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Human O.a.k – Human of a Kind: un’opera dolce e poetica

Human O.a.k – Human of a Kind: contenuti universali in pochi minuti

Human O.a.k - Human of a Kind corto

Per loro natura i corti hanno l’obbligo di dover concentrare in un tempo filmico ristretto concetti chiave che permettano un’immediata lettura del pensiero degli autori, ciò dona a queste opere una capacità di sintesi che spesso latita nei lungometraggi. Il corto di Ulisse Lendaro è un chiaro esempio di come un breve intervallo di tempo sia sufficientemente per veicolare contenuti universali.

Anche Lendaro, come altri registi, durante il lockdown non ha interrotto la sua vena creativa, realizzando un prodotto figlio dei tempi in cui viviamo che, a differenza della maggior parte dei lavori realizzati in questo doloroso periodo che l’umanità attraversa, è un inno alla vita.

Adolescenza come metafora di una ‘transizione’ dell’umanità

Lendaro scrive e dirige un’opera in cui si astiene dal mostrare al pubblico le piazze e le vie vuote che hanno affollato tante pellicole nel 2020, realizzando un corto di grande poesia, in cui il passaggio all’età adulta di un’adolescente, può ben prestarsi a rappresentare simbolicamente il passaggio forzato che l’umanità vive, con la prospettiva di un domani migliore. Così le incertezze proprie della giovane, divisa tra il futuro che l’attende e i ricordi di gioiosi momenti condivisi con la madre, coinvolgono lo spettatore, che nelle immagini può rivedere se stesso.

Come l’adolescenza è il necessario passaggio dall’infanzia all’età adulta, così il travaglio pandemico potrebbe rappresentare una tappa purtroppo obbligata che traghetti l’umanità in un’età più ‘adulta’, che veda rifiorire una maggiore consapevolezza del nostro posto nel mondo.

La speranza di una nuova vita in comunione con la natura

Ulisse Lendaro ha girato “Uman Oak” in pieno lockdown, arruolando la propria famiglia davanti alla macchina da presa, costituita in vero dal suo telefono cellulare, che riesce a catturare emozioni e sentimenti dei protagonisti. Emozioni che attraversano il racconto per inondare un pubblico toccato nell’intimo. Anna Valle illumina lo schermo col suo sorriso e la sua dolcezza, e la piccola Ginevra si muove con disinvoltura, in una natura che pare riappropriarsi di una centralità spesso usurpatale. In un crescendo poetico pervaso da inquietudine e speranza, la narrazione è un inno alla vita, ad una nuova vita, in armonia con la natura, da lasciare come eredità ai nostri figli.

Il girato è arricchito dalle parole di ‘Ode al vento d’Occidente’, di Percy Bysshe Shelley (marito di Mary Shelley, autrice del romanzo horror ‘Frankenstein’), che hanno ispirato il regista in fase di scrittura. Pubblicata nel 1820, fu scritta nel 1819 nel parco delle Cascine di Firenze, in quello che fu definito ‘l’anno senza estate’.

Il corto è una coproduzione italo-indiana: distribuito e promosso da Cinema4good, ha avuto la sua prima internazionale all’Olympia International Film Festival per essere poi presentato al Silk Road Film Festival (Turchia), trovando all’estero apprezzamento da stampa e pubblico. La Rai ha acquisito i diritti per l’Italia.

Maria Grazia Bosu

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