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Ero in guerra ma non lo sapevo: parla il regista

Il film di Fabio Resinaro, “Ero in guerra ma non lo sapevo”, al cinema in questi giorni, porta sul grande schermo un doloroso fatto di cronaca, l’omicidio di Pierluigi Torregiani.

Ero in guerra ma non lo sapevo: il regista intende raccontare qualcosa che vada oltre la strumentalizzazione politica della vicenda

ero in guerra ma non lo sapevo foto

Il noto episodio di cronaca, l’omicidio dell’orefice Pierluigi Torregiani, è da più di quarant’anni oggetto di dibattito; strumentalizzato indistintamente dalle parti politiche e inserito in una narrazione ormai consolidata nel contrapporsi di due punti di vista antitetici, che, da sempre, hanno il grande limite di rimanere esterni alla vera vicenda umana delle persone che vennero coinvolte.

I fatti stessi, che danno origine al dramma della famiglia Torregiani, furono provocati da un contesto politico e un sistema fortemente polarizzato incapaci di lasciare alcun margine sulle posizioni personali, incastrando i malcapitati di turno in un meccanismo chiaramente calato dall’alto. La griglia ideologica, che ha fornito i presupposti storici perché una personalità di quegli anni, come Pierluigi Torregiani, venisse travolta e usata, suo malgrado, come snodo drammatico di una narrazione politica, è anche lo stesso schema attraverso il quale si è sempre guardato e commentato i fatti di quelle settimane che portarono all’omicidio del gioielliere.

Resinaro vuole guardare oltre e cambia punto di vista: il film racconta l’essere umano

Perché un film su questa vicenda di cronaca potesse puntare ad aggiungere qualche elemento di riflessione ulteriore, era necessario adottare un punto di vista nuovo e totalmente personale. La scelta è stata quindi quella di rimanere incollati all’essere umano, Pierluigi Torregiani; non solo il gioielliere ma anche il padre, il personaggio e l’uomo. Il cinema, in questo senso, ci dà per la prima volta l’occasione di respirare con lo stesso protagonista, avvicinandosi alla sua percezione e alle sue emozioni; per dare uno sguardo al contesto che da sempre ha descritto la vicenda stessa da un nuovo punto di vista, questa volta interno.

Questo non deve sembrare un trucco per non prendere una posizione politica

Un punto di vista così personale e umano potrebbe sembrare una scorciatoia per evitare di schierarsi e fare in modo che la posizione del film rimanga neutrale con il principale obiettivo di non indispettire nessuno. Al contrario, penso che l’approccio che parte da una prospettiva vicina al dramma umano sia la posizione più politica di tutte; proprio perché pone le fondamenta di una critica vera, anche se ipotetica, del contesto che ha sempre cercato di incasellare i fatti per rafforzare l’una o l’altra posizione.

In questa direzione, partendo da un elemento reale, ho deciso di usare la metafora dell’orologiaio. Sono partito dall’immagine del Torregiani che indossando il monocolo da orefice osserva dall’alto i meccanismi della cassa di un orologio, ritenendosi un esperto conoscitore di quegli ingranaggi e perfettamente a suo agio con l’idea che all’interno di quel sistema ogni elemento ha un suo preciso ruolo e il sistema stesso sia qualcosa da preservare.

Fino a quando lo stesso protagonista, abituato dal suo ruolo di conoscitore e riparatore di meccanismi e dalla conseguente narcisistica idea di essere ‘padrone del proprio tempo’, si ritroverà ad essere trasformato egli stesso in nient’altro che un ‘ingranaggio’ di un meccanismo esterno e più grande di lui.

Ero in guerra ma non lo sapevo: la storia di un uomo che vuole vivere la sua ‘libertà’ senza compromessi

E’ anche la storia di una resistenza, di un uomo forse troppo testardo, che non vuole rinunciare alla propria libertà in cambio di una sicurezza che non gli consentirebbe di ‘vivere’ nel senso più importante del termine. Un padre di famiglia costretto ad un lockdown da una narrazione che divide in buoni e cattivi, scollata da quelli che sono i veri drammi degli individui. Torregiani critica questa impostazione; non tanto per scetticismo ma in quanto imposta e ‘calata dall’alto’ sulla sua vita e su quelle dei suoi familiari.

In questo senso, il film, pur raccontando di eventi che risalgono alla fine degli anni settanta, offre elementi di riflessione particolarmente attuali per il periodo storico che stiamo attraversando.

Maria Grazia Bosu

25/0172022

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