole proporre due anime che ancora per Gilliam è necessario che coesistano, che rimangano insieme, in completa armonia ancora un po’, per non separare in modo traumatico il comico, il demenziale e la denuncia sociale e la sua dimensione più sinistra, cupa che avrà completa maturazione 4 anni dopo con “Brazi”l e proseguendo oltre fino ad un declino negli ultimi 10 anni, che si spera sia solo temporaneo.

“I banditi del tempo” a differenza di altri film vintage non è invecchiato benissimo, probabilmente dovuto al bisogno intimo del regista americano di mettere tonnellate di carne sul fuoco che stenta a cuocere. Un mare di idee meravigliose che prende vita con una prima parte sostanzialmente fatta su misura per un pubblico giovane, pieno zeppo di trovate comiche per poi sterzare nella seconda, oscura, sinistra e angosciante, che termini con un finale aperto e che lascia un discreto turbamento.

Un film da riscoprire e godersi anche se tale anarchia e un drastico cambio di registro unito a ritmi comici pythoniani che mal si sposano con il genere avventuroso, non tengono proprio inchiodati al divano.

Non un film evergreen, in parole povere, da rivedere infinite volte come “I Goonies”, “Ritorno al futuro”, “Blade Runner”, “La Mosca” o “La cosa”.

É chiaro che prima di una certa età sia di non immediata comprensione. Ma rimane assolutamente un titolo imprescindibile. Divertente per i più giovani ma solo fino ad un certo punto e illuminante, fondamentale e godibilissimo invece per un pubblico più maturo, con un discreto bagaglio culturale cinematografico e non solo.

Una gioia e gioiello per gli occhi e la mente che in poche parole non può essere definito in un unico genere per gli strati e i crismi che lancia, e questo rimane una nota di merito e il tratto magnifico e distintivo del regista americano. Oltre che essere l’unico regista che io sappia a cui abbiano intitolato un asteroide. Non male
Ma vogliamo fargli questi auguri sì o no? Si. Cari Kevin e maledetti nani, auguri di cuore.

Terry Gilliam è stato ed è capace di divertire e commuovere come pochi altri grandi. Uno dei pochi a comunicare con chiarezza come avere la forza e il coraggio di sognare, rappresenti la sola e unica soluzione di fuga possibile. L’unico film, questo, capace più di tutti gli altri della sua cinematografia di identificare il senso profondo dello “stare al mondo” cinematografico di questo regista, rimanendo sospesi ad occhi aperti in quel limbo di istante perduto da cui, forse, è nato tutto.
Il film termina qui… sì srotola la mappa nei titoli di coda.

Amerigo Biadaioli

Trama

  • Titolo originale: Time Banditsdi
  • Regia: Terry Gilliam
  • Cast: Sean Connery, Ralph Richardson, John Cleese, Shelley Duvall, Katherine Helmond, Ian Holm, Michael Palin, Peter Vaughan, David Warner, David Rappaport, Kenny Baker, Malcolm Dixon, Mike Edmonds, Jack Purvis, Tiny Ross, Craig Warnock, David Daker, Sheila Fearn, Jim Broadbent
  • Genere: Fantastico, colore
  • Durata: 89 minuti
  • Produzione: Gran Bretagna, 1981

I banditi del tempo poster“I banditi del tempo” è un film del 1981 diretto da Terry Gilliam che pochi anni dopo lascerà la storica compagnia dei Monty Python per dedicarsi al cinema in totale autonomia.

I banditi del tempo: la trama

Sei nani assistiti dall’Essere Supremo (Ralph Richardson) e insidiati da Satana (David Warner) scortano uno scolaretto inglese in un viaggio a ritroso nel tempo in cui incontra diversi celebri personaggi storico-leggendari: Robin Hood (John Cleese), Agamennone (Sean Connery), Napoleone (Ian Holm).

Trailer

Articoli correlati

Condividi